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Il Tribunale del Vaticano ha rinviato a giudizio l’ex presidente del Bambino Gesù Giuseppe Profiti, e l’ex tesoriere della Fondazione dell’ospedale pediatrico, Massimo Spina. I giudici del Papa ipotizzano che i due ex dirigenti abbiano distratto fondi della Fondazione della clinica del Vaticano.

IL COMUNICATO DELLA SALA STAMPA

Tutto ruota intorno alla ristrutturazione dell’appartamento dell’ex segretario di Stato, Tarcisio Bertone, in Palazzo San Carlo, due passi dalla Domus Sanctae Marthae, residenza di Papa Francesco. Per il tribunale vaticano sono stati utilizzati “per fini extraistituzionali” 422 mila euro della Fondazione del Bambin Gesù per ristrutturare quell’immobile di proprietà del Governatorato “per avvantaggiare l’impresa di Gianantonio Bandera”. Il reato sarebbe stato commesso in Vaticano dal novembre 2013 al maggio 2014. La prima udienza è fissata per la mattina del 18 luglio. Il collegio giudicante sarà composto dal presidente Paolo Papanti-Pelletier e dai giudici Venerando Marano e Carlo Bonzano.

INCHIESTA PARTITA DALLE CARTE DI VATILEAKS

L’inchiesta si era aperta poco più di un anno fa, anche grazie alla documentazione raccolta da Cosea. Molti dei documenti della commissione di studio e di indirizzo sull’organizzazione della struttura economico-amministrativa del Vaticano erano filtrati oltre le Mura e pubblicati sui giornali, dando il via alla cosiddetta Vatileaks 2. Stando alla ricostruzione che ne ha fornito Emiliano Fittipaldi autore del  libro Avarizia (Feltrinelli 2015), i lavori di ristrutturazione della nuova casa di Bertone “sono stati fatturati nel 2014 non alla società italiana che ha materialmente effettuato il restauro (La Castelli Re, fallita a luglio del 2015), ma a una holding britannica con sede a Londra, la LG Concractor Ltd. Controllata sempre da Gianantonio Bandera, titolare della Castelli Re”. L’ex segretario di Stato non è mai stato indagato per quella chiacchierata ristrutturazione di un appartamento stimato in 700 metri quadrati dalla stampa, ma la cui reale dimensione è inferiore alla metà, 296 mq. Appartamento di proprietà del Vaticano in cui Bertone ha trasferito il suo archivio personale, frutto di una quarantina di anni di lavoro all’ombra di San Pietro, e dove abita insieme a tre suore che lo assistono.

PROFITI: OPERAZIONE STRATEGICA

Profiti, che ha lasciato il Bambin Gesù nel 2015 dopo sette anni, in una intervista con Vatican Insider aveva difeso la decisione di contribuire al restauro dell’appartamento, definendola “strategica”: “L’appartamento del Segretario di Stato emerito serviva per gli incontri finalizzati a raccogliere fondi” a favore della Fondazione e della ricerca scientifica. A prova ricordava che nel 2013 gli eventi a favore dell’ospedale con la presenza dell’allora Segretario di Stato avevano portato nei mesi successivi “un incremento della raccolta di oltre il 70%”. “Da poco più di 3 milioni l’anno – ricordava – siamo arrivati a più di 5 milioni all’anno”. Stando al manager, l’impresa incaricata della ristrutturazione, poi fallita, “si era impegnata a devolvere in due tranche al Bambin Gesù un importo pari al costo dei lavori eseguiti per l’acquisto di attrezzature mediche”. Soldi mai arrivati.

UNA RISTRUTTURAZIONE PAGATA DUE VOLTE

Nei giorni del 2016, quando si è diffusa la notizia dell’apertura di un’indagine in Vaticano a carico dei due ex dirigenti del Bambin Gesù, era emerso un carteggio tra lo stesso Profiti e Bertone. Ne risulta che l’ex segretario di Stato sapeva che la Fondazione si stava muovendo per aiutare in qualche modo la ristrutturazione dell’appartamento in palazzo San Carlo. Ma il cardinale precisava esplicitamente che assolutamente nulla doveva essere a carico della Fondazione. Che avrebbe quindi potuto solo svolgere una sorta di ruolo di facilitatore per reperire i fondi da parte di benefattori. “Poiché non se ne sono trovati, ho pagato di tasca mia, e salato, con i miei risparmi”, rispondeva il porporato al Corriere della Sera. Bertone salda fatture al Governatorato per 300 mila euro. “Solo dopo – ricorda – sono saltati fuori pagamenti ulteriori”. Quei 422 mila euro contestati dal Tribunale del Vaticano. Bertone in seguito ha poi deciso di fare una donazione volontaria al Bambin Gesù per 150 mila euro per sostenere la ricerca sulle malattie rare. Qualcuno parlò di risarcimento. Lui ha sempre difeso la sua posizione: “È vergognoso. Non ho restituito nulla perché non ho rubato nulla”. Il cardinale mai è entrato nell’indagine del Vaticano, che dovrà fare piena luce sulla vicenda. Di una ristrutturazione che sarebbe stata pagata due volte: da Bertone e dal Bambin Gesù. Raggiungendo la cifra di 700 mila euro: oltre 400 mila nella disponibilità della Fondazione, nata nel 2008 per raccogliere denaro per i piccoli pazienti dell’ospedale pediatrico, e coi 300 mila del cardinale salesiano.

DUE MANAGER DI CASA IN VATICANO

Profiti e Spina hanno alle spalle una frequentazione assidua del Vaticano e delle sue strutture sanitarie. Il primo, attivo in campo sanitario, è dato come molto vicino all’ex segretario di Stato. Con il cardinale avrebbe tentato di salvare il San Raffaele di Milano per dare vita ad un unico grande polo sanitario vaticano. L’operazione saltò, anche perché – riassume Fittipaldi – giudicata impraticabile dal punto di vista finanziario dall’allora presidente dello Ior Gotti Tedeschi. Di casa oltre le Mura è stato anche Spina che ha lavorato allo Ior come presidente del revisore dei conti fino all’ottobre 2014. Oltre che come tesoriere del Bambin Gesù, Spina ha lavorato per la Casa Sollievo della Sofferenza fondata da padre Pio e, insieme a Profiti, è stato nel Cda del San Raffaele.

Giuseppe Profiti e Tarcisio Bertone

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