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(Articolo ripreso da www.graffidamato.com)

Ci volevano dunque una denuncia esplicita del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, giunta dal Canada, sul rischio – a dir poco – di “ingestibilità” del fenomeno e la minaccia governativa di chiudere i porti nazionali alle navi straniere che vi sbarcano tanti immigrati da averne portata la consistenza a 12 mila in 48 ore, contro i 10 mila in quattro giorni che già erano un’enormità, perché il Corriere della Sera e gli altri giornaloni si decidessero ad aprire gli occhi. E conseguentemente ad “aprire”, come si dice in gergo tecnico, anche le loro prime pagine con questo argomento, senza più ridurlo a un richiamino, come è accaduto ieri, 28 giugno, con una leggerezza scandalosa. Che spiega come meglio non si potrebbe la crisi dei giornali italiani. Dei quali si può ormai dire che si confezionano e si mandano nelle edicole quasi apposta per non essere venduti, servendo solo a scambiare messaggi fra gli addetti ai lavori, cioè fra chi li fa e si contende il mercato sempre più piccolo al quale li hanno ridotti.

Meglio tardi che mai, ci si potrebbe consolare per chiudere sbrigativamente la faccenda e archiviare anche certe polemiche che mi sono procurato su internet, dove qualcuno mi ha dato sarcasticamente del “professore”, dimenticando che sono semplicemente un giornalista. E che, avendo sempre fatto questo in vita mia, da 57 anni, comprendendo quelli del cosiddetto volontariato e praticantato, penso di avere una certa competenza in materia.

Eppure non basta dire il solito “meglio tardi che mai”. Il problema dell’informazione in Italia ha assunto ormai dimensioni tali che è da irresponsabili liquidarlo con una scrollata di spalle. L’informazione da noi non è soltanto tossica, per l’uso strumentale al quale si prestano ormai sistematicamente le cronache giudiziarie, economiche e politiche, ma addirittura carente. Se non ci fosse internet, al netto naturalmente dei suoi inconvenienti, dagli insulti allo scarso controllo delle fonti, di certe cose, di certi problemi, di certe realtà non sapremmo niente, pur uscendo dalle sempre meno numerose edicole sparse sul territorio con giornali spesso sempre più pieni di pagine e di inserti. Svegliatevi, cari colleghi.

Di mancanza di informazioni temo che soffra, nonostante gli uffici e i collaboratori su cui può contare anche dalla sua spartana residenza di Santa Marta, persino il Papa. Che diversamente non cadrebbe pure lui, come gli sta capitando sempre più di frequente, in tentazione di demagogia. E non solo sul fronte dell’immigrazione. Che, se dipendesse dal Pontefice felicemente regnante, sarebbe ancora più ingestibile di quanto non cominci ad apparire anche al cattolicissimo e praticantissimo presidente della Repubblica italiana.

Papa Francesco si è appena avventurato sul terreno sindacale, ricevendo i delegati al congresso della Cisl, con due denunce che, se lasciate nella genericità in o con cui le ha lanciate, sono solo strafalcioni economici e sociali. Qualcuno dovrà pur decidersi a spiegarglielo dalle parti del Vaticano in argentino, in italiano, in latino, come preferisce sentirsele dire Sua Santità.

Si possono anche mandare prima i lavoratori in pensione per farli sostituire con i giovani disoccupati, ma sempre che queste sostituzioni siano reali ed economicamente possibili, e i costi verificabili, Si possono anche scomunicare, coi tempi che corrono, i cosiddetti “pensionati d’oro”, come ha detto Papa Francesco mutuando il linguaggio dei sindacati, dei giornali e dei partiti più esposti su questo fronte, ma a patto che anche lui si decida a indicare dove finisce l’argento e comincia l’oro, possibilmente senza scambiare lo zinco per l’argento e il cosiddetto oro di Bologna per oro vero.

No, Santità, non ci siamo neppure con Lei. Le consiglio di parlarne alla prima occasione telefonica o fisica che le capita con un amico di cui mi sembra che Lei si fidi e che di queste cose s’intende per formazione ed esperienza personale. Parlo naturalmente di Eugenio Scalfari.

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