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La riunione dei ministri dell’Energia dei Paesi del G7, a Roma il 10 aprile, rappresenta un’opportunità per la presidenza di turno italiana per inserire nell’agenda dei Grandi del mondo alcuni temi chiave in materia di energia e clima.

L’Italia, infatti, è sì un grande importatore, fortemente dipendente dalle forniture estere di idrocarburi, ma è anche uno dei Paesi meglio posizionati per cogliere le opportunità e affrontare le sfide della transizione energetica attualmente in corso. Energia e clima saranno anche al centro delle discussioni tra i Capi di Stato al vertice di Taormina il 26-27 maggio e a seguire i ministri dell’ambiente si riuniranno l’11-12 giugno a Bologna per la ministeriale Ambiente per approfondire i temi legati al clima e all’Agenda 2030.

Non si tratterà tuttavia di un’impresa facile: le incognite legate alle posizioni della presidenza Donald Trump sul clima, in particolare, rischiano di produrre un accordo al ribasso.

SALVATE L’ACCORDO DI PARIGI

Da più fonti, anche basate nella stessa Washington, appare abbastanza evidente che nella nuova Amministrazione americana regni ancora uno stato di incertezza su come approcciarsi, in ambito internazionale, ai temi dell’energia e del clima. Quel che è certo, è che difficilmente la Casa Bianca si presenterà ambiziosa e propositiva sul dossier cambiamento climatico e politiche di decarbonizzazione.

E allora, in queste condizioni, riaffermare l’impegno nei confronti dell’Accordo di Parigi da parte del blocco G7 rappresenta l’obiettivo primario per la presidenza italiana, che vorrebbe evitare un’eventuale scissione tra i Grandi su un tema di questa portata.

Per rendere il boccone Parigi più appetibile (o, perlomeno, non indigesto) alla Casa Bianca, sarà necessario sottolineare le potenzialità economiche e occupazionali legate al processo di decarbonizzazione. Quello green è effettivamente un settore che può fare da volano alle balbettanti economie dei Paesi G7, che altrimenti rischiano di perdere la sfida dell’innovazione tecnologica lanciata dalla Cina, e di trovarsi alle spalle di Pechino nell’affrontare una transizione energetica ormai incontrovertibile.

L’Africa, alla quale la presidenza italiana dedica particolare attenzione, è un banco di prova fondamentale in questo senso. Il continente, infatti, non soltanto necessita degli sforzi della comunità internazionale per garantire un accesso universale all’energia sostenibile, ma è anche un mercato di sbocco eccezionale per l’industria low-carbon dei Paesi G7.

SICUREZZA, MINIMO COMUNE DENOMINATORE 

Come nel 2014, quello della sicurezza degli approvvigionamenti energetici sarà un tema prioritario della ministeriale Energia per cementare l’intesa tra i membri del gruppo. Proprio con la sospensione della partecipazione della Russia in seguito ai fatti in Crimea, il format ha perso un importante interlocutore energetico, che tuttavia rimane un fornitore chiave per quattro dei sette Paesi seduti al tavolo: Germania, Italia, Francia e Giappone.

Le questioni controverse in seno al G7, ad ogni modo, non mancano. A partire dall’approccio nei confronti di Mosca della nuova Amministrazione americana, che potrebbe rivelarsi meno intransigente rispetto al passato anche in materia energetica. Questo potrebbe avere implicazioni sia sulla realizzazione del gasdotto Nord Stream 2 (contro il quale si era chiaramente schierata la presidenza Obama), ma anche sul futuro del Corridoio Sud (a supporto del quale Washington, invece, in passato ha speso parecchio capitale politico nella regione).

Sicuramente si parlerà di gas naturale liquefatto (Lng), e soprattutto del rafforzamento della cooperazione tra i due Paesi produttori del gruppo – Stati Uniti e Canada – e gli altri membri. L’intenzione di Trump di spingere sullo sviluppo delle risorse energetiche nazionali implica inevitabilmente la necessità di trovare mercati di sbocco sicuri per le proprie esportazioni.

Lo stesso vale per il Canada, le cui ambizioni di diventare un esportatore globale di Lng sono state frustrate dal crollo dei prezzi del gas naturale e – giocoforza – degli investimenti internazionali. I Paesi europei e il Giappone, qualora i segnali di prezzo siano favorevoli, hanno tutto l’interesse a farsi trovare in prima fila.

Altri temi includono l’integrazione delle fonti rinnovabili nel sistema energetico, un rinnovato impulso all’efficienza energetica, ricerca e innovazione, un’attenzione particolare all’occupazione nel settore dell’energia e alla mobilità sostenibile.

IL MEDITERRANEO GRANDE ASSENTE

Nonostante il focus sull’Africa sia un ottimo elemento introdotto nell’agenda del G7, dalla presidenza italiana ci si sarebbe potuta aspettare maggiore attenzione nei confronti del Mediterraneo. Se è vero che i paesi del Maghreb fanno ovviamente parte del continente africano, appare chiaro che l’attenzione della ministeriale sarà proiettata principalmente sulla regione sub-sahariana.

Questa scelta potrebbe rivelarsi miope, poiché il Mediterraneo non è soltanto un’area chiave per la sicurezza degli approvvigionamenti energetici (in primo luogo dell’Italia), ma è anche un’area dove l’eventuale fallimento della transizione energetica e dell’adattamento ai cambiamenti climatici determinerebbe l’acuirsi di turbolenze sociali e politiche, e in ultima istanza della minaccia alla sicurezza dell’area europea nel suo intero. E mentre le presenze russa e cinese si fanno sempre più significative nel bacino, appare strano che un G7 a guida italiana non si faccia promotore di iniziative specifiche legate al futuro dell’energia e del clima nell’area.

Passando dalla dimensione regionale mediterranea a una prospettiva più globale, un tema che andrebbe probabilmente affrontato con maggiore risolutezza dal G7 è quello della governance multilaterale delle politiche energetiche e climatiche. Come dimostrato da tutte le proiezioni e gli scenari futuri, la domanda energetica dei Paesi industrializzati è destinata a rimanere costante e declinare se si vogliono raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi mentre le loro emissioni di CO2 rappresenteranno una percentuale sempre minore del totale globale.

Alla luce di queste dinamiche, appare quantomai necessario, all’interno del gruppo G7, allargare la riflessione su come includere altri attori chiave nei processi di governance globale, pena il rischio di fallimento delle politiche energetiche e climatiche globali, ma anche la perdita di rilevanza dei Paesi G7 su questi temi.

Nicolò Sartori è responsabile di ricerca e coordinatore del Programma Energia dello IAI.

(Articolo pubblicato su affarinternazionali.it)

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