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L’Italia non concederà unilateralmente ai migranti presenti sul territorio nazionale i permessi umanitari temporanei con cui poter circolare liberamente per l’area Schengen. Almeno non per ora: prima si cercherà di arrivare a una mediazione con l’Unione europea e di attivare questo meccanismo con il consenso di tutti o di parte degli Stati membri. Solo laddove le trattative, per la verità già complicate, dovessero fallire, si penserebbe a un’azione non concordata. “Ma per adesso non è ancora un’ipotesi sul tavolo: noi puntiamo ad avviare un’operazione condivisa con i nostri partner europei, come ha affermato anche il ministro degli Interni Marco Minniti“, ha commentato con Formiche.net colui che per primo ha ipotizzato questa soluzione. Vale a dire il viceministro degli Esteri Mario Giro.

Viceministro, dunque è d’accordo con Minniti? Nelle ultime 24 ore si era parlato di due diversi orientamenti sul tema dei permessi umanitari temporanei.

Se ne dicono e se ne scrivono tante, ma la verità è che la pensiamo allo stesso modo: il governo sta ragionando su questa possibilità ma per ora solo a condizione che vi sia un’adesione a livello europeo.

Ma come funziona questo meccanismo? Ci sono due strade che il nostro governo potrebbe in teoria seguire?

Vuol dire concedere ai migranti un visto temporaneo che gli consentirebbe di muoversi senza restrizioni nell’area di Schenghen. Le strade, appunto, sono due: una porta a Bruxelles, mentre l’altra – che però per il non abbiamo intenzione di percorrere – è prevista direttamente da una norma di diritto interno.

Partiamo dalla prima. Cosa dovrebbe fare l’Italia in Europa in tal senso?

Stiamo parlando della direttiva numero 55 del 2001, uno strumento già discusso e approvato dall’Unione europea e pensato per far fronte ai momenti di grande emergenza come quello che sta vivendo il nostro Paese. Il provvedimento permette agli Stati membri di agire in deroga al Regolamento di Dublino quando vi sia un afflusso massiccio di sfollati e per promuovere l’equilibrio degli sforzi tra gli Stati membri: con la sua attivazione riteniamo che si riuscirebbe a superare l’attuale situazione di stallo a livello europeo.

In questo senso sarebbe necessario il via libera di Bruxelles giusto?

L’Italia dovrebbe presentare un’istanza formale alla Commissione ai sensi dell’articolo 5 della direttiva affinché la stessa Commissione proponga poi  al Consiglio un piano di protezione temporanea.

Non ritiene, però, che questa procedura possa bloccarsi? Peraltro la direttiva richiede l’adozione di una maggioranza qualificata da parte del Consiglio. 

Per evitare questo problema non escludiamo di poterci muovere anche in modo diverso e di concludere un accordo di cooperazione rafforzata con alcuni soltanto degli Stati membri dell’Unione europea. In questo modo i permessi temporanei varrebbero solo tra chi ha aderito alla cooperazione rafforzata.

Senta ma visto il clima che si respira in Europa pensa davvero che sia possibile giungere a un accordo sul tema migranti?

Sono convinto che i margini ci siano. In Europa, d’altronde, è sempre così: sembra che non cambi mai niente ma poi, improvvisamente, cambia tutto. Noi abbiamo l’obbligo di essere fiduciosi: l’intesa non potrà che avvenire sulla base delle nostre pressioni. E’ questo il metodo da seguire.

E se gli altri Stati continuassero a voltarsi dall’altra parte?

Stiamo esercitando una forte pressione sull’Europa affinché si prenda carico del problema. Occorre la pazienza del duro negoziato, in una pluralità di schemi che procedono parallelamente. Ma mi faccia aggiungere che su questo argomento l’Unione si sta giocando molto, se non tutto: di questo passo non farà che creare ancora più allarme sociale. Dando ragione ai movimenti populisti.

L’eventuale cooperazione rafforzata di cui ha parlato con quali Stati membri contate di realizzarla?

Certamente con la Germania, con cui stiamo lavorando a una pluralità di dossier di cui fa parte pure il tema migranti.

Con la Francia invece?

In questo momento mi pare più difficile che si riesca ad arrivare a un accordo con loro su questa vicenda.

E la possibilità di concedere i permessi temporanei grazie alla legislazione italiana?

E’ prevista dalla legge BossiFini ma sarebbe un gesto unilaterale a cui naturalmente gli altri reagirebbero male. Per adesso non abbiamo intenzione di utilizzare armi unilaterali, però continuiamo a fare pressione con tutti gli strumenti che esistono. E’ bene che tutti sappiano che c’è pure questa possibilità.

Un modo per avvisare l’Europa? Se dovesse andare male il tentativo di mediazione, potreste avvalervi di questa possibilità?

E’ uno strumento che esiste: credo sia giusto farlo presente e ricordarlo. Ciò non vuol dire, però, che lo utilizzeremo. Anzi, sarebbe meglio non doverlo fare: a forza di atti unilaterali, l’Europa rischia di morire. E’ il nostro senso di responsabilità che ci impone di cercare ancora un accordo. Anche perché, peraltro, l’ultima volta non andò benissimo: se ne avvalse il governo di Silvio Berlusconi – quando al Viminale c’era Roberto Maroni – ma ci furono numerosi problemi, soprattutto con la Francia.

Mentre la trattativa continua a rilento e gli altri Stati membri fanno melina, l’emergenza però – anche per via del bel tempo estivo – aumenta sempre di più…

A tal proposito ho una visione meno drammatizzante: l’aumento ovviamente c’è stato, ma ammonta a circa il 10 o 15%. Non di più. Non bisogna allarmare oltremodo la popolazione per evitare di creare un clima di cattiveria nel Paese. Penso che l’Italia possa fare molto per risolvere il problema anche se, ovviamente, non è giusto che faccia tutto da sola.

Sarebbe utile e possibile chiudere i porti italiani come era stato proposto nelle scorse settimane?

Si tratta di una soluzione assai opinabile e del tutto inutile, che fortunatamente non è più all’ordine del giorno. E poi siamo di fronte a un’emergenza umanitaria a cui va data comunque una risposta. Se l’Europa è egoista, non dobbiamo diventarlo pure noi: non dobbiamo cedere sui principi fondamentali.

Intanto il governo ha stoppato, almeno per ora, la legge sullo Ius Soli temperato. Che ne pensa?

E’ un tema totalmente diverso che non riguarda i flussi degli sbarchi bensì, chi è già di fatto italiano. E’ una legge che a mio avviso va approvata perché non fa che recepire dal punto di vista normativo una realtà già esistente. Sono molto dispiaciuto dello stop e anche il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni lo è. Le condizioni per approvarla, però, ancora non c’erano. Speriamo ci siano a settembre.

Confida che a settembre si possa fare oppure teme che a questo punto la questione sia destinata a finire nel dimenticatoio?

Spero che si faccia, ma non ne ho la certezza.

Come giudica il no arrivato da molti esponenti di Alternativa popolare, a partire da quello del ministro per gli Affari regionali Enrico Costa?

Peccato perché quella parte che adesso è critica, il provvedimento lo ha già votato alla Camera.

Un no dettato anche da esigenze politico-elettorali?

Mi pare che Alternativa popolare abbia dei problemi di tenuta del gruppo al Senato. Senza contare la questione della legge elettorale ancora aperta.

mario giro democrazia solidale

Vi spiego la mia idea dei permessi umanitari temporanei per i migranti. Parla il viceministro Giro

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