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Egoismo. Il presidente del Consiglio dimissionario almeno è coerente. Matteo Renzi ha immaginato tutta la sua esperienza di governo come lo spot di una celebre compagnia assicurativa. Tutto intorno a lui.

La riforma della Costituzione, dunque, non come frutto di un lavoro condiviso dalla maggioranza del Parlamento, ma come un sigillo al suo regno.

Tutto è stato una infinita e costosa ricerca di conferma di legittimità come se il voto di fiducia ricevuto all’inizio del suo mandato non fosse sufficiente. Con lo stesso egoismo, pur non senza sofferenza, dice che ha perso e che passerà il testimone a qualcun altro. Il tutto per un referendum per il quale gli italiani sono stati chiamati come se fosse in palio la scelta fra Repubblica e Monarchia, o la sopravvivenza dell’esecutivo. E solo con una certa connaturata baldanza si poteva pensare di poter vincere contro partiti in ascesa e con una base compatta anti premier, come il Movimento di Grillo e la Lega di Salvini, ai quali si è aggiunta anche Forza Italia di Berlusconi. Quindi la sconfitta non poteva essere ritenuta un’eventualità secondaria.

I toni della campagna elettorale e persino il numero dei votanti non sono un bel risultato di cui vantarsi. Ed il voler lasciare il capo dello Stato, Sergio Mattarella, solo nello sbrogliare la matassa ingarbugliatasi a Palazzo Chigi lascia qualche stupore. Il presidente ha spiegato che lui non è come gli altri. Pensa che può fare come con le primarie del Pd: buone la seconda volta. Tutto legittimo e persino ammirabile sul piano della fredda analisi. Ma non c’erano alternative? Si poteva dire: “Scusate, ho perso. Ma c’è un paese da governare. Non scappo. Torno alle Camere per avere la fiducia ed accompagnare il Paese alle urne garantendo la stabilità. Ovviamente, non sarò candidato alle prossime elezioni”.

Ma Renzi ha scelto diversamente. Peccato che in ballo non è la carriera del sindaco di Firenze ma il destino del capo del governo di un Paese fondatore dell’Europa e membro di quel G7 di cui assumerà la presidenza fra poche settimane. La narrativa di uno ha fatto e ancora fa leva sulle sorti del Paese.

Tanti che avevano e hanno a cuore l’Italia hanno votato sì per evitare situazioni di caos. Vedremo quel che accadrà anche se la saggezza di Mattarella sarà particolarmente utile in questo momento difficile. Fa rabbia che l’ordalia della vanità faccia un falò così del genere. Il Paese non ne aveva bisogno e forse non a torto ha rifiutato il ricatto.

Matteo Renzi, il referendum e il falò della vanità

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