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La proposta di una Strategia Nazionale per le Life Sciences ha assunto un rilievo notevole in seguito ai cambiamenti globali registrati negli ultimi anni. Marzo 2020 è una data cruciale che segna un cambiamento epocale. Facciamo un passo indietro: mentre la Cina era in lockdown e l’Italia si apprestava ad affrontare una situazione analoga, l’allora amministrazione americana tentò di acquisire in esclusiva i diritti sul vaccino contro il Covid-19 in preparazione da parte di CureVac, una società tedesca. La risposta del governo tedesco fu decisa: sotto la guida della Cancelliera Angela Merkel, il governo tedesco bloccò gli americani e finanziò pesantemente CureVac per garantire che rimanesse sotto controllo nazionale. Questo episodio segna un momento di svolta: un settore che era già di vitale importanza scala e diventa un settore strategico al pari dell’energia o della difesa. Da quel momento, il nostro mondo è cambiato in modo profondo e irreversibile. Gli eventi successivi, i potenti investimenti pubblici per la corsa al vaccino, hanno solo confermato la portata di questa trasformazione, segnando l’inizio di una nuova era.

STRATEGIA: PRIORITÀ NAZIONALE

Ed è per questo che oggi possiamo discutere di una Strategia Nazionale. Se avessimo sollevato questo tema anni fa, probabilmente avrebbe suscitato scarso interesse. Oggi, invece, si tratta di una priorità a livello nazionale. Ma è necessario delineare alcuni punti fondamentali. In primo luogo, è indispensabile che i governi, la politica diano una direzione decisa, una “direction”. Occorre, innanzitutto individuare le patologie di interesse nazionale, ovvero i cosiddetti ‘big killer’. Occorre poi individuare le biotecnologie emergenti che possono avere un impatto su queste patologie – come le terapie cellulari, le terapie geniche e l’editing genetico. Poi, concentrarsi sulle imprese che sviluppano queste biotecnologie con target le patologie di interesse nazionale e definire una polita specifica di supporto. Un esempio al quale rifarsi arriva dall’esperienza statunitense che ha visto l’istituzione recente di due agenzie – la National Security Commission on Emerging Biotechnology e l’Advanced Research Projects Agency for Health (ARPA-H); la DARPA, d acui è nata ARAPA-H già prima della pandemia aveva finanziato la tecnologia di Moderna, scelta rivelatasi estremamente lungimirante con l’arrivo del Covid-19.

INVERTIRE LA TENDENZA

Per sostenere le aziende italiane che sviluppano biotecnologie emergenti, dobbiamo in primis assicurarci di sviluppare la scienza emergente che abbiamo in casa, nelle università e nei centri di ricerca. Obiettivo, creare un asset strategici per il Paese. È impresentabile, però, che oggi il 90% dei brevetti italiani venga poi sviluppato all’estero. Occorre invertire questa tendenza e attuare un cambiamento rivoluzionario mantenendo in Italia gli asset di impatto. Per questo sono state istituite alcune agenzie governative dedicate all’innovazione e agli investimenti nelle imprese. Tra queste, CDP Venture Capital ha recentemente presentato il proprio Piano nazionale, individuando le Scienze della vita come uno dei settori strategici. Un’altra agenzia è Enea Tech and Biomedical, creata in risposta alla pandemia sul modello della Defense Advanced Research Projects Agency (Darpa) americana per finanziare proprio le tecnologie emergenti di interesse nazionale. Iniziative, queste, che avranno un grande impatto sulla salute dei cittadini, sulla qualità della vita delle persone e sull’economia, contribuendo a rendere il nostro Paese una Nazione tra i leader.

VENTURE CAPITAL

Nei Paesi leader a livello mondiale, come gli Stati Uniti, Israele, Francia e Inghilterra, il venture capital funziona in maniera estremamente efficace. Tuttavia, nei Paesi follower, come l’Italia, è fondamentale una strategia diversa che consenta di sviluppare nuove tecnologie, evitandone il trasferimento all’estero, e di mantenere in Italia talenti e know-how.

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