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Colta, documentata ed elegante. Insomma: è una randellata come di rare se ne erano date. Uno strike a Donald Trump e ai suoi supporter che arriva (in)direttamente dal Vaticano. Cattolici “integralisti” ed evangelici “fondamentalisti” ne escono alla pari, accomunati da una pastorale americana, stonata nel fraintendimento di un God we trust il cui esito Civiltà Cattolica classifica come “ecumenismo dell’odio”.

GLI AUTORI TRA I CONSIGLIERI DI PAPA FRANCESCO

L’articolo, in uscita nella versione cartacea, è stato anticipato giovedì sul sito web del quindicinale più antico d’Italia che ha il visto della segreteria di Stato retta da Pietro Parolin. È a doppia firma: del direttore di Civiltà Cattolica, di casa a Santa Marta, il padre gesuita Antonio Spadaro, e del pastore presbiteriano argentino Marcelo Figueroa. Quest’ultimo è di fatto l’unico compatriota influente che l’ex arcivescovo di Buenos Aires Jorge Mario Bergoglio ha chiamato a Roma, come inedito direttore non cattolico della prima edizione settimanale argentina dell’Osservatore Romano. Per chiarire l’importanza del contributo, la versione quotidiana del giornale della Santa Sede oggi in edicola di quell’articolo pubblica ampi stralci.

TRUMP E BANNON E PARAGONE CON GLI ESTREMISTI ISLAMICI

Dell’articolo a quattro mani esce un ritratto del presbiteriano Trump che sarebbe da alcuni “integralisti” auspicato come novello capo dei crociati. Il suo principale consulente, il cattolico Steve Bannon, è tratteggiato come il portavoce di una “geopolitica apocalittica” le cui radici sono non troppo distanti da quella dell’estremismo islamista. Fascinazione supportata da un elettorato definito di value voters. Fatto di ambienti evangelici e cattolici che convergono per obiettivi comuni. Quali siano li elenca puntuale l’articolo: “L’aborto, il matrimonio tra persone dello stesso sesso, l’educazione religiosa nelle scuole e altre questioni considerate genericamente morali o legate ai valori”. Espressione che sa di congedo dalle istanze dei papati precedenti. Ma non meno dall’agenda (poco narrata ma non meno presente) di Francesco.

GLI USA COME L’IRAN?

C’è spazio anche per un distinguo con chi si batte per la libertà religiosa che, argomentano gli autori, non va “difesa al ritmo della ‘religione in libertà’ percepita come una diretta sfida virtuale alla laicità dello Stato”. E Trump sulla libertà religiosa ha investito. Prendendosi gli applausi dell’episcopato Usa e del Vaticano. Per Spadaro e Figueroa sia gli evangelicali che i cattolici integralisti “promuovono un ecumenismo del conflitto che li unisce nel sogno nostalgico di uno Stato dai tratti teocratici”. Per Civiltà Cattolica certo integralismo e fondamentalismo che ha la pretesa di “influire nella sfera politica, parlamentare, giuridica ed educativa per sottoporre le norme pubbliche alla morale religiosa” scalcia via come impaccio questioni che vanno dai cambiamenti climatici a “migranti e musulmani”, adottando una lettura ideologica della Bibbia. Sarebbe una visione “manichea” basata su una narrazione di Chiesa militante che nulla ha che fare con la Chiesa di Papa Francesco.

“STATI UNITI IN GUERRA SFRUTTANDO LA BIBBIA”

Civiltà Cattolica mette in dotta analisi le radici del fondamentalismo americano. Si intuisce: dalla nazione benedetta da Dio dei Padri pellegrini fino all’America First di Trump. Un excursus di citazioni di pensatori evangelici si intreccia con l’attualità e la storia recente che nutre l’American way of life in una lotta nel tempo, imbracciata contro “gli spiriti modernisti, i diritti degli schiavi neri, i movimenti hippy, il comunismo, i movimenti femministi e via dicendo, fino a giungere, oggi, ai migranti e ai musulmani”. Per sostenere il livello del conflitto – scrive il quindicinale – le loro esegesi bibliche si sono sempre più spinte verso letture decontestualizzate dei testi veterotestamentari sulla conquista e sulla difesa della “terra promessa”, “piuttosto che essere guidate dallo sguardo incisivo e pieno di amore del Gesù dei Vangeli”.

TUTTA COLPA DEI REPUBBLICANI

Il saggio prende in considerazione alcuni dei governi recenti degli Usa fino a Trump, per documentare una presunta compenetrazione tra politica, morale e religione che “ha assunto un linguaggio manicheo che suddivide la realtà tra il Bene assoluto e il Male assoluto”. Non c’è spazio per un cenno ai governi democratici. Nel mirino ci finiscono Reagan, Bush e l’attuale presidente esponente dell’Alt-right. Sono loro i portavoce di una “narrativa del terrore”, “neo-crociati” che si abbeverano a fonti non troppo distanti da quelle dell’immaginario degli jihadisti. Un passaggio: “Non si deve dimenticare che la teopolitica propagandata dall’Isis si fonda sul medesimo culto di un’apocalisse da affrettare quanto prima possibile. E dunque non è un caso che George W. Bush sia stato riconosciuto come un ‘grande crociato’ proprio da Osama bin Laden”. Già si era detto della visione “apocalittica” attribuita a Bannon, chief strategist di Trump.

