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Il quotidiano USA Today ha ottenuto informazioni che dimostrano collegamenti tra oligarchi russi, anche connessi con il mondo del crimine, e le aziende possedute dall’attuale presidente statunitense Donald Trump. Le informazioni pubblicate nell’inchiesta del giornale conservatore riguardano vicende di qualche anno fa, e sono state ottenute attraverso la revisione di documenti giudiziari e governativi, e tramite una conversazione con un un ex procuratore federale.

ALMENO DIECI I PERSONAGGI DISCUTIBILI

Il presidente e le sue società sono stati collegati ad almeno dieci ricchi personaggi russi che hanno avuto trascorsi discutibili tra il riciclaggio di denaro e altri legami con le organizzazioni criminali. Trump ha avuto contattati con loro, ma – è importante sottolinearlo – è estraneo ai singoli casi penali che li hanno interessati. Ma quello che scrive USA Today dimostra per esempio che una dichiarazione di febbraio dello stesso Trump, in cui il presidente diceva di non aver nessun genere di affari in Russia, è falsa. Ed è inoltre un altro tassello del mosaico che un’inchiesta dell’Fbi (e quella parallela delle Commissioni Intelligence del Congresso) stanno cercando di ricostruire per capire se Trump e i suoi uomini hanno messo in piedi un piano con la partecipazione della Russia per vincere le elezioni.

LINK COL POTERE PUTINIANO

Chiudere affari con certe persone significa trattare con quella business élite russa riconducibile all’ultimo stadio con il cerchio del potere creato dal presidente Vladimir Putin: una realtà frutto delle interconnessioni tra imprenditoria oligarchica, settori della sicurezza statale, gang criminali, hanno spiegato al quotidiano americano l’ex procuratore federale Ken McCallion e l’ex capo delle operazioni in Russia della Cia Steven Hall. Chi ha potere in Russia è perché Putin vuole che lo abbia: “Tutte le figure del crimine organizzato di cui io ho sentito parlare (in Russia) hanno tutte connessioni profonde e sono legati con il governo”, ha detto Hall.

SPECULAZIONI SULLA DICHIARAZIONE DEI REDDITI

I contatti passati con queste figure, che sostanzialmente sono state parte, a vario titolo, di alcuni dei principali investimenti immobiliari di Trump, aprono anche speculazioni sui possibili motivi per cui lui si sia rifiutato di pubblicare la propria dichiarazione dei redditi. L’unico presidente ad aver fatto questa scelta, rifiutando una prassi che dura da oltre 40 anni: forse per non mostrare aspetti scabrosi sui suoi affari e i suoi collegamenti La Casa Bianca, spiega USA Today, ha declinato commenti sull’articolo, ma Amanda Miller, portavoce della Trump Organization, ha detto di non riconoscere nessuna delle persone citate come partner affaristici. È possibile che sia così, perché ci sono svariate terze parti che curano puntualmente accordi, vendite, e altre operazioni, per conto della Trump Organization; in alcune situazioni inoltre Trump fornisce solo il nome, un marchio di garanzia che alcuni progetti immobiliari acquisiscono fornendo royalty all’organizzazione dell’attuale presidente.

FELIX SATER E MASHKEVICH

Una delle persone nominate dall’inchiesta giornalistica è Felix Sater, noto elemento di collegamento tra gli affari di Trump e la Russia, in particolare per quanto riguarda il caso del Trump SoHo – fu lui a trovare i fondi da oligarchi russi e kazaki. Sater è tornato poche settimane fa alla ribalta delle cronache per essere stato uno dei facilitatori che ha permesso a un sedicente piano di pace in Ucraina, elaborato da un semi-sconosciuto parlamentare filo-russo ucraino, di arrivare sulla scrivania di Michael Flynn (che ai tempi era ancora alla guida del Consiglio di Sicurezza Nazionale e aveva facile accesso alla Casa Bianca). Uno dei finanziatori trovati da Sater per il SoHo Project, il miliardario del settore minerario kazako Alexander Mashkevich, in base ai documenti analizzati è stato accusato in Belgio, nel 2011, di essere l’ideatore di una lavanderia di denaro sporco con un giro di 55 milioni di dollari. Nel 2010 Mashkevich è stato fermato dalla polizia turca sul suo yacht, il Savarona (che fu prima di Ataturk) con a bordo nove ragazze russe e ucraine, di cui due minorenni, e accusato di prostituzione e tratta di esseri umani.

MANAFORT E GLI UCRAINI…

Un altro nome noto che esce dall’indagine dello USA Today è quello di Paul Manafort, collegato a Trump fin dagli anni Ottanta ed ex capo della campagne elettorale Trump-2016, costretto a ritirarsi per via di un pagamento non limpido scoperto dall’anticorruzione di Kiev ricevuto dal partito dell’ex presidente ucraino Viktor Yanucovich, cacciato nel 2014 dalle proteste del Maidan. Le nuove accuse parlano di una denuncia, poi decaduta, di Yulia Timoschenko su uno schema di riciclaggio di denaro frutto della corruzione del potere ucraino, attraverso operazioni immobiliari negli Stati Uniti, che Manafort avrebbe gestito: connessi, personaggi come Dmytro Firtash, uomo (di Gazprom) del gas ucraino, estrado a febbraio negli Stati Uniti dopo essere stato arrestato in Austria per aver ottenuto il permesso di estrarre titanio in India a fronte del pagamento di 18,5 milioni di dollari di tangenti, secondo l’incriminazione di un grand jury di Chicago.

E I RUSSI

La scorsa settimana un altro scoop dell’Associated Press ha scoperto anche che Manafort ha fatto da lobbista per il magnate dell’alluminio Oleg Deripaska: l’oligarca avrebbe pagato dieci milioni di dollari al consulente affinché cercasse i modi di aprire le porte di Washington al governo di Putin. Si parla di fatti successi tra il 2006 e il 2009, smentiti, per ora, su una paginata che Deripaska ha acquistato il 28 marzo su Washington Post e Wall Street Journal – il russo s’è detto pronto a testimoniare davanti alle Commissioni d’inchiesta congressuali (Deripaska e Manafort sono stati anche coinvolti una vicenda legale scovata negli stessi giorni da Politico che riguarda un investimento comune alle isole Cayman). Manafort doveva essere sentito in questi giorni alla Camera dalla Commissione Intelligence, ma per tutta la settimana sono stati sospesi i lavori della commissione, a causa di una vicenda poco chiara che ha coinvolto il presidente Devin Nunes, accusato di aver ricevuto informazioni confidenziali e sottobanco dagli uomini di Trump.

GLI ALTRI

Tra le altre persone citate dallo USA Today, c’è Peter Kiritchenko, possessore di due proprietà al Trump International Beach Resort di Sunny Isles Beach, Florida, e già accusato da una corte di San Francisco nel 2009 di riciclaggio di denaro per conto dell’ex primo ministro ucraino Pavlo Lazarenko. E poi Viktor Khrapunov, ex ministro dell’energia del Kazakistan, accusato dal tribunale di Almaty, cittadina di cui è stato anche sindaco, di aver comprato varie proprietà all’estero, tra cui 3 appartamenti al Trump SoHo con i soldi sottratti dalle vendite di beni dello stato – Khrapunov, che vive in Svizzera, dice nega le accuse e dice di essere vittima di una persecuzione politica da parte del presidente Nursultan Nazarbayev.

(Foto: TrumpHotels.com)

Cosa dice Usa Today su Trump, oligarchi russi e criminali

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