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A gennaio gli Emirati Arabi si sono fatti da ospitali broker per un incontro tra Erik Prince, già fondatore della Blackwater (ditta leader per i contractor militari nel mondo) e un russo “molto vicino a Vladimir Putin“: l’incontro avrebbe avuto come scopo quello di creare un back-channel, ossia una linea di contatto clandestina e coperta, tra gli uomini del presidente eletto Donald Trump e il Cremlino.

LO SCOOP

Lo scoop è del Washington Post, ed è un’altra di quelle rivelazioni che fanno tremare le gambe all’amministrazione americana, dopo quelle uscite a proposito di contatti simili avuti da Michael Flynn, consigliere per la Sicurezza nazionale costretto alle dimissioni da un paio di articoli sempre del WaPo che lo hanno incastrato a parlare in modo non autorizzato con l’ambasciatore russo e ad aver mentito all’Fbi e al vice presidente (aspetti su cui Flynn sarebbe pronto a parlare in cambio dell’immunità). L’incontro di Prince è un altro tassello del puzzle che il controspionaggio e le Commissioni Intelligence di Camera e Senato stanno cercando di mettere insieme per capire se dietro alle interferenze di Mosca sulle elezioni presidenziali americane ci fosse anche un piano condiviso con Trump e il suo staff (contatti che il presidente definisce a giorni alterni “fake news” o “caccia alle streghe”).

LE SEYCHELLES

Le fonti del WaPo sono varie, anonime, e arrivano dagli Stati Uniti, dall’Unione Europea e dagli Emirati, e raccontano di un meeting che c’è stato l’11 gennaio in uno scenario incontaminato e discreto come quello di un resort delle isole Seychelles (appena dieci giorni prima la Casa Bianca di Barack Obama aveva alzato sanzioni contro la Russia per l’interferenza durante le elezioni, e il giorno successivo un altro scoop del WaPo iniziava a rivelare il contenuto di quelle conversazioni tra Flynn e il diplomatico russo). Il meeting, secondo gli informatori americani, sarebbe già stato “scrutinato” dall’Fbi per esaminare i contenuti dell’incontro. Gli emiratini avrebbero scelto il luogo perché lo ritenevano confortevole e lontano da occhi indiscreti (gli EAU forniscono milioni di dollari in assistenza umanitaria alle Seychelles e i notabili del regno hanno sulle isole le proprie ville).

LE REAZIONI

“Non c’è mai stato nessun meeting e soprattutto Erik Prince non ha ruoli nel team di transizione” è stato il commento di Sean Spicer, portavoce della Casa Bianca. Segue un linea analoga e sottolinea che l’incontro non c’entrava niente con gli affari di Trump il portavoce di Prince; personaggio discusso proprio per essere stato il creatore della Blackwater, diventata famosa anche per alcune storie spiacevoli di abusi e soprusi avvenute in Iraq (ora la ditta non è più sua, ma è rimasto nel ramo con la Frontier Services Group, basata ad Hong Kong). Gli Emirati avevano offerto ospitalità e protezione discreta a Prince nel 2010, quando negli Stati Uniti il suo nome si legava man mano e problemi legali per gli incidenti avvenuti durante i servizi offerti dalla sua ditta.

I CONTATTI

Gli emiratini si sarebbero proposti come tramite dell’incontro per cercare di comportarsi da honest broker con la Russia e ottenere in cambio un allentamento della partnership di Mosca con Teheran (la repubblica sciita è nemica ideologica dei regni sunniti del Golfo) e un avvicinamento verso il Golfo – allo stesso tempo si ricorderà che Russia ed Emirati Arabi hanno un allineamento comune con l’Egitto sulla Libia, sul lato dell’opposizione al governo onusiano. A dicembre, Flynn e Jared Kushner (che avevano già incontrato l’ambasciatore russo in un meeting riservato a New York) hanno partecipato a un altro incontro con il principe emiratino Sheikh Mohamed bin Zayed al-Nahyan; insieme a loro c’era lo stratega politico di Trump, Stephen Bannon. Della visita newyorchese di Zayed l’amministrazione Obama, ancora reggente nella fase di transizione, non era stata avvisata, al di fuori degli usi diplomatici. Fu dopo quell’incontro che, secondo le fonti del WaPo, Prince chiese a Zayed un altro meeting con “un uomo di Putin”, presentandosi al principe come “un surrogato” del team Trump. Le fonti aggiungono che Zayed (che insieme al fratello, capo del consiglio di sicurezza di Abu Dhabi, ha coordinato i contatti alle Seychelles), non avrebbe mai organizzato niente se non fosse stato rassicurato dai top aiutanti di Trump e Putin, “se non da loro stessi”, perché lui “è un tipo molto attento”.

PRINCE E TRUMP

Prince non è un uomo dell’amministrazione Trump, ma i suoi contatti con la campagna presidenziale del repubblicano e con l’attuale corpo di governo sono evidenti. Sua sorella è Betsy DeVos, filantropa miliardaria repubblicana nominata da Trump segretaria all’Istruzione. E l’ex capo di Blackwater ha donato personalmente 250 mila dollari al super-Pac trumpiano guidato dalla mega-donor Gop Rebekah Mercer – parte degli oltre dieci milioni di donazioni complessive fatte dalla sua famiglia ai candidati repubblicani per USA-2016. Prince stesso, a dicembre dello scorso anno, era alla Trump Tower di New York (il quartier generale di Trump): un incontro facilitato dalle sue ottime relazioni con Bannon. Curiosità sulla linea Trump-Bannon & Co: una volta, durante un programma radio di Breibart (il sito proto-trumpista creato da Bannon) Prince disse che Huma Abedin, assistente personale di Hillary Clinton da anni, era un “agente di influenza della Fratellanza Musulmana” e parlò di una delle varie storie diffamatorie inventate dai siti più radicali del conservatorismo americano durante la campagna elettorale, una relazione sessuale tra Abedin e Hillary su cui non c’è alcun genere di prova.

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