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C’è sempre un momento in cui la finanza batte lo Stato. Se poi lo fa sul terreno della credibilità, allora la vittoria diventa ancora più sonora. Succede in Cina, alla vigilia della delicata visita di Jake Sullivan, consigliere americano per la sicurezza nazionale. L’estate del Dragone è trascorsa tutto sommato tranquilla, senza scossoni. Il che significa che la cenere è sempre lì, sotto il tappeto, pronta a bruciare.

La crescita economica registrata nell’ultimo trimestre (4,7%) è la peggiore dalla fine della pandemia e il mercato immobiliare prosegue la sua crisi senza fine (-24% di cantieri avviati rispetto a un anno fa). Con le tensioni commerciali con l’Occidente, soprattutto sul versante delle auto elettriche, che continuano a crescere e il debito statale che continua a lievitare, Pechino è in buona sostanza ancora alla spasmodica ricerca di nuove fonti di crescita. Questo agli investitori non piace nemmeno un po’.

Ecco dunque spiegato il cambio di casacca, con il progressivo abbandono delle obbligazioni statali in favore di quelle emesse dalle banche. Negli ultimi mesi, infatti, gli investitori stranieri hanno ridotto sensibilmente le loro partecipazioni dirette in titoli di Stato cinesi, riversandosi nel debito a breve termine emesso dalle banche cinesi, arrivando a utilizzare le operazioni valutarie per aumentare i rendimenti complessivi a tassi superiori addirittura quelli dei titoli del Tesoro americani.

Secondo i dati della Shanghai Clearing House, le disponibilità estere dei titoli emessi da banche cinesi sono aumentate a più di 1 trilione di yuan alla fine di luglio, rispetto ai circa 260 miliardi di un anno fa. Segno che ci si fida decisamente molto delle obbligazioni che arrivano dal mondo finanziario e corporate, a discapito di quelle statali. Attenzione però, perché uno spostamento in massa della domanda dal debito sovrano a quello bancario, potrebbe portare a un eccessivo calo dei rendimenti sul primo versante, svalutando gli stessi titoli pubblici in pancia alle banche.

Anche per questo la Pboc, la Banca centrale cinese ha dichiarato di essere pronta a intervenire sul mercato dei titoli di Stato per la prima volta in decenni, per impedire un brusco calo dei rendimenti a lungo termine, nel timore che un’eventuale reazione negativa possa innescare perdite nel sistema finanziario simili a quelle provocate dalla Silicon Valley Bank , negli Usa.

Così i mercati si fidano più delle banche che di Xi

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