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Nel 2016 il settore oil&gas italiano ha vissuto un periodo delicato, che ha avuto nel referendum del 17 aprile sulle estrazioni in mare entro le 12 miglia forse la sua circostanza più evidente, ma che è stato caratterizzato da un contesto tra i più difficili nella storia dell’industria, dai cambi di strategia di Eni e dalla crisi della Saipem. E adesso, a inizio 2017, cosa sta succedendo? Quali sono le difficoltà e le opportunità di un settore che è uno dei fiori all’occhiello dell’industria nazionale? Formiche.net lo ha chiesto al consigliere regionale Pd in Emilia Romagna Gianni Bessi, specializzato in particolare sui temi dell’energia.

Bessi, parliamo del settore oil&gas italiano. Qual è la situazione?

Per il momento abbiamo tenuto botta. Ora dobbiamo guardare al futuro con ottimismo e razionalità.

E allora?

Allora direi di cominciare parlando dell’Omc.

Di cosa si tratta? Perché è così importante?

Omc è l’acronimo di Offshore mediterranean conference. L’appuntamento quest’anno è ancora più importante, per il tema che è stato scelto e per gli ospiti che ci saranno: chi lavora nel settore sa bene che è il più importante appuntamento nel campo energetico che si organizza nel bacino del Mediterraneo. È ospitato ad anni alterni da Ravenna e Alessandria in Egitto: il 2017 è la volta di Ravenna, dal 29 al 31 marzo.

Chi ci sarà quest’anno?

Quest’anno come non mai l’Omc sarà gli “Stati generali” dell’oil&gas, dove si sentirà parlare non solo di affari ma anche di strategie. Alla sessione inaugurale di incontri, giusto per fare due nomi, partecipano il ministro del Petrolio e delle Risorse Minerarie dell’Egitto, Tarek El Molla (una presenza di peso visto il collegamento di OMC con Alessandria e con la recente scoperta da parte di Eni del mega giacimento di Zohr) e il ministro italiano dello sviluppo economico Carlo Calenda. Insieme a loro parleranno di energia i ministri di Libano, Grecia, Cipro, Irak e i più importanti manager delle aziende del settore, a cominciare dall’amministratore delegato di Eni Claudio Descalzi.

Veniamo al tema dell’Omc, allora. Su cosa si confronteranno gli esperti di energia?

Il titolo della manifestazione, e anche della prima sessione di incontri, è “Transizione verso un mix energetico sostenibile: il contributo dell’industria dell’Oil&gas”. Un argomento da far tremare le vene, cruciale non solo per la sopravvivenza del settore ma anche per definire le scelte politiche che gli Stati dovranno fare per assicurare la produzione e l’approvvigionamento di energia in futuro.

E’ da tempo che si discute del combustibile che dovrà costituire, insieme alle rinnovabili, il mix energetico che permetterà la transizione verso il completo utilizzo delle fonti pulite. Qual è a suo avviso?

La risposta, dopo aver pesato tutti gli elementi, è una sola: il gas naturale. Mi appoggio a una voce autorevole, Vincenzo Titone, il chairman dell’Omc, il quale ha recentemente dichiarato che “Il gas, combustibile fossile più sostenibile, guiderà la transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio. E alla luce dell’aumento di consumi in Europa e Asia, l’innovazione nell’industria energetica è fondamentale per affrontare le sfide ambientali e ottimizzare i costi di sviluppo.

Detta così pare facile: si sceglie il gas e si va avanti. O no?

Invece la faccenda non è così semplice.

Ci sono difficoltà? Dove?

Anche nella verdissima Europa. Negli ultimi anni abbiamo speso enormi risorse per sostenere lo sviluppo delle energie rinnovabili, ma allo stesso tempo abbiamo anche incrementato sensibilmente la produzione di energia elettrica da carbone, di fatto annullando i benefici prodotti dalle fonti rinnovabili in termini di emissioni. Un caso emblematico è quello della Germania, Paese sicuramente ambientalista, che produce oltre il 40% dell’energia elettrica da carbone, cioè la fonte energetica più sporca ed economica in assoluto. E la Polonia produce fino al 90 per cento della propria energia dal carbone. Anche noi non abbiamo abbandonato il vecchio coke: la regione che registra la massima produzione di energia elettrica da carbone è la Puglia del Michele Emiliano.

Il governo dovrebbe scegliere apertamente la strada del gas?

Non c’è dubbio. E qui veniamo a uno dei punti cruciali delle scelte politiche future in questo campo: è il momento di rivedere il paradigma dello sviluppo energetico italiano.

In che modo?

Puntando su quel mix energetico di gas naturale e rinnovabili che, come si diceva prima, è anche il tema portante dell’Omc 2017. Quali sono le virtù che fanno preferire il gas alle altre fonti? Intanto è davvero estraibile a‘km zero, perché in Italia abbiamo ancora tanti giacimenti da sfruttare, a cominciare da quelli in Adriatico. In secondo luogo questa transizione soft, sostenuta dal mix gas-rinnovabili, ci porterebbe al pieno utilizzo di queste ultime senza massacrare il nostro sistema industriale dell’oil&gas. Che, ricordiamolo, è fatto di imprese cutting edge dove operano migliaia di lavoratori con profili professionali di livello internazionale».

