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Dopo la Consob, Bankitalia. Prosegue il tandem di audizioni sul caso del Monte dei Paschi di Siena, in attesa del 23 novembre, quando in commissione banche prenderà la parola, per la prima volta, l’ad Marco Morelli. Questa mattina è ricomparso il capo della Vigilanza di via Nazionale, Carmelo Barbagallo (nella foto con Pierferdinando Casini) all’indomani della relazione della Consob, che ha certificato una sorta di impotenza della vigilanza. Nella sua esposizione (qui il testo dell’audizione), Barbagallo ne ha avuto un po’ per tutti.

L’ACCUSA ALLA FONDAZIONE

Sotto accusa, come nel caso ieri della Consob, è finita ancora una volta la Fondazione Mps un tempo socio di riferimento del Monte. Nella crisi della banca “un ruolo significativo lo ha avuto la Fondazione, che ha inteso mantenere a lungo, anche quando non ce ne erano più le condizioni, una posizione di dominio o comunque di rilievo, erodendo il proprio patrimonio e indebitandosi”, si legge nella relazione di Barbagallo. Tali politiche sono risultate di difficile perseguimento dopo l’acquisizione di Banca Antonveneta (nel 2007, ndr), per l’onerosità dell’impegno finanziario che ne è conseguito e per il progressivo aggravarsi della crisi economico-finanziaria, prima internazionale, poi domestica”.

IL PESO DEGLI NPL

Altro capitolo, i crediti deteriorati che hanno affossato l’istituto toscano. Qui, dall’audizione di Bankitalia, sono emersi due dati su tutti. Quello relativo ai prestiti concessi e mai rimborsati e quello inerente le perdite generate dagli stessi. Partendo proprio da quest’ultimo, la verità emersa dalle carte di Bankitalia è dura: “Negli ultimi 10 anni” i crediti deteriorati “hanno generato perdite per Mps per oltre 26 miliardi“. Come si è potuto arrivare a tanto? Semplice, ci sono 107 prenditori cui sono stati concessi singolarmente prestiti oltre i 25 milioni di euro. E che ad oggi “rappresentano il 12,7 % del credito deteriorato totale”, si legge. Il tutto ha portato a prestare 160 miliardi di euro solo nel biennio 2009-2010.

IL DOSSIER ANTONVENETA

Ricapitolando, Fondazione negligente e prestiti disinvolti hanno demolito nel tempo la banca più antica del mondo, costringendo lo Stato a intervenire con la ricapitalizzazione. E che dire dell’acquisizione dell‘Antonveneta, che in molti indicano come la madre di tutti i guai del Monte? Anche su questo dossier Via Nazionale ha avuto qualcosa da dire. Per esempio che ai tempi dell’operazione, dieci anni fa, non era prevista alcuna due diligence (sorta di investigazione sull’azienda che si vuole rilevare) da parte di soggetti terzi, ma solo dal Monte stesso. L’operazione di acquisizione di Antonveneta “non era assistita da due diligence indipendente, non richiesta dalla normativa di vigilanza”, ha spiegato Barbagallo. Tradotto, Bankitalia poteva fare ben poco. E comunque, per dirla tutta, ha chiarito il capo della Vigilanza, anche sul prezzo pattuito per rilevare Antonveneta, non spettava a Via Nazionale pronunciarsi.

BATTIBECCHI IN COMMISSIONE

I lavori della commissione proseguono comunque tutt’altro che tranquilli e anche stamattina non sono mancati i battibecchi tra deputati e senatori in merito alla procedura attraverso la quale vengono classificati i documenti presentati in audizione. Alcuni membri hanno sollevato nuovamente perplessità e critiche sul fatto che alcuni documenti che gli auditi citano nelle loro relazioni, siano poi di fatto considerati segretati e quindi consultabili solo in presenza della Guardia di Finanza. A porre il problema sono stati in particolare il senatore Andrea Augello e la presidente di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni. “Dateci questi documenti e fateci lavorare” ha detto Augello affermando che “sono il segreto di Pulcinella perchè già circolati nelle procure e sulla stampa”.

PIU’ POTERI A VIA NAZIONALE

Poi, verso la fine dell’audizione, è arrivata un’ammissione importante da parte della Vigilanza. Sì, a Bankitalia forse servono più poteri. “Secondo me non basta affidarsi alla
perizia e alla capacità dei colleghi per poter capire, anche in via indiziaria, i problemi. Bisognerebbe probabilmente andare oltre” dotando “Bankitalia di altri poteri, magari sotto il controllo della Guardia di finanza”.

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