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Il sogno, forse, è finito prima di cominciare. Detronizzare il dollaro, fare dello yuan il nuovo biglietto verde. No, non succederà, perché tra Russia e Cina le cose non sono mai come sembrano. Oltre alle strette di mano, ai sorrisi d’ordinanza, ai tappeti rossi, alle salve di fucile, sotto sotto rimane un grande freddo. Per esempio, Mosca non sta più comprando yuan dalla Cina. Ma non perché alla Russia non serva più la moneta cinese, bensì per il semplice fatto che sono le stesse banche del Dragone ad aver stretto i cordoni nella borsa.

Il motivo è sempre quello, la paura di finire invischiati nelle sanzioni scatenate dagli Stati Uniti contro tutti quei Paesi che aiutano sottobanco il Cremlino nella sua guerra contro l’Ucraina. “I Paesi che continuano a fare affari con la Russia”, ha scritto Bloomberg, “affrontano una crescente pressione degli Stati Uniti, in particolare attraverso la minaccia di sanzioni secondarie. Questo si è rivelato un freno efficace per un ulteriore utilizzo dello yuan nel paese in quanto soffoca il commercio e i pagamenti bilaterali”.

Per questo, “Mosca potrebbe essere più desiderosa di adottare lo yuan, più di quanto le banche cinesi siano disposte a farlo”, ha detto Alex Isakov, economista russo di Bloomberg Economics. “Le minacce di sanzioni secondarie degli Stati Uniti spaventano le banche. Il mercato sta indicando una carenza di yuan in Russia, così come un’avversione per fornire liquidità tra le banche cinesi”. Tradotto, a Mosca la moneta servirebbe anche, ma è la Cina a negarla.

Sembra quasi, e forse è proprio così, che le stesse banche cinesi abbiano in qualche modo sgambettato i piani di Pechino per la creazione di un asse monetario con la Russia. E pensare che in due anni, la Russia ha superato la Germania, l’Australia e il Vietnam in termini di volume degli scambi commerciali con la Cina, aumentati di oltre il 60% a 240 miliardi di dollari nel 2023.  Di conseguenza, la Cina è diventata il principale partner commerciale della Russia e lo yuan rappresenta ora circa il 40% dei pagamenti delle esportazioni e delle importazioni della Russia e più della metà del fatturato sul mercato della valuta estera della Russia.

Insomma, Cina e Russia sembrano sempre più una coppia che si fa i dispetti. E l’ultimo caso lo dimostra. Come anche quello che ha visto la divisione russa della Bank of China sospendere le operazioni con gli istituti di credito dell’ex Urss sanzionati dagli Stati Uniti per evitare di essere colpita a sua volta da sanzioni secondarie. Per la Russia di Vladimir Putin si tratta di un duro colpo dal momento che la branch in questione, specializzata nei pagamenti in yuan tra Russia e Cina, è la seconda più grande filiale bancaria cinese nel Paese con 592,4 miliardi di rubli (6,7 miliardi di dollari) di asset alla primavera del 2024.

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