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Sarà interessante vedere che tipo di accordo proporrà ora il governo di Berlino ai grandi gruppi energetici operanti in Germania. Perché senza accordo le casse dello stato rischiano di dover sborsare la cifra non indifferente di quasi 6,3 miliardi di euro. Tanto ha incassato infatti il ministero delle Finanze dal 2011 al 2016, quale tassa sugli elementi di combustione utilizzati nei reattori nucleari.

Il fatto è che questa tassa “attraverso la quale il ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble ha risanato i conti pubblici, è anticostituzionale. Ora al governo viene presentato il conto, che dovrà pagare il contribuente” scrive il quotidiano economico Handelsblatt.

A dichiararne l’anticostituzionale è stata una sentenza della Corte costituzionale tedesca resa nota mercoledì. Secondo la stessa infatti “il governo ha facoltà di decidere imposte solo all’interno di quanto stabilito dalla costituzione, mentre non ha facoltà di inventare nuove imposte. E visto che l’imposta sugli elementi di combustione nucleare non rientra nella classe di imposte sui consumi, presupposto questo sine qua non, come recita l’articolo 106 della Carta costituzionale, al legislatore federale non è riconosciuta la facoltà normativa per stabilire una simile imposta”.

Ma come si era arrivati a questa imposta? I fatti sono i seguenti. Nel luglio del 2001, il governo rosso verde guidato dal socialdemocratico Gerhard Schröder aveva siglato un accordo con Eon, RWE, EnBW e altri gruppi la dismissione totale del nucleare entro il 2022. Quando nel 2009 ad Angela Merkel riesce di formare una coalizione con i liberali dell’Fdp, l’accordo Schröder viene annullato. Ai grandi gruppi si concede una deroga fino a naturale esaurimento delle centrali, a patto che queste accettino l’imposta sugli elementi di combustione – pari a 145 euro per grammo – oltre al versamento di complessivi 23 miliardi di euro come contributo alle spese di smaltimento delle scorie radioattive

L’accordo raggiunto a fine 2010 era entrato in vigore il 1. gennaio del 2011. Poco più di due mesi dopo, l’11 marzo, in seguito a un terremoto e un maremoto, si verificano gli incidenti in quattro dei sei reattori nucleari di Fukushima.

Un disastro, quello giapponese, che spinge la Kanzlerin per la prima volta a prendere una decisione, verrebbe da dire “di pancia”, tanto è veloce. Nemmeno 48 ore dopo i fatti la Kanzlerin annuncia il dietrofront riguardo a quanto deciso solo pochi mesi prima sul nucleare, oltre a imporre ai gestori . una moratoria di alcuni mesi su tutte le centrali e di spegnere immediatamente i reattori più obsoleti.

Merkel è sinceramente colpita oltre che preoccupata da quanto accaduto in Giappone. Lo è anche perché il primo ministero aveva guidato sotto il governo dell’ex mentore Helmut Kohl, era stato quello dell’Ambiente. Inoltre è consapevole dell’avversione della maggioranza dei tedeschi per il nucleare. Infine, non si può escludere che, in quanto ex fisica, dunque abituata a valutare tutti i pro e i contro, non abbia capito immediatamente l’occasione che quel disastro le stava fornendo: cioè un’accelerazione dello sviluppo di energie alternative, che poteva permettere alla Germania di primeggiare in un futuro prossimo anche in questo settore.

Un dettaglio le era però sfuggito. E cioè, come sentenziato dai giudici della Corte costituzionale, che quella tassa sugli elementi combustibili non era nelle facoltà del governo emanarla. Certo, è probabile che senza il disastro di Fukushima, la sua inversione sulle centrali nucleari, nulla sarebbe successo, perché nonostante l’obolo i grandi gruppi avrebbero guadagnato abbastanza.

Così però non è stato. Il primo ad annunciare ricorso è stato il colosso energetico E.on, al quale sarebbero seguiti quelli di RWE e EnBW. Un tira e molla giudiziario che produce sentenze opposte. Mentre il tribunale finanziario di Amburgo da subito mette in dubbio il potere del governo di emanare una tassa simile, la Corte di giustizia europea non ha invece nulla da eccepire al riguardo.

Già, ma che ricadute avrà ora la sentenza di Karlsruhe (città dove ha sede la Corte costituzionale)? Il sito tagesschau titolava: “Un ottimo affare per i gestori degli impianti nucleari” visto che al rimborso dei 6,3 miliardi di euro, si sommeranno anche gli interessi, dunque complessivamente dovranno essere risarciti 7 miliardi di euro. Cem Özdemir, uno dei due capi dei Verdi ha colto la palla al balzo per sottolineare quanto erratica sia stata la politica energetica di Merkel.

Mentre sul sito del quotidiano Stuttgarter Zeitung in un commento si leggeva che il punto della questione non è solo il risarcimento previsto ora da parte dello stato. “Il punto vero è – o meglio – i punti veri sono altri. Primo, che il risarcimento avverrà usando ovviamente i soldi dei contribuenti. Secondo che i 23 miliardi di euro versati dalle imprese nel fondo scorie non coprono certo i costi di smaltimento delle stesse. Inoltre c’è ancora da chiarire chi pagherà invece le spese di dismissione degli impianti nucleare. E la risposta pare ovvia: anche in questo caso il contribuente, mentre le compagnie continueranno a guadagnare lautamente finché i reattori non saranno tutti definitivamente chiusi. Guadagni che fino a non molto tempo fa si aggiravano un milione, al giorno ben inteso”.

Germania, merkel, crisi, Nord Stream, Germania

Tutte le fibrillazioni nucleari in Germania fra Corte Costituzionale e Merkel

Sarà interessante vedere che tipo di accordo proporrà ora il governo di Berlino ai grandi gruppi energetici operanti in Germania. Perché senza accordo le casse dello stato rischiano di dover sborsare la cifra non indifferente di quasi 6,3 miliardi di euro. Tanto ha incassato infatti il ministero delle Finanze dal 2011 al 2016, quale tassa sugli elementi di combustione utilizzati…

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