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(…) Mentre coltiva prospettive interessanti e piene di opportunità fuori dai confini di Israele, il Mossad rischia di venire coinvolto all’interno in beghe politiche e nella riproposizione di vecchi slogan, agitati dagli integralisti religiosi e dai nostalgici di un passato che si credeva ormai dimenticato.

Il successo di queste tendenze fondamentaliste sarebbe certo auspicabile per gli oltranzisti islamici, che non possono non guardare con preoccupazione al nuovo ruolo politico che Israele potrebbe assumere nell’area nei prossimi anni. Se dovesse un giorno risolversi il “conflitto primigenio”, quello relativo alla esistenza stessa di Israele, la politica estera di Tel Aviv disporrebbe di un efficientissimo servizio di intelligence in grado di sviluppare la propria potenza di fuoco in scenari meno drammatici, al quale affidare specifiche funzioni di soft power. Disponendo delle menti più brillanti del Paese, il Mossad, in un contesto politico interno e internazionale più favorevole, sarebbe certamente in grado di influenzare l’environment regionale, contribuendo a instaurare una rete di relazioni sottili con le stesse masse e popolazioni civili arabe, proponendo modelli alternativi di convivenza civile che rispondono ai sentimenti più profondi della popolazione.

Oltretutto, molto spesso, una volta esaurita la propria attività nel Mossad, una quantità di funzionari con un’esperienza internazionale e un notevole curriculum lavorativo si dimette dal servizio per intraprendere nuove carriere, non solo nell’imprenditoria, ma anche nelle amministrazioni locali, avvalendosi delle qualità professionali che il Mossad ha saputo infondere loro in abbondanza. Si crea così un circuito virtuoso nel quale l’establishment israeliano si arricchisce di professionalità che, pur nel rispetto del nuovo ruolo assunto e senza dilettantistiche confusioni di ruoli, sono perfettamente edotte delle problematiche intelligence e in grado di trasmettere correttamente e realisticamente le esigenze informative di varia natura.

Chi, in qualsiasi parte del mondo, avesse qualche idea brillante per il settore delle tecnologie o nel campo delle scienze umane e fosse alla ricerca di qualche partner interessato a investire nella sua start-up, non ha che da proporre liberamente al Mossad il proprio progetto, compilando una richiesta direttamente dal sito ufficiale del servizio segreto.

(Nella foto: Benjamin Netanyahu, premier israeliano, in mezzo a David Barnea e Yossi Cohen, rispettivamente attuale e precedente direttore del Mossad)

Il Mossad e quel circuito virtuoso degli ex spiegato da Paolo Salvatori

Di Paolo Salvatori

“Col sotterfugio farai la guerra” è un antico motto del Mossad israeliano tratto dal libro dei “Proverbi”. È anche il titolo di una sezione del libro “Intelligence, quo vadis?” di Paolo Salvatori (già alto funzionario dell’Aise) pubblicato da La Lepre Edizioni. Ne pubblichiamo un estratto che tratta del ruolo del servizio alla luce dell’attacco di Hamas perpetrato nel Sud di Israele il 7 ottobre scorso

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