PAPA FRANCESCO CONDIVIDE?

L’articolo si presenta in società con tutti i connotati per non essere derubricato a opinione dei suoi firmatari. Twitta il columnist del Wall Street Journal, Francis X. Rocca: “Gli autori sono tra i consiglieri più fidati del Papa. È improbabile che possano avere scritto senza la sua approvazione”.

twett

Civiltà Cattolica, come noto, è riveduta in Vaticano prima della stampa. Rappresenta in particolare il punto di vista della Segreteria di Stato, nei cui uffici le bozze vengono approvate. L’attuale direttore, Antonio Spadaro, è padre gesuita vicinissimo a Francesco. Suo intervistatore, non manca a un viaggio apostolico e viene accreditato a uno dei più assidui consiglieri del pontefice regnante. Marcelo Figueroa è un biblista e pastore presbiteriano, e soprattuto è amico di vecchia data di Bergoglio. Da marzo dirige, per desiderio del Papa, la nuova edizione settimanale dell’Osservatore Romano dedicata specificatamente all’Argentina, che ora affianca quella in spagnolo pubblicata da mezzo secolo. Il Papa di Figueroa si fida. Tra l’altro, se l’è portato a Lund per celebrare il giubileo della riforma luterana. Segno che è un uomo chiave del dialogo interreligioso ed ecumenico scandito secondo l’accento di Francesco.

UN ARTICOLO CHE FA DISCUTERE

Il pezzo è tutt’altro che il riempitivo di un sonnacchioso Sommerloch estivo avaro di notizie. Anzi. Il liberal National Catholic Reporter definisce il pezzo “una critica insolitamente acuta verso un Paese specifico da parte di una pubblicazione para-vaticana”. Stessa analisi dal fronte opposto a quello progressista. Il seguitissimo blog ultraconservatore Rorate Caeli scrive di uno sconfinamento senza precedenti e di un record raggiunto “nell’attacco diretto agli Stati Uniti, alla sua attuale amministrazione e ai cattolici conservatori”. “Il pezzo indubbiamente mira alla Casa Bianca di Trump”, è il giudizio del The Guardian. L’autorevole portale americano di informazione religiosa, Crux – inclassificabile nelle categorie progressista e conservatore (e dichiaratamente finanziato dagli influenti Cavalieri di Colombo) –, non può fare a meno di registrare che l’articolo è solo “l’ultimo capitolo del tempestoso rapporto fra Francesco e Trump”.

VATICANO E CASA BIANCA, TORNA LO SCONTRO?

Tra Roma bergogliana e Washington trumpiana è stato rapporto turbolento fin dall’inizio. In piena campagna elettorale Francesco definì chi pensa a fare muri (riferimento all’ampliamento della barriera col Messico promessa da Trump) come non cristiano. The Donald replicò, accusando il Papa di essere incapace di comprendere i problemi degli americani. A presidente eletto, il giudizio di Bergoglio si è fatto più prudente. Il 24 maggio l’incontro in Vaticano tra i due leader. Più cordiale di quanto tanti osservatori hanno preteso alla vigilia o a dispetto dei risultati, con grande valorizzazione della Santa Sede proprio dell’impegno sulla libertà religiosa e la difesa della vita messa in campo dal presidente Usa. Nuove nubi sono comparse per il passo indietro di Trump dagli accordi sul clima di Parigi. Marcelo Sánchez Sorondo, numero uno della Pontificia accademia delle scienze che ai tempi delle primarie Usa era riuscito a fare incontrare Francesco con il candidato socialista Bernie Sanders, lo ha definito “uno schiaffo in faccia”. Eppure nei giorni scorsi un inedito asse Bergoglio-Trump si era ricomposto. Con l’appoggio dichiarato del presidente Usa all’intervento di Francesco sulla vicenda del piccolo Charlie Gard che, tra l’altro, ha scompaginato la posizione di molti uomini del Papa.

INTANTO THE DONALD SI FA BENEDIRE

Per singolare coincidenza non cercata (l’articolo era ovviamente già pronto), il pezzo di Civiltà Cattolica è uscito due giorni dopo che i leader evangelici hanno incontrato Trump alla Casa Bianca. Nello Studio Ovale si è pregato: mani sul presidente Usa per invocare l’assistenza del Cielo. Girano immagini di quel meeting a cui l’ufficio stampa del presidente non aveva dato peso. Una foto è stata diffusa per primo da Johnnie Moore, ex vice presidente senior della Liberty University, università evangelica della Virginia. Che ci facevano gli evangelici nella West Wing? Titillamenti sul tiepido presbiteriano della domenica Trump che non ha mai parlato con convinzione della sua fede religiosa ma ne difende lo spazio pubblico? Poco importa. Annota Cnn: “Gli evangelici, come Moore, credono profondamente nella preghiera per il presidente”. Difatti Moore ha ricordato che a suo tempo si pregò pure per Barack Obama. Si è però affrettato a precisare: “In questo caso è stato diverso. Pregare per Trump è pregare in un rapporto di vera amicizia”. Un rapporto che a Civiltà Cattolica pare un po’ troppo stretto. Specie se trova sponda nella complicità di quello che definisce “integralismo cattolico”.

Trump evangelici

 

L’ARTICOLO INTEGRALE DI CIVILTÀ CATTOLICA

 

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