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Il 31 agosto gli aerei americani della Coalizione che combatte lo Stato islamico in Siria e Iraq hanno bombardato la strada davanti a un convoglio di veicoli all’interno dei quali si trovavano uomini dello Stato islamico. I baghdadisti siriani, con appresso le proprie famiglie, erano stati autorizzati a fuggire dalla striscia di territorio che occupavano al confine col Libano perché i governativi di Bashar el Assad insieme con i paramilitari di Hezbollah e in coordinamento con l’Iran – e con l’implicita autorizzazione della Russia – avevano lanciato su quelle aree un’offensiva per liberarle dall’occupazione califfale. Per giorni gli Stati Uniti hanno attivato un monitoraggio continuo perché volevano evitare che il convoglio a cui Assad aveva autorizzato la fuga accedesse ad altre aree califfali in Iraq – mentre l’accordo con il regime siriano prevedeva che i baghdadisti affluissero a Deir Ezzor. (Gli Stati Uniti ci tengono all’Iraq perché lì la lotta all’IS è una loro esclusiva).

Deir Ezzor è una città che si trova nella Siria centro-orientale, è ricca di giacimenti, è inserita all’interno del deserto, ed è stata oggetto la scorsa settimana di un’altra offensiva dei governativi, coordinati in questo caso direttamente dalla Russia. (Nota: le doppie campagne contro il Califfo di queste ultime settimane sono di per sé una notizia dotata di unicità, perché finora i governativi siriani, con i russi e gli iraniani, si sono concentrati sui ribelli non-IS che hanno fatto la guerra al regime, ma questi sono stati ormai schiacciati e dunque il target può essere ampliato). Venerdì 8 settembre quella sorveglianza continua americana è stata interrotta su richiesta diretta del comando siriano delle forze armate russe. Washington ha accettato la richiesta – arrivata sul canale di comunicazione military-to-military che le due potenze hanno istaurato per evitare sovrapposizioni sulle missioni in Siria – perché riteneva credibile la proposta russa che diceva più o meno: ce ne occupiamo noi, che stiamo conducendo le operazioni a Deir Ezzor, li portiamo qui e vedrete che Assad li metterà in trappola.

Però di 11 autobus del convoglio rimasti intrappolati nel deserto – sei erano rientrati in zone sotto il controllo governativo nei pressi di Palmyra, perché avevano trovato la rotta tagliata dalle bombe americane – non se ne sa granché. I governativi si sono concentrati sull’offensiva a Deir Ezzor, che ha avuto risultati positivi, ma quei 300 combattenti sono stati oltrepassati e ignorati, dice il portavoce americano della Coalizione internazionale. “Il governo siriano (sottinteso: e la Russia, ndr) è responsabile di questa situazione”, dice il colonnello Ryan Dillon, anche se il convoglio è di fatto intrappolato in mezzo a zone controllate dai lealisti. La polemica è aspra: perché, dicono gli americani, mentre noi mettiamo in campo sforzi enormi per combattere i soldati dell’IS, voi (governativi, e russi), pur di riprendere parti di territori che interessano una vostra agenda a sé stante, li lasciate evacuare e fuggire impuniti? C’è anche uno scontro sui media. Giovedì 7 settembre, il sito di propaganda russa Sputnik, ha raccontato, attraverso fonti improbabili, che gli americani avevano evacuato una ventina di comandanti dello Stato islamico da Deir Ezzor. E forse questa operazione di disinformatia è anche un modo per bilanciare l’imbarazzo del convoglio e dire qualcosa tipo: vedete, anche gli altri fanno questo genere di accordi.

Il convoglio baghadista che esce dal Libano, e i comandanti dell'IS evacuati dagli USA

Il 31 agosto gli aerei americani della Coalizione che combatte lo Stato islamico in Siria e Iraq hanno bombardato la strada davanti a un convoglio di veicoli all'interno dei quali si trovavano uomini dello Stato islamico. I baghdadisti siriani, con appresso le proprie famiglie, erano stati autorizzati a fuggire dalla striscia di territorio che occupavano al confine col Libano perché…

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