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Come direbbe Oscar Wilde, la proposta di introdurre anche in Italia una tassa fissa (flat tax) nella Legge di bilancio 2017 è “utile, ma non seria”. Forse fornirà un gettito allo Stato, ma creerà una serie di problemi applicativi, oltre a peggiorare le basi dell’eguaglianza sociale, un tema che ogni giorno accende il dibattito della politica. Spero quindi che il Parlamento la respinga.

In Europa la flat tax è già vigente in alcuni Paesi (ad esempio, Spagna e Regno Unito) come riflesso della mancata approvazione di uno dei fondamenti di buon funzionamento di un mercato che si dichiara unico e di una società con pretese d’essere civile: un’imposizione fiscale uguale per tutti. Fu Mario Monti, nella sua prima esperienza di commissario europeo che provò a farlo ma, non riuscendoci, giustificò il fallimento cambiando filosofia: dall’armonizzazione fiscale tra i Paesi-membri dell’Ue passò a sostenere la concorrenza fiscale che, nelle sue valutazioni, avrebbe comportato una riduzione della pressione tributaria. Ciò è avvenuto in modo divergente.

Alcuni Paesi, come l’Irlanda, hanno praticato tasse così basse da rompere l’unità del mercato unico e causando distorsioni alla distribuzione del lavoro europeo; altri, come l’Italia, le hanno aumentate, non di rado per ottemperare agli obblighi di tenere i deficit pubblici entro i limiti previsti dal Trattato di Maastricht e successivi. I risultati di queste discriminazioni fiscali sono riflessi nel diverso tasso di disoccupazione dei Paesi europei e nel peggioramento della distribuzione del reddito tra categorie sociali che stanno portando alla fine dell’Unione europea.

Il francese Thomas Piketty ha dato nuovamente fuoco alle polveri, accusando però il mercato e non i Parlamenti, che sono i veri responsabili, d’avere permesso un peggioramento della distribuzione dei redditi e della ricchezza. I portavoce del governo italiano si sono affrettati a dire che il provvedimento proposto riguarda emiri, calciatori e artisti, ossia le categorie che sfuggono al fisco e peggiorano l’iniquità della distribuzione del reddito; l’intento è altamente rispettabile, ma riflette l’incapacità dell’Agenzia delle entrate di assolvere al proprio dovere. Se invece l’intento fosse quello di catturare reddito maturato all’esterno, crediamo veramente che questi signori scelgano la residenza italiana per pagare meno tasse, quando possono farlo più facilmente e meglio senza essere “schedati” da noi, come è stato precisato si debba fare?

Altri problemi assilleranno l’applicazione. La cronaca ha già parlato di un nuovo condono poiché verranno dichiarati e tassati redditi di italiani mascherati da non residenti o stranieri che avevano guadagnato proventi in Italia. È pur vero che la proposta di legge pone alcune cautele, ma se lo scopo è incassare soldi converrà “chiudere un occhio”; in alternativa, la verifica della legittimità del ricorso alla flat tax richiederà impegno di personale pubblico, anche per la nascita di un inevitabile contenzioso. Siamo certi che il costo vale, come suol dirsi, la candela?

I precedenti condoni non paiono fornire una risposta positiva. Sarebbe decisamente meno costoso e assai più equo socialmente se la flat tax fosse introdotta per tutti i residenti, evitando di aggiungere ingiuste discriminazioni tra cittadini-cittadini e cittadini di complemento. L’altra grande incognita, che la proposta di legge non chiarisce, è se i neo-residenti godranno degli stessi benefici sociali riconosciuti ai “vecchi” residenti, in particolare quelli sanitari, ma non solo. Se così non fosse avremo cittadini di serie A e cittadini di serie B, proseguendo nella disgregazione in atto in Italia del principio che “la legge è uguale per tutti”.

Questa drammatica evoluzione è il risultato di un’Unione europea disunita, che ha nella tassazione una delle massime espressioni; da questa si deve partire, armonizzando l’imposizione e non concorrendo disordinatamente sul piano tributario. L’esultanza mostrata per l’Europa a più velocità da parte dei quattro grandi europei riuniti a Parigi (il Belgio che fine ha fatto?) indica che i problemi non verranno affrontati con l’intento di risolverli. Questo non è accettabile, perché l’Italia ha un sistema tributario confuso, ingiusto e ossessivo per il cittadino per permettersi il lusso di riconoscere come valida la concorrenza fiscale intraeuropea.

savona

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