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In principio doveva essere a gennaio subito dopo la sentenza con cui la Corte Costituzionale bocciò l’Italicum renziano. Poi in primavera ma il confronto tra le forze parlamentari non decollò mai realmente. Infine lo scorso giugno quando l’accordo (in teoria) si fece, salvo poi saltare subito alla prova dell’Aula. “Vareremo la nuova legge elettorale a settembre“, dissero allora in coro i principali partiti italiani. Ma anche stavolta sembra che non se ne farà nulla, almeno per ora: secondo gli ultimi rumors che arrivano dal Parlamento, la questione è destinata a essere posticipata ancora. Se ne riparlerà, pare, dopo il voto siciliano del 5 novembre oppure, più probabilmente, a seguito dell’approvazione della nuova legge di bilancio. A quel punto, però, mancheranno pochissime settimane alla fine della legislatura: ergo, è assai difficile che gli italiani andranno a votare con una legge diversa da quella emersa dalle due pronunce della Consulta su Porcellum e Italicum.

I TATTICISMI DEI PARTITI

Palla lunga e pedalare, dunque, secondo il classico schema all’italiana per cui, per non fare una legge, basta rinviarla all’infinito. Ed è quello che sta accadendo, con i partiti e i loro leader che continuano a proporre soluzioni e ipotesi diverse e inconciliabili tra loro, non è chiaro se per convinzione oppure per semplice tatticismo: evidenziare, con proposte difficilmente compatibili, le divergenze esistenti in modo da rendere di fatto impossibile il varo di una nuova legge elettorale. A conferma che, con il passare del tempo, tutti o quasi si sono convinti che tutto sommato sia meglio andare a votare con il sistema prodotto dalla Consulta.

LA LINEA DI RENZI

Quest’orientamento sembra aver fatto definitivamente breccia nel partito di maggioranza relativa, il Pd di Matteo Renzi. Il quale domenica scorsa – a pranzo, a Ravenna, con 200 volontari – avrebbe sostanzialmente detto di non considerare più a questo punto il varo di una nuova legge elettorale una priorità. La linea è ormai all’insegna dell’attendismo, come confermano le parole del segretario Pd: “Il punto è che il blocco, la palude istituzionale di questo Paese nasce dal desiderio di tenere tutto fermo, se gli altri vogliono cambiare lo vedremo“. Come a dire che il Partito democratico non farà nessuna proposta in materia. Concetto simile a quello espresso ieri dal suo responsabile della comunicazione, Matteo Richetti: “Se chi già una volta non ha accettato gli accordi si ravvede, noi ci siamo“. Lo stesso Richetti pochi giorni fa ha peraltro lanciato l’idea di un listone unico che vada da Giuliano Pisapia ad Angelino Alfano: una proposta che segnala chiaramente come il Pd non abbia ormai particolare interesse a modificare la legge elettorale.  Per non parlare delle dichiarazioni del presidente del partito, l’ex commissario di Roma Matteo Orfini: “Le possibilità di cambiare la legge mi sembrano quasi nulle. Per cambiarla servirebbe un accordo che tenga insieme Pd, FI, Lega e M5S, mi sembra molto complicato“.

COSA SI MUOVE IN FORZA ITALIA

Discorso diverso, invece, per Forza Italia dove, almeno parole, una proposta chiara esiste. “Si riparte dal modello tedesco: un sistema che trasforma i voti in seggi, con o senza premio di maggioranza alla lista o alla coalizione“, ha detto un paio di giorni fa il capogruppo alla Camera Renato Brunetta. Posizione coerente con quanto ripetutamente affermato da Silvio Berlusconi, che nella sua ultima sortita sull’argomento, a inizio agosto, era stato chiaro: “Quello che mi interessa è che si riparta dall’unico metodo sul quale si era trovato un largo consenso: il sistema tedesco adattato alla situazione italiana“. Nel frattempo, però, la situazione politica è cambiata: dopo estenuanti trattative, il centrodestra in Sicilia si è compattato su Nello Musumeci, a questo punto il principale indiziato a sostituire Rosario Crocetta a Palazzo d’Orleans. La sua eventuale vittoria – dicono in molti – potrebbe ingolosire il Cavaliere anche a livello nazionale e convincerlo ad accettare l’idea – finora sempre bocciata – di un listone unico con Matteo Salvini e Giorgia Meloni con l’obiettivo di tornare a Palazzo Chigi. Ed è chiaro che in questa eventualità pure a Berlusconi finirebbe con l’andare bene l’attuale sistema, tanto più se fosse vera la voce di un accordo che gli consentirebbe di blindare in seggi sicuri i suoi fedelissimi. In questo senso, semmai, a insistere per il varo di una nuova legge elettorale sarebbero le seconde e terze linee di Forza Italia che nell’ipotesi del listone unico si ritroverebbero a passare per le forche caudine delle preferenze: una prospettiva che, evidentemente, le alletta ben poco.

IL DISINTERESSE DEL M5S

Chi non nasconde di essere disinteressato all’argomento è invece il MoVimento 5 Stelle, per il quale anzi – vista l’indisponibilità a siglare alleanze pre-elettorali – il sistema uscito dalle sentenze della Corte risulta, in fin dei conti, conveniente. “Mentre i vecchi partiti fremono per la legge elettorale migliore per loro, il #M5S si prepara alla battaglia per abolire i vitalizi“, ha scritto su Twitter Danilo Toninelli, il deputato che più di tutti in questi mesi si è occupato del tema. Parole che fanno il paio con quelle pronunciate domenica scorsa a Cernobbio da Luigi Di Maio: “Sono molto scettico sulla possibilità di fare una nuova legge elettorale“.

LA PROPOSTA (IRREALIZZABILE) DI MATTEO SALVINI

Sono pronto domani mattina a dare i voti della Lega in parlamento per una legge elettorale chiara e maggioritaria: domenica si vota, domenica sera si sa chi ha vinto“, ha affermato il segretario del Carroccio al Forum Ambrosetti. Ma vista l’aria che tira, è assai improbabile che le cose andranno in questo modo. Una proposta quasi da libro dei sogni, dunque, che però avrebbe il merito di garantire certezza in merito alla composizione del nuovo governo. Ancora Salvini: “I tifosi del proporzionale sono i tifosi del caos, sono i tifosi del porto a casa più parlamentari possibili poi decido da che parte mettermi. Secondo me è poco serio“. Che si riferisca pure a Berlusconi e agli altri esponenti di Forza Italia?

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