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“Dobbiamo combattere per il nostro destino” prenderlo in mano, perché “i tempi in cui dipendevamo completamente dagli altri sono finiti” ha detto Angela Merkel domenica durante un comizio elettorale a Monaco di Baviera. È questo uno strascico delle distanze tra europei e Trump post G7? “Lo è certamente ed è forse l’esito più positivo di un incontro con molte ombre – risponde Paolo Magri, vice presidente e direttore dell’Ispi – una nuova consapevolezza dei paesi europei, a cominciare dalla Germania, che questo non è il momento delle esitazioni, delle consuete divisioni interne del vecchio continente. Positivo a condizione che non apra eccessivi spazi alla ‘guida’ tedesca”.

EUROPEI CONTRO TRUMP?

Anne Applebaum, fondista del Washington Post, ha scritto su Twitter: “Fin dal 1945 prima l’URSS, poi la Russia, hanno cercato di aprire un cuneo (per dividere) tra Germania e Stati Uniti. Grazie a Trump, Putin ci è riuscito”. Magari è un’iperbole, ma a cosa ci troviamo davanti? Cosa comporterà per il futuro dei rapporti tra europei e americani? “È certamente una iperbole – commenta Magri – ma c’è un fondo di verità che apre scenari nuovi e potrebbe rompere 70 anni di storia delle relazioni transatlantiche. Le conseguenze non sono però necessariamente catastrofiche se l’Europa saprà trasformare questa potenziale crisi in una opportunità di rilancio”. Domenica, sul Journal du Dimanche, è uscita un’intervista al neo presidente francese Emmanuel Macron. Macron ha commentato la stretta di mano scambiata con Donald Trump qualche giorno fa, di cui molti giornali internazionali si sono occupati – anche perché è noto che Trump usi il saluto come simbolo per far pesare il suo potere. Macron ha detto: “Dobbiamo far vedere che non faremo piccole concessioni, nemmeno simboliche, ma nemmeno dare a queste cose troppo risalto mediatico. Donald Trump, il presidente turco o il presidente russo stanno in una logica di rapporti di forza, e la cosa non mi spaventa. Non credo alla diplomazia dell’invettiva pubblica, ma al contempo nei dialoghi bilaterali non concedo niente: è così che ci si fa rispettare”.

L’IMPRONTA AMBIENTALE DI TRUMP È ARGOMENTO DI DIVISIONE

Una dichiarazione che in parte si accoppia con quella di Merkel (è noto che i due leader abbiano già particolare feeling). Uno dei temi in cui l’impronta trumpiana sul G7 s’è più sentita è stato l’ambiente. Il clima è sembrato da “sei contro uno” e marca ancora certe distanze. Trump ha detto che scioglierà in settima il nodo sulla riconferma americana per gli accordi di Parigi-2015, su cui, per essere eufemistici, s’è sempre mostrato scettico fin dalla fase elettorale.  Quali prospettive? “Il dialogo, o meglio il mancato dialogo, sul clima ha messo in mostra più che su ogni altro tema la contrapposizione dei 6 contro uno”, spiega Magri. “Per ora Trump ha incassato un ‘successo’ rivedibile a casa: l’aver mostrato i denti della nuova America, la sua volontà di distacco dal principale successo multilaterale di Barack Obama. Vedremo a breve se sceglierà di rompere del tutto (uscendo dall’accordo come il successore di Wilson fece con la Società delle Nazioni) o si limiterà a non implementarlo. In entrambi i casi si tratterrebbe di una cattiva notizia”.

IL COMMERCIO E I CRUCCI DI TRUMP 

Tra gli argomenti che Trump si è portato dietro dal G7 c’è il commercio: il presidente americano ha commentato che nelle discussioni con gli altri leader ha ottenuto quel che voleva, “la rimozione delle pratiche distorte” commerciali. Qual è l’obiettivo dell’amministrazione americana? “Sul commercio -spiega Magri – Trump ha ottenuto una formulazione morbida sul protezionismo nella dichiarazione finale, ma sa bene che le vere difficoltà della sua politica di ‘dazi’ sono interne, con gli esponenti pro-tarde della vecchia guardia repubblicana e con le grandi aziende statunitensi che vivono di commercio e producono in molti dei paesi che Trump vorrebbe colpire con barriere protezionistiche”.

SICUREZZA E MIGRANTI: COSE PIÙ O MENO SCONTATE

Uno dei pochi aspetti completamente condivisi è stato il tema Sicurezza, in declinazione lotta al terrorismo. Che linea esce? “Una scontata condanna del terrorismo e la volontà di fare di più nel contrasto al suo finanziamento e sul ruolo delle società del web a supporto dell’intelligence”, dice Magri. Una posizione praticamente necessaria, al punto da essere “scontata”, come la definisce il direttore del più prestigioso think tank italiano, resa ancora più stringente dai fatti di Manchester che avevano aperto la settimana. Invece sull’immigrazione? “La dichiarazione finale, rispetto dei diritti dei migranti ma diritto alla tutela dei confini, permetterà a chi può di limitare gli accessi con muri e barriere”, spiega Magri. Che aggiunge: “Non è il caso dell’Italia, circondata da mare. L’impegno a soluzioni di lungo periodo per risolvere le cause di fondo (povertà e conflitti) è certamente meritorio ma la sua trasposizione in azioni e progetti concreti dipenderà dai fondi che saranno resi disponibili. Diversamente saranno solo nobili parole”.

Paolo Magri (direttore Ispi)

Tutte le trumpate di Trump al G7 di Taormina. L'analisi di Magri (Ispi)

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