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Sale a 2,1 miliardi di dollari l’importo incassato dall’Eni per la cessione delle quote del giacimento petrolifero super-giant di Zohr, in Egitto. Ai 525 milioni di dollari del 10% ceduto a fine novembre a BP, si sono infatti aggiunti ieri altri 1,575 miliardi di dollari che Rosneft dovrà versare alla compagnia italiana per il 30% della concessione Shorouk, nella quale si trova Zohr. Come per BP, anche per Rosneft nel conto rientrano sia il corrispettivo per l’acquisizione della quota (1,125 miliardi di dollari) che il rimborso degli investimenti già effettuati, pari attualmente a 450 milioni di dollari. Entrambi i gruppi hanno una prelazione per acquisire un altro 5% della concessione offshore del Cane a sei zampe. Ai valori attuali una quota del 5% varrebbe 187,5 milioni di dollari. In caso di esercizio di entrambe le opzioni, perciò, Eni incasserebbe altri 375 milioni di dollari, più un ulteriore rimborso degli investimenti che si può stimare in altri 150 milioni di dollari (75 milioni a testa per BP e Rosneft).

A questo punto si possono dunque ipotizzare anche quelli che saranno i pesi futuri e probabilmente definitivi del consorzio che porterà alla produzione il giacimento super-giant di Zohr: Eni operatore con il 50%, Rosneft col 35% e BP col 15%. Ma il conto da fare è anche un altro. Con le doppie cessioni in Egitto e quella del 2012 in Mozambico ai cinesi di Cnpc, il dual exploration model adottato da Eni ha generato un incasso di 6,3 miliardi di dollari per il gruppo guidato dall’amministratore delegato Claudio Descalzi, introito destinato a salire ulteriormente per effetto sia della cessione di un altro 10% di Zohr a BP e Rosneft sia della probabile vendita di un’altra quota dell’area 4 in Mozambico. Il dual exploration model prevede la cessione di partecipazioni in giacimenti con riserve certe, mantenendo però il ruolo di operatore, in modo da garantirsi incassi sicuri e coprire gli investimenti necessari per condurli alla fase di produzione e commercializzazione. Nel caso di Zohr gli investimenti complessivi sono stimati in circa 5 miliardi di dollari.

Il completamento della transazione annunciata ieri è subordinato al rispetto di alcune condizioni standard, tra cui l’ottenimento di tutte le autorizzazioni necessarie da parte delle autorità egiziane. Secondo il mercato, sia BP che Rosneft non aspetteranno molto tempo per esercitare le opzioni: l’ipotesi è che si portino rispettivamente al 15 e al 35% della concessione entro il prossimo anno.

Il giacimento a gas di Zohr è stato scoperto da Eni nell’agosto del 2015 ed è il più grande giacimento di gas naturale mai scoperto nel Mediterraneo, con un potenziale complessivo di 850 miliardi di metri cubi di gas in posto. A febbraio di quest’anno era stato completato l’iter autorizzativo per lo sviluppo del giacimento, mentre il primo gas è previsto entro la fine del 2017. Eni è presente in Egitto dal 1954, dove opera attraverso Ieoc Production. La produzione equity nel 2015 è stata di circa 200 mila barili di olio equivalente al giorno.

Sul fronte borsistico c’è da segnalare che, spinto anche dal rialzo del prezzo del petrolio, a Piazza Affari ieri il titolo Eni ha terminato le contrattazioni in rialzo del 3,7% a 14,78 euro per azione.

Intanto Moody’s ha confermato il rating di Baa1, con outlook stabile, sul debito della compagnia petrolifera di San Donato Milanese. «La nostra decisione», ha spiegato Elena Nadtotchi, vicepresidente di Moody’s e senior credit officer dell’agenzia di rating, «riflette le potenzialità di crescita del gruppo nell’upstream e il miglioramento del flusso di cassa, dovuto sia ai bassi costi di produzione sia al rialzo dei prezzi del petrolio».

(Articolo pubblicato su Mf/Milano Finanza)

eni, zhor Claudio Descalzi

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