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Carlos Peláez è un giovane biologo, nato e cresciuto a Caracas. Ha 34 anni. Come racconta il giornalista Alexis Correa, se questo ragazzo fosse un albero, farebbe vedere a metà del tronco un segno che condiziona la crescita: un prima e un dopo il chavismo.

In un’intervista pubblicata sul sito El Estimulo, uno dei pochi spazi informativi indipendenti che restano in piedi in Venezuela – grazie alla rete non servono carta e inchiostro, con cui il governo ricatta i media –, Peláez ha spiegato con una metafora la situazione del Paese: “Ci sono ‘bachacos’, tagliatore di foglie, che arrivano ad un albero, lo sfogliano e nutrono tutta la colonia. Ma fanno in modo che l’albero possa ricrescere. Le formiche ‘guerriere’ o ‘marabunta’ non costruiscono nemmeno il formicaio. Vanno da una zona all’altra, mangiano tutto e poi vanno via. Non lasciano nulla, né piante né animali. Sento che in Venezuela sono arrivate le ‘marabunta’ al potere”.

(LE FOTO DELLA REPRESSIONE DI MADURO IN VENEZUELA)

LA RIVOLTA PER IL PANE

E infatti nel Paese sudamericano non c’è praticamente più nulla. A differenza delle rivolte della Primavera araba in Egitto nel 2011 – cominciate per l’aumento del prezzo del pane – in Venezuela il pane semplicemente non c’è. Per contenere l’inflazione, il governo aveva deciso di imporre un tetto al prezzo di alcuni alimenti di prima necessità, tra cui il pane, ma in questo modo ha messo in difficoltà i panettieri. Molti hanno chiuso e quelli ancora aperti sono stati letteralmente presi d’assalto con file di cinque, sei o sette ore per comprare un massimo di due forme di pane a persona. Ora per risolvere il problema delle code è stato chiuso il rifornimento della farina. Non c’è farina, non c’è pane e non ci sono code. E lo stesso è successo con il latte, con il riso e non solo.

PROTESTE A OLTRANZA

Sono tempi difficili in Venezuela. Dal 19 aprile, ogni giorno, c’è una manifestazione diversa. Le più grandi sono a Caracas, centro del potere politico del Paese, ma anche in piccoli paesini rurali la popolazione sta facendo sempre più sentire la propria voce. Proteste cariche di simboli: c’è chi porta la Bibbia, chi si spoglia davanti ai militari, chi suona il “cuatro”, strumento musicale tipico venezuelano. venezuela

Tutti quelli che soffrono per la mancanza di alimenti e medicine hanno scelto di protestare. In una settimana sono morti 26 manifestanti con ferite da arma di fuoco. Cittadini non solo di “centrodestra”, come erroneamente ha raccontato il Tg1. Mentre durante il giorno le manifestazioni sono pacifiche (martedì per esempio il tema era il “plantón”, cioè restare fermi in mezzo alla strada), la notte lascia spazio ai criminali e ai violenti che approfittano della confusione e dell’oscurità per rubare e rapinare.

LE SCELTE SBAGLIATE DI MADURO

Quello che sta succedendo in questi giorni in Venezuela non è il “risultato del finanziamento di gruppi criminali, violenti e fascisti da parte dell’imperialismo nordamericano”, come ha denunciato il governo. La crisi socio-economica ha esasperato diversi settori della società, inclusa la classe popolare delle favelas. Per 13 anni, il presidente Hugo Chávez ha preso decisioni sbagliate ma le cose sembravano andare bene. Aveva a suo favore il prezzo del petrolio a 120 dollari il barile. Oggi il presidente Nicolás Maduro prende le stesse decisioni sbagliate, ma non ha la capacità economica per contenerne gli effetti negativi.

LA REPRESSIONE E LA MANCATA GIUSTIZIA

“Tradimento della patria”, “terrorismo”, istigazione a delinquere”, sono alcune delle accuse con cui il governo sta arbitrariamente arrestando ai manifestanti. Amnesty Internacional ha preparato un documento con cifre e storie di questi abusi di potere: si spiega come avviene la repressione, come funziona il sistema giudiziario del chavismo e quali sono i presunti reati commessi dai prigionieri politici. “Abbiamo verificato – si legge nel testo – l’esistenza di molte forme di arbitrarietà nel processo di detenzione e processo giudiziario contro i dissidenti. Si viola il diritto ad un giusto processo, alla libertà e all’integrità personale”. Si parla di repressione, tortura e abuso di potere. Ci sono le storie di attivisti come Raúl Emilio Baduel e Yon Goicochea, ma anche di studenti come Villca Fernández e Steyci Escalona. Sono tanti, troppi. Una raccolta precisa sulla mancanza di indipendenza del potere giudiziario e sul’ingerenza del potere esecutivo. Un documento anche in inglese, per i “socialisti-champagne” che guardano dall’estero, ben lontano dal caos, ed insistono che è tutto un “complotto”.

(LE FOTO DELLA REPRESSIONE DI MADURO IN VENEZUELA)

LACRIME DI STANCHEZZA E DOLORE

La giornalista Valentina Quintero conferma da Caracas che la dittatura ha trasformato la vita dei venezuelani in una quotidianità ostile. “L’ansia prende il sopravvento ogni mattina perché non sappiamo cosa verrà. L’insonnia è devastante. Siamo sempre connessi al telefono, al computer, ascoltando e leggendo finché gli occhi cominciano a lacrimare e non sappiamo se è per la stanchezza o il dolore”, racconta l’autrice televisiva. “Cerco di respirare insieme alla natura almeno una volta al giorno […] Basta affacciarsi alla finestra e vedere come la luce del sole cambia […] Questo non è riuscito a devastarlo la dittatura. E nemmeno la volontà di tornare in democrazia”. Prima o poi le formiche “marabunta” che dal potere hanno devastato il Venezuela, andranno altrove. E comincerà la ricostruzione del Paese.

Vi racconto come il Venezuela sta provando a resistere a Maduro

Carlos Peláez è un giovane biologo, nato e cresciuto a Caracas. Ha 34 anni. Come racconta il giornalista Alexis Correa, se questo ragazzo fosse un albero, farebbe vedere a metà del tronco un segno che condiziona la crescita: un prima e un dopo il chavismo. In un’intervista pubblicata sul sito El Estimulo, uno dei pochi spazi informativi indipendenti che restano in…

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