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La liturgia della festa della donna è sempre più complicata nel passare degli anni per le difficoltà che anche la scelta della maternità comporta, sia nella relazione affettiva indissolubile sia nella permanenza al lavoro da far coincidere con la cura alla famiglia. Oggi, poi, alla luce della decisione dei giudici di Trento, i dubbi diventano certezza. L’ordinanza trentina riconosce l’efficacia nell’ordinamento giuridico italiano di una sentenza straniera che ha accertato la relazione di genitorialità con due bambini di un secondo uomo, oltre al padre biologico.

In sostanza, non esiste una incompatibilità dell’atto straniero con i principi dell’ordine pubblico che la Corte trentina, sulla scorta di una sentenza della Cassazione, individua nei “principi supremi e/o fondamentali della nostra carta costituzionale”, ovvero “quelli che non potrebbero essere sovvertiti dal legislatore ordinario”. La nostra Costituzione, ci chiediamo, presenta aperture a genitori dello stesso genere? E ancora, il diritto del bambino ad avere una madre e, dunque a riconoscere nella donna colei che lo ha partorito, sparisce?

Secondo i giudici verrebbe poi pregiudicato il diritto dei minori a conservare il loro stato di figli legittimamente riconosciuto da uno Stato straniero. Quanto alla possibilità che l’interesse dei minori possa essere tutelato ricorrendo all’adozione in casi particolari (ex art.44 lettera b Legge 184/1983), la Corte di Trento rileva che essa, per una coppia di omosessuali, non è così pacifica, trattandosi di interpretazione giurisprudenziale della normativa che ha dato luogo a contrastanti pronunce. Beh, meno male che le incertezze non sono solo di chi scrive!

In buona sostanza la mia personale considerazione, cancellando il diritto del bambino a sapere che ha una madre, cancella il ruolo femminile in nome di un aberrante riconoscimento di un diritto di due uomini a confondere la realtà  naturale della genitorialità del bambino. Il futuro e la sostenibilità della società nei suoi equilibri demografici, e quindi anche economici ed istituzionali, rimettono contemporaneamente in atto un processo di ridefinizione dell’identità personale e sociale delle persone che fanno famiglia, che fanno nucleo, comunità. I genitori e il ruolo della madre non è soltanto quello di  portare in grembo il figlio, partorirlo, accudirlo, crescerlo, accompagnarlo alla vita e quali regole dare.

Ora, esplode una nuova cultura della genitorialità che mette in evidenza contraddizioni culturali e sociali e confonde vistosamente i ruoli che, attenzione, non sono solo tradizionali ma travisano violentemente la natura femminile e maschile, sicuramente biologicamente diversa ma anche culturalmente chiamata a svolgere ruoli diversi se pur complementari nella genitorialità. Sia il legame che si stabilisce nei nove mesi di gestazione, sia l’allattamento e il rapporto di sangue non si eliminano con un decreto. Resta nel bambino il diritto di conoscere la madre, resta nella società una negazione del ruolo della maternità e, dunque della donna, e scippare e negare ad un bambino la naturale certezza di avere una madre è un atto sicuramente incivile e barbarico che non si può definire con l’“assicurare al minore l’affetto della genitorialità”. Senza poi tenere conto oggi che dopo la maternità, il ruolo della donna/ madre è chiamato ad essere prepotentemente molto più intenso, poiché ella deve investire tempo ed energie illimitate e contemporaneamente le si chiede di restare e investire altrettanto tempo ed energie nel mercato del lavoro dove la conciliazione tempi di vita e di lavoro è difficoltosissima poiché l’atteggiamento verso la maternità non è ancora da parte del mercato del lavoro assunto come valore e dunque da tutelare con norme più cogenti a carico della fiscalità generale.

Teniamo poi conto che la partecipazione delle donne lavoratrici non ha trasformato le aspettative e gli obblighi circa il loro ruolo di caregivers, verso i figli, il lavoro domestico e la cura degli anziani. Le donne italiane evitano l’affidamento di parte delle attività di cura come invece accade in altri paesi trasformate come sempre in funambole sospese tra cura e lavoro. La donna italiana pretende di essere madre con una centralità intima, privata e di genere della cura dei figli piccoli esclusivo ed indispensabile ritenendo non a caso che “sia il meglio per il bambino” assicurare regole di sentimento che influenzano stati emotivi naturali e normali nel contesto di riferimento. Ecco nonostante la situazione che si sta sviluppando di confusione del ruolo materno, di incertezze e difficoltà delle donne ad essere madri riconosciute e lavoratrici, ricordiamoci che il ruolo della donna, il richiamo alla natura, al corpo, all’istinto soprattutto con riguardo  alla gestazione all’allattamento al seno, al nutrimento concreto e costante di cibo e affetto crescente, potente, va ricordato con determinazione senza permettere ad una società  di minoranza di soverchiare il diritto naturale di rispettare il ruolo della donna.

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