In Emilia-Romagna come vi state muovendo?

Mentre in Italia cominciava il rimpallo sulle ragioni del referendum per decidere se fermare o no le estrazioni a meno di 12 miglia, la Regione Emilia-Romagna ha lavorato concretamente per sostenere proprio la strategia del mix energetico gas naturale-rinnovabili. Recentemente il presidente della regione Stefano Bonaccini e il ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda hanno firmato un protocollo importante.

Cioè?

Un’intesa pilota per la gestione delle attività in mare, a cui si è arrivati, grazie anche al lavoro dell’assessore Palma Costi, a coinvolgere le imprese e i sindacati. Il documento punta a coniugare la tutela dell’ambiente marino, della costa e delle attività turistiche con le istanze economico-industriali delle estrazioni offshore per la ricerca e coltivazione di idrocarburi (gas naturale sottolineo), nel massimo della sicurezza.

Obiettivo ambizioso. Si riuscirà a raggiungerlo?

Ce la faremo grazie a monitoraggi, studi, progetti e azioni pilota che integrino le attività di estrazione con i programmi e i progetti scientifici, di sviluppo turistico, produttivo. Un esempio? Lo sviluppo di tecnologie innovative per il decommissioning finalizzate al riutilizzo delle piattaforme per l’estrazione per realizzare ‘atolli’ ambientali e luoghi di ricerca internazionale nell’ambito dei Programmi della Macroregione Adriatico-Ionica.

Il nostro futuro energetico, quindi, è nel gas naturale?

Insieme alle rinnovabili, come ho detto. Del resto è l’unico combustibile fossile che, inserito nel mix energetico, ci permetterebbe di rispettare gli impegni di riduzione della CO2. Se convertiamo tutta la produzione di energia elettrica oggi prodotta da carbone sul gas naturale dimezzeremmo la produzione di CO2.

E poi?

Consentirebbe modalità di trasporto meno inquinanti, cosa che limiterebbe l’inquinamento da particelle sottili e da ossido di azoto nelle città. Se tutte le città avessero autobus a metano come in Emilia-Romagna, se tutti i traghetti, vaporetti, navi che entrano in porto andassero a gas naturale liquefatto si produrrebbe la stessa qualità dell’aria che abbiamo in cucina quando accendiamo i fornelli. E se tutti o la maggior parte dei camion, camioncini e furgoni che girano in città andassero a gas naturale si spenderebbe meno e le particelle sottili sarebbero ridotte drasticamente. E non dimentichiamo che è anche la fonte di energia più economica tra quelle pulite: il nostro Paese è già dotato di infrastrutture importanti per gestirne la logistica e si tratta dell’unica fonte per la quale abbiamo risorse ‘nostre’ e non dipendiamo esclusivamente dall’estero.

C’è una domanda che a questo punto non può essere schivata: e il ruolo dell’Eni?

È una delle questioni centrali per il futuro del nostro settore energetico. Mi spiego: è corretto spingere sul Governo (azionista di Eni) perché vengano valorizzate il gas naturale dell’Adriatico e le competenze per estrarlo e utilizzarlo? La risposta è sì. Soprattutto se prevediamo uno scenario dove l’Adriatico è trasformato nell’area in cui allenare il sistema energetico italiano per utilizzare, formare e fare maturare quelle competenze ed esperienze che ci permettano di raggiungere quell’obiettivo di cui parlavamo, la transizione verso il pieno utilizzo dell’energia pulita».

L’Eni da questo punto di vista che cosa sta facendo?

L’annuncio che Claudio Descalzi ha fatto proprio a Ravenna il 7 ottobre scorso, alla presenza del sindaco di Ravenna Michele de Pascale, di volere investire oltre 600 milioni del suo piano industriale per sviluppare l’attività nell’area adriatica sarebbe stato impensabile anche solo un anno fa. Significa che forse sta cambiando l’atmosfera attorno al settore oil&gas off-shore, nel senso che si sta recuperando la percezione che sia un’attività strategica per il sistema industriale italiano.

Per concludere, come vede il futuro dell’oil&gas italiano?

Con ottimismo, sempre. Anche perché, dal 29 al 31 marzo 2017 all’Omc di Ravenna incontrerò centinaia di espositori, delegati e visitatori da tutto il mondo. Il loro impegno, la loro passione sono le migliori risposte alla domanda se l’estrazione di fonti energetiche sia da demonizzare sempre e comunque. L’energia produce ricchezza, smettiamola con le ipocrisie, e lavoro per migliaia di persone. È per questo ‘popolo’ che ho deciso di impegnarmi per il futuro all’oil&gas italiano: un futuro che si basi sulla sostenibilità, certo, ma anche sulla capacità di produrre ricchezza. Sto con i lavoratori, giovani e meno giovani, che possiedono, dai laureati alle maestranze, conoscenze e capacità di eccellenza mondiale. E che possono mettere a frutto spesso solo espatriando. È ora di fare un’operazione verità, mettere da parte la demagogia del no a tutto, l’illusione che da qualche parte esista un’isola felice’ proposta da alcuni guru. Chi è interessato a tornare con i piedi per terra lo aspetto all’Omc Ravenna.

Claudio Descalzi

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