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Tanto cincischiò che si decise: Donald Trump chiederà udienza a Papa Francesco. Ecco come nel giro di ventiquattro ore il presidente Usa cerca di sistemarsi il maquillage dopo due anni di scaramucce col Papa argentino.
Retroscenismi, rumors e, soprattuto, agenda alla mano, negli ultimi giorni non si poteva che dare per definitivamente tramontata l’ipotesi di un incontro a fine maggio, quando Trump sarà in Italia per il G7. A un atterraggio romano dell’Air Force One credevano ormai in pochi. Qualcuno gongolando, qualcuno disperando: sarebbe stato il primo presidente Usa a volare in Italia evitando il Papa. Pareva tutto rinviato. Tanto che persino il portavoce presidenziale è rimasto spiazzato dall’impegno improvviso preso dal suo capo. Del quale non era informato. E ieri sera intorno alle 22 (ora di Roma) la conferma è arrivata direttamente dalla voce del miliardario newyorchese nella conferenza stampa alla Casa Bianca a conclusione del meeting col premier italiano Paolo Gentiloni.

IMPEGNI CHE IMPEGNANO

Alla doppia domanda dell’invitata Giovanna Pancheri di SkyTg24 sul ruolo dell’Europa e sul possibile incontro con Bergoglio, Trump ha risposto pressappoco così: sostengo un’Europa forte e sono molto ansioso di incontrare il Papa. Casa Bianca locuta, causa finita. Dal Vaticano una sua richiesta di incontro la attendono dal novembre scorso, quando The Donald ha vinto le elezioni. Ad oggi nessun canale diplomatico ufficiale si è aperto secondo i protocolli che Oltretevere si rispettano al dettaglio.

L’IMBARAZZO DEL PORTAVOCE DI TRUMP

Prima della sortita apertis verbis di Trump in persona, era stato mercoledì un momento tra l’imbarazzato e subito un malcelato entusiasmo nella sala stampa della Casa Bianca ad aprire il sipario. Nei giorni scorsi il Financial Times aveva scritto che le strade di Trump non lo avrebbero portato a Roma. Previsione credibile. Dai corridoi della West Wing, da dove anche l’informazione è trapelata, devono avere sudato freddo: per il presbiteriano Trump a novembre ha votato il 52% dei cattolici. Lo scenario interno e internazionale ha bisogno di appigli condivisi tra Roma e Washington. Mercoledì il banco si è rovesciato. Nel briefing delle 12 con i giornalisti accreditati alla Casa Bianca, è stato chiesto al portavoce Sean Spicer (uno dei cattolici dell’inner circle trumpiano) di confermare o smentire se la squadra presidenziale avesse o meno chiesto appuntamento in Vaticano. Un incontro da inserire in occasione dell’imminente viaggio in Europa: 25 maggio a Bruxelles per il summit Nato e 26 e 27 a Taormina per il G7. Spicer ha subito messo le mani avanti: “Se avremo aggiornamenti lo faremo sapere”. Non sapeva che dire. Anche perché l’agenda è fitta: il 29 Trump dovrà già essere a Washington per il Memorial Day. Resta solo il 28. Ed è domenica. Inconsueto giorno per una udienza papale di Stato. Pochi istanti dopo quelle laconiche parole un membro dello staff si è affrettato a entrare nella sala stampa e ha allungato un foglio. Il portavoce di Trump ha letto – soddisfatto – una dichiarazione più positiva: “Contatteremo il Vaticano nel tentativo di organizzare un’udienza con il Papa in occasione del viaggio del presidente in Italia. Saremmo onorati di avere un incontro con il Santo Padre”. La conferma che la velina era bene approfondita e orientata direttamente dallo Studio Ovale, è arrivata ieri sera da Trump in persona.

QUELLA RISPOSTA CHE IL VATICANO ATTENDEVA

Interpellato dall’Ansa subito dopo l’annuncio di Washington, il sostituto della Segreteria di Stato Vaticana, monsignor Angelo Becciu, mercoledì pomeriggio ha chiarito che “Papa Francesco è sempre disponibile ad accogliere i capi di Stato che gli fanno domanda di udienza”. È un disco verde che la Santa Sede attendeva di illuminare. L’imprevedibilità di Trump è proverbiale. Anche se una dichiarazione così ufficiale riguardo un incontro col Papa mai era stata fatta. Tanto che ieri l’ha confermata The Donald in persona. È una richiesta che Oltretevere aspettavano.
Già subito dopo le elezioni presidenziali dallo staff di Trump era partita una telefonata interlocutoria alla nunziatura della Santa Sede negli Stati Uniti. Si voleva sapere se, qualora l’inquilino della Casa Bianca avesse chiamato il Pontefice, Francesco gli avrebbe risposto. Si replicò che naturalmente non ci sarebbero state difficoltà. Allora il telefono rimase muto. Né è partita una richiesta di udienza, come confermato anche poco prima di Pasqua dal portavoce della Santa Sede, Greg Burke.

AMBASCIATORE VA CERCANDO

In attesa di formalizzare la richiesta di appuntamento (e al netto di colpi di scena), per Trump resta anche da sciogliere il nodo del nuovo ambasciatore presso la Santa Sede. Come non c’è ancora una domanda ufficiale per l’udienza col Papa, così non c’è stata alcuna richiesta di gradimento per quella carica. Una nomina che tarda ad arrivare ma che non è da intendere come uno sgarbo presidenziale. Come riporta il portale Crux, l’American Foreign Service Association riferisce che attualmente gli Usa hanno ancora 57 rappresentanze diplomatiche sguarnite di ambasciatore. Può essere che l’annuncio di mercoledì e la conferma del giorno dopo siano un segnale che Trump ha risolto il risiko sulla nomina? Di fatto una mancata soluzione non comprometterebbe l’imminenza dell’udienza con FrancescoNel luglio 2009, in una occasione analoga – quello che allora era il G8 e che si tenne a L’Aquila – Barack Obama incontrò Benedetto XVI. Sette mesi dopo il giuramento per il suo primo mandato presidenziale. Nel seguito non c’era l’ambasciatore, indicato da Obama ma la cui nomina non era ancora stata ratificata dal Congresso.

DIVISIONI DA SANARE

Jorge Mario Bergoglio non è Gregorio VII e certamente Donald Trump non è Enrico IV. Canossa non è poi così vicina a Roma, e Francesco non imporrà tre giorni di penitenza al presidente americano davanti l’arco delle Campane prima di riceverlo. Ma i punti di differenza tra i due sono notori e notevoli. Hanno posizioni diametralmente opposte in materia di immigrazione, rifugiati, cambiamenti climatici e capitalismo. Quando, di ritorno dal Messico, Francesco definì “non cristiano” chi pensa a costruire muri – e si era in piena campagna presidenziale e il muro era quello annunciato dal miliardario – Trump replicò che era “vergognoso per un leader religioso mettere in discussione la fede altrui”. A presidente eletto Francesco ha usato parole concilianti. In una intervista a El Pais ha detto: “Vedremo ciò che farà e poi si valuta”. Dalla Casa Bianca, il 13 marzo, in occasione del quarto anniversario dell’elezione di Bergoglio, il segretario di Stato, Rex W. Tillerson, ha inviato un messaggio incentrato a valorizzare la collaborazione tra Stati Uniti e Santa Sede, anche “per promuovere la pace, la libertà e la dignità umana nel mondo”. Nel frattempo sono arrivate le bombe americane sulla Siria. Oggi la Casa Bianca si dice onorata di incontrare il Papa.

venezuela, Papa

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