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Torna a navigare a gonfie vele il bilancio della banca del Papa. Nel 2016 lo Ior ha più che raddoppiato i profitti rispetto all’anno precedente: utili per 36 milioni di euro rispetto ai 16,1 del 2015. Al 31 dicembre, il patrimonio dell’istituto al netto della distribuzione degli utili era pari a 636,6 milioni di euro (leggermente in calo rispetto ai 654 dell’esercizio precedente).

GLI UTILI IN PASSATO

È il quinto anno che l’Istituto per le opere di religione pubblica il bilancio all’interno del suo rapporto annuale. La banca presieduta da Jean-Baptiste de Franssu (in foto) e diretta da Gianfranco Mammì, nel 2016 ha servito quasi 15 mila clienti (14.960) tra istituzioni ecclesiastiche, ordini religiosi, diocesi, dipendenti (ed ex) del Vaticano, diplomatici accreditati presso la Santa Sede. “Gran parte dei nostri clienti – si legge nel rapporto – partecipa attivamente nella missione della Chiesa Cattolica o presta opera di carità presso istituzioni come scuole, ospedali o campi profughi”. Così gli utili nel tempo 2011: 20,3 milioni di euro; 2012: 86,6 milioni; 2013: 2,9 milioni; 2014: 69,3 milioni; 2015: 16,1 milioni; 2016: 36 milioni. Il bilancio 2016 è stato pubblicato nel tardo pomeriggio di lunedì 12 giugno già approvato in aprile dal cda laico e sottoposto alla Commissione cardinalizia presieduta dal cardinale Santos Abril y Castelló: è stata decisa la distribuzione integrale degli utili realizzati alla Santa Sede. Il bilancio è stato sottoposto a revisione contabile dalla società di revisione indipendente Deloitte & Touche.

LA RIFORMA CONSENTE MENO SPESE

Nel 2016 la banca vaticana ha gestito risorse per 5,7 miliardi di euro. L’istituto ha continuato a ridurre le spese operative passando da 23,4 milioni del 2015 a 19,1 milioni del 2016, “grazie alla razionalizzazione dei contratti di servizio con terzi”. Accenno alle spese straordinarie affrontate negli anni passati (esempio qui) per il processo di riforma e riorganizzazione della banca.

TRAVAGLI E VIE DI USCITA IN 75 ANNI DI STORIA

I risultati – analizza il vaticanista del britannico The Tablet, Christoper Lamb – saranno visti come una spinta per le riforme finanziarie volute da Papa Francesco e affidate al cardinale australiano George Pell. Nella sua breve storia – lo Ior è stato fondato nel 1942 – la banca vaticana è stata più volte attraversata da scandali. Dal crac del Banco Ambrosiano con gli epiloghi drammatici della morte di Michele Sindona e di Roberto Calvi, trovato impiccato sotto il ponte dei Frati Neri a Londra, fino alle recenti inchieste giudiziarie che hanno coinvolto l’ex direttore dell’istituto e il suo braccio destro, Paolo Cipriani e Massimo Tulli, poi assolti dalla procura di Roma. Un anno fa il cardinal Pell ha svelato ufficialmente la cifra versata dalla Santa Sede come “contributo volontario” ai creditori per il crac dell’Ambrosiano negli anni Ottanta: 406 milioni di dollari (qui l’articolo di Pell sulla rivista dell’Università Urbaniana Ius Missionale, qui l’analisi del vaticanista Francesco Peloso). Le accuse più recenti dipingevano un istituto impantanato tra riciclaggio e non rispetto degli standard finanziari internazionali. Dal Torrione Niccolò V – sede della banca – da tempo si lavora per invertire la rotta. Dalla legge antiriciclaggio voluta da Ettore Gotti Tedeschi ai tempi di Benedetto XVI, fino alla chiusura di 4.935 conti sospetti, incongruenti rispetto alla missione dell’istituto, compiuta tra giugno 2013 e dicembre 2015. La crisi aveva raggiunto l’acme nel gennaio 2013, con il blocco imposto da Bankitalia di tutti i pagamenti elettronici in Vaticano.

SCADENZA CON MONEYVAL

Fra gli ultimi obiettivi raggiunti c’è l’inserimento della Santa Sede nella white list fiscale della Repubblica Italiana del 23 marzo. L’authority di vigilanza vaticana, Aif, ha siglato nel 2016 altri protocolli di intesa con le autorità di Brasile e Polonia. Ad oggi sono 32 i protocolli di intesa sottoscritti dal 2011. L’opera di trasparenza sui conti di Pietro ha in agenda una scadenza importante, fissata a fine anno. Entro dicembre l’Autorità di informazione finanziaria del Vaticano deve rispondere a Moneyval. Due anni fa l’organo anti riciclaggio del Consiglio d’Europa aveva dato un giudizio positivo sulle nuove norme in vigore Oltretevere, ma aveva raccomandato di applicarle in sede giudiziaria per ottenere risultati concreti.

SPULCIANDO I CONTI DEI CARDINALI

Il bilancio offre anche una fotografia puntuale sulle remunerazione dei dirigenti e sui loro conti presso l’istituto. In dettaglio sono stati erogati al Consiglio di sovrintendenza (il cda laico) 264,5 mila euro. Alla direzione: 299,3 mila euro; ai revisori: 83,2 mila euro. Il saldo dei depositi dei sei membri della Commissione cardinalizia è pari a 3,4 milioni di euro. I dirigenti con responsabilità strategiche e i revisori sono titolari di depositi per 610 mila euro.

TESORETTO PER LA CARITÀ

A parte gli utili per la Santa Sede, lo Ior gestisce due fondi di carità: il Fondo opere missionarie a favore di congregazioni che svolgono opere missionarie e il Fondo sante messe per sacerdoti in difficoltà. Altre disponibilità per opere di beneficienza sono riconducibili alla Commissione cardinalizia. Nel dettaglio: il Fondo missionario con in pancia 239 mila euro ha elargito contributi per 169 mila. Il Fondo sante messe registrava il 1 gennaio 2016 un saldo di 3,064 milioni ma ha scelto di girare ai sacerdoti solo 83 mila euro, l’esatto importo costituito dalle donazioni ricevute.

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