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Dopo che il Texas e gli Stati confinanti sono finiti sotto la furia di Harvey la scorsa settimana, un altro uragano “potenzialmente catastrofico” (definizione del National Hurricane Center) sta arrivando stavolta sulla costa atlantica americana: Irma sale da sud-est verso nord-ovest e per domenica è previsto il suo passaggio sulla Florida. È un categoria 5, la più alta, e per questo le operazioni di prevenzione sono serrate. Diversi abitanti delle zone che saranno più colpite sono stati giù evacuati, le strade di varie città della Florida sono piene di sacchi per la protezione dalle alluvioni previste a seguito delle intense piogge che arriveranno, i sistemi di soccorso in massima allerta. Si tratta del più forte uragano mai registrato sull’Atlantico.

L’EMERGENZA E L’APPROVAL

Il presidente americano Donald Trump ha già firmato i provvedimenti per lo stato di emergenza su Florida, Puerto Rico e Isole Vergini. Per il momento la Casa Bianca dalla risposta alle devastazioni di Harvey ha avuto un buon ritorno in termini di consenso (il modo cinico/tecnico con cui se ne parla non ignora il lato umano di quelle devastazioni). Secondo l’approval di Gallup c’è stata un rialzo negli ultimi giorni (in generale siamo sempre a minimi di carattere storico), e forse si può collegare anche alla macchina dell’emergenza che ha funzionato bene in Texas – frutto di un buon coordinamento tra governo federale e amministrazione locale, molto marcato dal governatore repubblicano che ha portato vento alle vele trumpiane. Ora ci sarà il post, che è il vero aspetto complicato, perché i danni provocati sono enormi e andranno a incocciare il tetto del budget da votare entro settembre.

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GLI URAGANI LIBERAL

Ma mentre il presidente è impegnato a gestire l’emergenza e a farsi vedere come un vero commander-in-chief in questa circostanza disgraziata, c’è chi vorrebbe sminuire la situazione. Per esempio, mentre molti media si preparano a complicate dirette per dare aggiornamenti continui sulla situazione – il Miami Herald ha momentaneamente tolto il paywall ai suoi articoli –, Rush Limbaugh è tornato su una sua vecchia visione. L’ultra conservatore radio-star da centinaia di migliaia di fan ha sostenuto (come fece lo scorso anno con l’uragano Matthew) che c’è una grossa cospirazione per ingigantire gli effetti di questi fenomeni naturali e spingere l’agenda del climate change: “Tutto quello che serve è creare la paura e il panico accompagnati dal discorso che il cambiamento climatico sta causando gli uragani e che li fa diventare più frequenti e più grandi e pericolosi, e si crea il panico e la sua missione è compiuta, l’agenda è avanzata”, ha detto riportando come esempio proprio Harvey.

LA COSPIRAZIONE NELLA COSPIRAZIONE

Limbaugh dice che in questo caso anche la stampa sta giocando un ruolo centrale, e lo ha fatto per aumentare i consumi locali, dicendo di fare scorte di viveri per prepararsi a questi giorni di tempesta: “C’è una relazione simbiotica tra i rivenditori e la stampa locale, e chi li lega è il denaro” ha detto martedì parlando di Palm Beach, dove lui vive e lavora.

IL DURO LAVORO DI TRUMP

È complicato per Trump: la sua base elettorale (e forse pure lui, oppositore delle teorie sul cambiamento climatico e del riscaldamento globale) è tendenzialmente portata a credere alle parole di Limbaugh, ma il presidente si trova di fronte a una realtà di governo che spacca in due il sentimento diffuso. C’è un disastro naturale, va affrontato, e magari sulla gestione della situazione si può pure far politica: la linea è compresa da altri media amici, come Drudge Report o il giornalista Sean Hannity, che hanno parlato della dimensione di Harvey e di Irma anche come metodo per sottolineare la buona risposta dell’amministrazione. Poi c’è l’ala oltranzista dell’ala oltranzista, la linea-Limbaugh, in una deriva che rischia di non fermarsi più.

(Foto: Rush Limbaugh)

Irma, Trump e "gli uragani liberal"

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