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Dopo la doppia inchiesta aperta dalla Procura di Genova, che sta muovendo i primi passi, anche la Procura di Siena, per la terza volta, torna a indagare (con due fascicoli al momento a carico di ignoti) sulla misteriosa morte di David Rossi, l’ex capo della comunicazione di Banca Monte dei Paschi, volato giù dalla finestra del suo ufficio a Rocca Salimbeni, il 6 marzo di quattro anni fa. Troppo lungo per arrendersi, secondo i suoi familiari, l’elenco degli interrogativi che riguardano sia la morte del giornalista sia i gravi errori commessi nella fase iniziale delle indagini di cui, tra l’altro, si sta occupando anche il Csm.

Ad aggiungere importanti tasselli, che hanno sollecitato le due procure a tornare a indagare su quanto accaduto quella sera – nel caso di Genova sono stati già invitati a comparire gli allora vertici della Banca e altri testimoni mai ascoltati prima – è stata un’inchiesta de “Le Iene”, curata da Antonino Monteleone che a Formiche.net annuncia che continuerà a lavorare su questo caso perché ci sono “fatti ancora inediti”.

Sei puntate, ascolti record, una storia torbida che rischiava di essere dimenticata e che, invece, è tornata a galla grazie al tuo impegno e a quello di Davide Vecchi, che alla stessa vicenda ha dedicato un libro.

A che punto siamo con la verità?

Più si scava in questa storia e più capisco che alla verità siamo ancora lontanissimi. E mi riferisco al chiarire definitivamente tutti i dubbi. Ci troviamo in mezzo a una situazione paradossale: mancano sufficienti elementi per credere che David Rossi abbia tragicamente deciso di togliersi la vita, ma allo stesso tempo i grandi vuoti investigativi e le anomalie che si riscontrano ad esempio sul corpo di David e nel video dell’unica telecamera di sorveglianza acquisito; generano l’idea che sia stato ammazzato senza che questa possa essere esclusa categoricamente.

Perché hai scelto questa storia per il tuo esordio a “Le Iene”?

È stata una scelta condivisa tra me e l’autore (Marco Occhipinti, ndr). C’erano diverse idee sul tavolo e confesso che, inizialmente, ero un po’ restio perché oltre ad essere già stata lungamente trattata, ero influenzato dalla doppia archiviazione. La mia esperienza giornalistica è condizionata da una fiducia piuttosto profonda per l’operato della magistratura. Quindi mi sono approcciato con molto scetticismo. Ma più leggevamo gli atti dell’inchiesta, guardavamo le foto del corpo del povero Rossi, più ascoltavamo la famiglia, più guardavamo l’inquietante video della caduta più i dubbi aumentavano e abbiamo deciso che al pubblico de “Le Iene” andava raccontato, visto che è un pubblico di giovanissimi molto curiosi, ma lontani dal flusso classico delle notizie sui giornali e in tv. Un esordio con una storia molto complessa e molto dura, con tutto quello spazio a disposizione (il primo servizio durava oltre 36 minuti) dimostra che una scommessa – su di me e su questa vicenda – l’ha fatta l’intero programma. Ha ripagato. Perché l’impatto è stato notevole.

A che punto è la tua inchiesta e in che direzione sta andando?

Intanto dopo sei servizi in onda e oltre 140 minuti di racconto televisivo, si sono aperte due nuove indagini a Genova e altre due a Siena. Se quest’ultime sfoceranno in una concreta riapertura dell’inchiesta sulla morte di Rossi, sarebbe certamente un merito della nostra trasmissione. Nelle prossime settimane continueremo a ricostruire gli scenari e raccontare fatti ancora inediti di cui siamo venuti a conoscenza.

Avete ricevuto pressioni dopo le prime puntate?

Non tutte le persone che abbiamo cercato per un’intervista o che hanno detto molte più cose quando la telecamera non era accesa, hanno gradito. Il tema è delicato. Le implicazioni sono molteplici: posso dire che ho potuto apprezzare le spalle larghe di Mediaset e il grande spazio di libertà riconosciuto al programma.

E da parte del Monte dei Paschi?

Nessuna. Ci tengo anche a dire che in questa storia, se si pensa alla Banca Monte dei Paschi come un secolare istituto che appartiene alla città di Siena e ai senesi dal 1472, l’Istituto è danneggiato da ciò che ha dovuto affrontare per via di manager incapaci. E la Banca è vittima anche delle vicende legate alla morte di David Rossi. È stato un suicidio? Abbiamo già evidenziato che, forse, poteva evitarsi. È stato un omicidio? Beh come si fa a non ritenere l’Istituto una vittima?.

Quando hai deciso di lasciare “Piazza Pulita”, dove eri inviato per Corrado Formigli, qualcuno sui social ha commentato che stavi smettendo di fare il giornalista, si sono ricreduti?

Non riesco più a star dietro a tutti quelli che qualunque cosa tu faccia nella vita, alzano il ditino per indicare cosa avrei dovuto o non avrei dovuto fare. Se accetti un lavoro in Rai ti dicono che forse lo hai avuto perché sei vicino al governo. Se vai a Mediaset: “eh ma allora Berlusconi…”. Ora sono usciti pure gli sciroccati che accusano La7 di essere filo-M5S. Siamo circondati da persone che vivono nella paranoia. A me, la paranoia non piace. Ho sempre fatto le cose che faccio mettendoci il massimo dell’impegno. Se le ho fatte male è stata colpa mia. Ogni volta che mi è stata data un’opportunità ho cercato di non deludere chi me la dava. Sarà sempre così.

Che cosa ho scoperto sulla morte di David Rossi. Parla Monteleone (Le Iene)

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