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“In centro Italia la sequenza dei terremoti potrebbe continuare ancora per vari anni”. Parola di Fabio Pallotta, geologo dell’Università di Camerino.

Pallotta, come fa a dirlo?

Lo dico basandomi su dati statistici. Noi abbiamo la fortuna di poter contare sugli archivi storici del Vaticano. Da questi documenti risulta che nel corso dei secoli si sono verificati lungo la spina dorsale dell’Appennino, che noi chiamiamo i monti di San Francesco, due periodi sismici distruttivi. Il primo fra il 1300 e il 1350, il secondo fra il 1702 e il 1749, con picchi devastanti registrati fra il 1702 e il 1706, quando scosse di magnitudo superiori a 6 sconvolsero l’Appennino centrale fra Marche, Umbria e Abruzzo. In quell’occasione Ascoli rimase intatta e da allora il santo della città, Sant’Emidio, è il protettore dai terremoti .

E quale relazione c’è coi terremoti attuali?

Dal 1750 in poi non è successo niente di grave. Allora i dati storici ci fanno capire che l’energia si accumula nell’arco di circa 300 anni e poi si scarica in circa 50 anni. Noi siamo nel pieno di una lunga fase sismica, che è cominciata con il terremoto di Norcia nel 1971.

Cos’altro si ricava dai documenti vaticani?

Le autorità ecclesiastiche ci hanno lasciato l’annotazione dei danni, le chiese distrutte, gli edifici da ricostruire. E dall’entità di quelle devastazioni apprendiamo che anche allora si trattò di terremoti spaventosi con magnitudo attorno ai 6,5. Il fenomeno iniziò a Norcia, passò all’Aquila, investì Camerino, di nuovo L’Aquila, ancora Norcia, Gualdo Tadino, insomma più o meno la stessa sequenza di adesso.

E studiando questa sequenza è possibile capire a chi tocca dopo?

Sappiamo benissimo dove si scateneranno i terremoti. Sappiamo dove e anche come, cioè quanto sarà distruttivo il sisma. Ma non riusciamo a stabilire quando. Tuttavia il quando ha importanza relativa se teniamo conto del dove. Voglio dire che sapendo con certezza il luogo che verrà colpito bisognerebbe evitare di costruirvi.

Voi geologi sapete dove colpirà il terremoto?

I nostri studi, con l’aiuto dell’occhio dei satelliti, ci hanno permesso di individuare sul terreno i segni precisi delle faglie attive in un’area di 3 mila chilometri quadrati.

Schermata 2017-01-18 alle 11.41.38

E Montereale, dove è avvenuto ora il terremoto, è compreso nella vostra mappa sismica?

Sì. Oltre a quella di Montereale, abbiamo tracciato le faglie sismogenetiche di tutti gli altri centri a rischio. Per ogni faglia abbiamo calcolato la lunghezza e la magnitudine massima necessaria per muoverla. Cioè l’intensità con cui si manifesterà il terremoto. Più la faglia è lunga e profonda e più sarà distruttiva l’energia che verrà sviluppata. Se guardiamo la mappa da noi realizzata vedremo che per le scosse di Colfiorito, Amatrice, Montereale e così via avevamo previsto esattamente l’intensità con cui si sarebbe scatenato il sisma.

Studi analoghi vengono compiuti in California per la faglia di Sant’Andrea.

Lì però riescono a fare perforazioni fino a 10 chilometri di profondità per capire i movimenti del terreno. Noi non abbiamo i mezzi. In Italia non contiamo nulla. Nella Commissione creata da Errani non c’è neanche un geologo.

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