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Per la seconda volta l’Istituto Gino Germani di Scienze Sociali e Studi Strategici e l’Atlantic Council hanno promosso un convegno internazionale a Roma sul tema della proiezione/influenza russa in Europa. La conferenza, dal nome “La strategia d’influenza della Russia in Europa: Mosca e i movimenti populisti europei di destra e di sinistra”, ha analizzato in particolare rapporti politico-informativi ormai sempre più intensi, evidenti e istituzionalizzati, tessuti da svariati partiti anti-sistemici con ambienti ufficiali e ufficiosi in Russia.

IL SOFT POWER E LA GUERRA IBRIDA

Il tema si inserisce nel panorama del dibattito sempre più fitto sui temi della cosiddetta “guerra ibrida, della propaganda e della disinformazione del Cremlino. Ancora una volta si è evidenziata la distanza tra il modello d’influenza russa e quello che viene solitamente definito “soft power”, solitamente ricondotto alla proiezione di valori tendenzialmente positivi, aperti e recepiti come tali. Una definizione che poco si adatta a operazioni d’influenza aggressive, tentativi di manipolazione elettorali (hacking, dezinformacija, ecc), supporto a partiti anti-sistemici e in generale un posizionamento ideologico sempre più radicale.

L’INFLUENZA SUI PARTITI

Il convegno ha offerto una panoramica dei contatti documentati tra movimenti politici “populisti” (ma anche più tradizionali) in Paesi quali Francia e Germania, oltre alle preoccupazioni delle istituzioni di sicurezza delle rispettive capitali. In particolare sono stati evidenziati i tentativi – tramite un mix di fondi, supporto mediatico e organizzativo – di aiutare vari partiti a conseguire importanti risultati elettorali, come aveva già evidenziato un rapporto proprio dell’Atlantic Council. Come hanno mostrato vari analisi, tra i partiti maggiormente pro-russi spiccano l’Fpö in Austria, Jobbik in Ungheria, Alba Dorata in Grecia, UKIP nel Regno Unito, Die Linke e Alternative für Deutschland in Germania, il Partito della Libertà di Wilders in Olanda e svariati altri partiti ex-comunisti o neo-nazionalisti e panslavisti dell’Europa centro-orientale. E anche in Italia, dove queste tematiche sono state per lungo tempo trascurate, emergono ormai svariate analisi sui rapporti tessuti dal Cremlino con ambienti politici italiani quali il M5S e la Lega Nord; giorni fa un articolo del New York Times s’era occupato proprio di questo. Un supporto e un reciproco scambio di favori che non va letto tuttavia come l’unica causa del successo di questi partiti: la crescita dei partiti estremi è infatti dovuta soprattutto a motivazioni domestiche come la crisi di fiducia e il risultato della crisi economica, sebbene sia possibile incentivarla e influenzarla dall’esterno, ad esempio con aiuti mediatici, oppure finanziari come nel caso del Front National francese.

INDEBOLIRE I GOVERNI: LE MISURE ATTIVE

Tra gli obiettivi indicati dagli esperti per il supporto ai poli estremi dello spettro politico, il tentativo di indebolire determinati governi, di contrastare specifiche politiche (ad esempio le sanzioni economiche per il ruolo russo nella guerra in Ucraina), erodere alleanze e istituzioni internazionali, creare una forte fazione pro-russa che faccia gli interessi del Cremlino. Fomentare le tensioni nella comunità euro-atlantica non a caso ricalca da vicino le cosiddette “misure attive” dell’intelligence già sovietica, pur con forti differenze nelle modalità e sotto il profilo ideologico. Tra gli altri fini, queste politiche mirano a indebolire il soft power occidentale, ostacolare la globalizzazione, ad occupare l’UE con crisi e tensioni interne che la “distraggono” dalla politica estera e incentivare la diffusione dei valori tradizionalisti a discapito del liberalismo politico e delle società aperte.

OPPORTUNISMO O DESTABILIZZAIONE?

E anche sul commitment del Cremlino a questa strategia emergono opinioni differenti: secondo alcuni analisti si tratta di una ben delineata e precisa strategia di destabilizzazione o addirittura parte di un “conflitto ibrido”, mentre per altri di una manovra opportunistica che mira ad approfittare della difficoltà occidentali ma non rappresenta la pietra angolare della politica estera russa. Nella narrativa ufficiale russa è infatti proprio la Russia a doversi difendere dalle minacce “ibride” occidentali e dai suoi vari tentativi di “destabilizzazione” (ad esempio tramite la democracy promotion), anche se è attualmente oggetto di dibattito quanto questa convinzione sia genuinamente sposata dal Cremlino o venga piuttosto impiegata come argomento di giustificazione delle proprie politiche.

L’INFORMAZIONE (E LA DISINFORMAZIONE)

Ancora una volta emerge centrale il tema dell’informazione, a conferma di quanto sia inscindibile da quello più strettamente politico-ideologico. La propaganda e la disinformazione che proviene direttamente e indirettamente dalla Russia svolge un preciso ruolo in operazioni più ampie di natura politica. Da un lato i principali esponenti anti-sistemici, dall’estrema destra all’estrema sinistra, passando per libertari e star cospirazioniste, servono a dare “spessore” alla linea editoriale dei media russi, li legittimano e dimostrano che la Russia non è isolata a livello internazionale. Nei rispettivi Paesi questi esponenti possono beneficiare di ampia copertura mediatica fornita dai media di Stato russi e anche da tutti quei flussi d’informazione più o meno ufficiali che seguono la narrativa “anti-establishment”. Più in generale l’obiettivo è quello di confondere (più che influenzare) le opinioni pubbliche e screditare la grande stampa internazionale e il modello occidentale di giornalismo.

LA RETE RUSSA

L’influenza russa sembra basarsi su un uso assai più aggressivo dell’informazione – dalla propaganda dei media di Stato alla dezinformacija non direttamente riconducibile al Cremlino –, sulla creazione di reti di influenza “amiche” e la coltivazione di “utili idioti”, solitamente riconducibili ai poli estremi dello spettro politico. Il tutto ricalca fortemente le strategie d’influenza classiche dei servizi sovietico-russi, le misure attive, abbondantemente impiegate durante la Guerra Fredda e oggi ancora ben presenti negli apparati di Mosca. Come aumentare la consapevolezza e quali contromisure adottare nei confronti di un fenomeno che, come dimostrano la crescente attenzione mediatica e i concreti risvolti politici (come il Russiagate negli USA, per esempio)? La seconda edizione di un convegno animato anche in Italia su questi temi dimostra la loro crescente rilevanza a livello europeo e la loro attualità, richiedendo una più profonda consapevolezza della strategia d’influenza russa in Europa, dicono i relatori.

Tutta l'influenza di Mosca sui movimenti populisti

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