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È ormai sempre più evidente che ci troviamo di fronte a due modelli di sindacato. E mai come in questi ultimi tempi si allarga la divaricazione e la distanza tra i vari attori in campo. Per semplificare, e senza alcun spirito polemico, da un lato abbiamo un sindacato squisitamente politico e partitico che ormai fa della battaglia politica frontale contro un nemico ideologico giurato la sua stessa ragion d’essere. Al punto che non si capisce bene chi detta l’agenda a chi.

E cioè, per entrare nello specifico, se la Cgil di Landini alla coalizione delle sinistre guidata dal Pd o se è l’alleanza delle sinistre unite ad imporlo al sindacato. Comunque sia, si tratta ormai della stessa cosa. Dalla politica dell’immigrazione alla lotta contro un virtuale fascismo e regime dittatoriale; dalla inesistente mancanza delle libertà democratiche alla manovra finanziaria; dal rapporto fra giustizia e politica alla riforma istituzionale; dal progetto dell’autonomia differenziata alle politiche del lavoro. Insomma, c’è una perfetta, organica e strutturale identificazione tra la Cgil di Landini e il neo “Fronte popolare” nel nostro Paese. Ovvero, l’alleanza tra la sinistra radicale e massimalista di Schlein con la sinistra populista e demagogica dei 5 Stelle e con quella fondamentalista ed estremista del trio Fratoianni/Bonelli/Salis.

Siamo molto oltre, decisamente molto oltre, rispetto alla concezione del sindacato inteso come “cinghia di trasmissione” con il partito. Ossia, la concreta esperienza che ha caratterizzato per molti anni il rapporto e il raccordo tra il vecchio Pci e la Cgil. Anche se, va detto con forza e determinazione, la statura, la personalità e lo stile di un Luciano Lama erano molto più liberi, autonomi e competitivi rispetto alla intera politica che non allo stile platealmente fazioso e settario dell’attuale Cgil. Al punto che viene da chiedersi a che cosa serve un sindacato dove ormai si conoscono le mosse politiche e partitiche a prescindere. Perché sono sempre e solo schierate sullo stesso schieramento politico.

Per fortuna, e lo dico soprattutto per la qualità e la credibilità della nostra democrazia, esiste un sindacato coma la Cisl che fa dall’autonomia dalla politica la sua carta identità indiscussa ed indiscutibile. Al punto che tocca puntualmente alla Cisl entrare nel merito delle questioni che, di volta in volta, si presentano all’attenzione del sindacato e delle forze sociali. E, non a caso, parte proprio dalla Cisl la maggiore attenzione ai vari provvedimenti che interessano i lavoratori e di tutti coloro che sono riconducibili all’universo del mondo del lavoro.

Accendendo i fari sul merito dei provvedimenti senza soffermarsi sulle pregiudiziali ideologiche, politiche e partitiche che ormai fanno parte del concreto e tangibile comportamento della Cgil e della intera sinistra sindacale e politica. Del resto, è la Cisl che storicamente ha fatto dell’autonomia dalla politica e della sola concentrazione sul merito delle questioni le due regole fondamentali e decisive del suo concreto atteggiamento. Dalla dalla sua fondazione, avvenuta nel 1950, in poi. Da Pastore a Storti, da Macario a Carniti, da Marini a D’Antoni, da Pezzotta a Bonanni alla Furlan per arrivare sino alla segreteria di Luigi Sbarra la linea di fondo della Cisl non è mai cambiata. Fedele non ad un dogma ma, al contrario, ad un principio che ha reso la Cisl un sindacato credibile, serio, trasparente e soprattutto un interlocutore scevro da qualsiasi pregiudizio o pregiudiziale. Ideologico o politico che sia non fa alcuna differenza.

Ecco perché, se si vuole far sì che il sindacato conservi intatto il suo ruolo e la sua funzione nella società contemporanea, è sempre più necessario e indispensabile che recuperi sino in fondo la sua autonomia e la sua libertà dalla politica e dai partiti. E, su questo versante, la Cisl continua a svolgere, ieri come oggi, ancora un ruolo fondamentale e decisivo.

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Se si vuole far sì che il sindacato conservi intatto il suo ruolo e la sua funzione nella società contemporanea, è sempre più necessario e indispensabile che recuperi sino in fondo la sua autonomia e la sua libertà dalla politica e dai partiti. L’intervento di Giorgio Merlo

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