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L’avventura di Anis Amri è finita a Sesto S.Giovanni, in seguito ad una sparatoria con una pattuglia della Polizia italiana che lo aveva intercettato effettuando un controllo di routine. Ma questa ennesima vicenda di terrorismo jhadista, nel cuore dell’Europa, presenta dei lati oscuri e degli interrogativi inquietanti. Anis Amri non era un personaggio uscito all’improvviso dall’oscurità, ma un soggetto noto (grazie anche a diverse fotografie) alla polizia criminale di mezza Europa e che, in Italia, aveva scontato diversi anni di galera. Insomma, come in altri casi, Amri la patente del terrorista l’aveva appiccicata in fronte. Ma gli era riuscito di spostarsi nel Vecchio Continente, di cambiare più volte identità, di sfuggire al rimpatrio perché il suo Paese d’origine non lo aveva voluto. Nella vicenda di Amri ci sono altri aspetti per lo meno singolari. Sul Tir della strage di Berlino sono stati trovati (dimenticati a bella posta?) dei documenti che hanno permesso di identificare l’assassino in pochi minuti. Nello zainetto che indossava a Sesto S. Giovanni, il terrorista aveva conservato i biglietti del treno che lo aveva portato in Italia, come se fosse un viaggiatore di commercio che deve chiedere il rimborso. Poi, ecco comparire un video in cui Amri copre di insulti i crociati. Non sembra tutto troppo facile? Dopo, però, non prima dell’evento.

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E’ grave che siano stati diffusi i nomi dei due agenti che hanno fermato ed ucciso Anis Amri. Probabilmente era inevitabile in una società in cui tutto finisce sulla rete. Ma un po’ più di prudenza sarebbe stata opportuna. Meno selfie, meno riprese televisive dell’agente ferito, meno pubblicità, meno social. Il rischio cui sono sottoposti i due valorosi agenti adesso è molto serio. Ora stanno su di una scena illuminata, mentre i loro potenziali attentatori sono nascosti nel buio da cui possono uscire all’improvviso. E’ strano, poi, che il ministro Marco Minniti, una personalità di grande esperienza che ha avuto a che fare con i Servizi segreti fin da ragazzino, abbia fornito i nomi dei due poliziotti addirittura in conferenza stampa.

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A dire il vero le dichiarazioni di Minniti ci sono sembrate ben più gravi, e passibili di conseguenze, di quelle che hanno messo nei guai il ministro Poletti.

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Il ministro dello Sport Luca Lotti, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio del governo Renzi, risulterebbe indagato dalla procura  di Roma insieme al Comandante Generale dei Carabinieri Tullio Del Sette e al Comandante dei Carabinieri della regione Toscana Emanuele Saltalamacchia – come ha scritto Il Fatto quotidiano –  per la fuga di notizie sull’inchiesta della procura di Napoli sugli appalti Consip. La magistratura sospetterebbe – secondo il giornale romano – a suo carico i reati di favoreggiamento e rivelazione di segreto d’ufficio. La fuga di notizie avrebbe infatti consentito la bonifica ambientale degli uffici dei vertici Consip dalle cimici fatte mettere dai magistrati nella sede nazionale di via Isonzo a Roma. Motivo per cui i pm napoletani titolari dell’inchiesta su Consip Henry John Woodkock, Celeste Parrano, Enrica Parascano hanno trasmesso per competenza le carte sulla fuga di notizie alla Procura di Roma guidata da Giuseppe Pignatone.

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Penso che sia venuto il momento di riservare a queste notizie, ormai quotidiane, lo stesso interesse che di solito viene dedicato all’oroscopo o alle previsioni del tempo. Soprattutto quando riguardano la procura di Napoli.

Marco Minniti

Cosa penso della sortita di Marco Minniti sui nomi dei poliziotti che hanno ucciso Anis Amri

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