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Lunedì è stato il (primo) giorno di Jared Kushner. In una rara apparizione vocale davanti alla stampa, dal giardino della Casa Bianca ha raccontato in modo telegrafico della sua deposizione alla Commissione Intelligence del Senato che sta indagando sul Russiagate, l’interferenza russa alle elezioni presidenziali che si sta portando dietro nuove sanzioni americane contro Mosca. Nell’ambito di questa inchiesta, si sa, diverse commissioni congressuali e un team speciale del dipartimento di Giustizia indagano anche le eventuali collusioni tra la Russia (e dunque le sue interferenze) e il comitato politico che ha costruito l’elezione di Trump.

NIENTE DI IMPROPRIO

Kushner s’è discolpato da ogni genere di contatto improprio, dice che ogni sua conversazione (per sua ammissione, quattro quelle avute con le autorità russe, di cui una finora inedita) durante la fase elettorale è stata “proper“, corretta, genuina, e ammette di essere stato incaricato dal presidente – il suocero Donald Trump che gli ha affidato un enorme potere all’interno della Casa Bianca – di curare, ad elezione avvenuta, l’apertura di un canale di dialogo con il Cremlino per avviare contatti con Vladimir Putin. Legittimi contatti tra leader mondiali, e dunque, dice Kushner in parafrasi, come avrei potuto sapere di contatti già esistenti e di un qualche genere di piano, se sono stato incaricato dal presidente per quel ruolo?

LA LINEA DIFENSIVA

La linea difensiva, marcata dall’avvocato personale di Kushner Abbe Lowell è quella di “collaborare volontariamente e fornire al Congresso tutte le informazioni che ha sull’indagine”. L’audizione di lunedì, avvenuta a porte chiuse, è stata anticipata da alcune pagine di deposizione spontanea diffuse a mezzo stampa, dove Kushner ha fornito la sua versione dei fatti, sostanzialmente sintetizzabile in: io non ne so niente, non so nemmeno se altri siano stati coinvolti. La comparsa volontaria davanti alla Commissione s’era resa praticamente necessaria dopo che un incontro organizzato da Don Jr, il figlio maggiore del presidente, con un’avvocatessa e un lobbista russi vicini al Cremlino, era venuto a galla e confermato dallo stesso primogenito presidenziale. In quell’incontro i due messi russi avrebbero dovuto portare in dote informazioni compromettenti sul conto della sfidante democratica Hillary Clinton come offerta di Mosca a supporto di Trump.

DON JR SCARICATO

Kushner, presente insieme all’allora capo della campagna elettorale Paul Manafort al meeting, dice di non aver letto lo scambio di mail tra Don Jr e un faccendiere inglese che si occupò di trovare il contatto – nel thread, pubblicato dallo stesso Don Jr, c’è esplicitamente scritto delle informazioni su Clinton e dell’offerta russa. Dice che dell’incontro non sapeva niente fino all’ultimo e lui non era stato coinvolto nell’organizzazione. Anzi, spiega, arrivò in ritardo – quando già non si parlava più di quell’argomento ma l’avvocatessa faceva lobbying sulle sanzioni contro le adozioni – e a un certo punto, annoiato, chiese a qualcuno di essere chiamato al cellulare per potersi alzare e andarsene. È una posizione difensiva strategica: scarica tutta la responsabilità su Don Jr – e si vedrà cosa dirà Manafort – perché d’altronde è meglio che a essere colpito sia il figlio del presidente, attualmente ceo della Trump Foundation, che Kushner, attualmente uno dei più influenti consiglieri dello Studio Ovale.

 

Stati Uniti kushner

Kushner dice che con la Russia non ha mai avuto contatti impropri

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