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Corrado Passera rientra in gioco sul Monte dei Paschi di Siena. In una nota giunta la sera del 18 ottobre, dopo un consiglio di amministrazione durato otto ore, la banca senese ha fatto sapere che, “nel confermare la ferma intenzione di proseguire nell’attuazione dell’operazione di ricapitalizzazione e contestuale cessione delle sofferenze precedentemente comunicata al mercato, ha preso atto dell’aggiornamento da parte dell’amministratore delegato e degli advisor, in merito alla proposta non vincolante ricevuta dal Dr. Passera lo scorso 13 ottobre”. E ancora: “Il consiglio ha deciso di proseguire, subito dopo la presentazione del piano industriale, gli approfondimenti avviati, attraverso i propri advisor”.

I PRECEDENTI DI PASSERA A SIENA

Prima di tentare di interpretare i significati impliciti della nota, occorre fare un passo all’estate scorsa e in particolare alla fine del mese di luglio. E’ allora che l’ex amministratore delegato di Intesa Sanpaolo nonché ex ministro dello Sviluppo economico, insieme con Andrea Orcel di Ubs, mette a punto un piano per mettere in sicurezza l’istituto di Rocca Salimbeni, bocciato agli stress test europei. Il cda di allora, però, guidato dall’ad Fabrizio Viola, decide di non prendere nemmeno in considerazione il progetto dell’ex ministro del governo di Mario Monti e di andare avanti con quello, ritenuto alternativo, firmato dai consulenti di Jp Morgan e Mediobanca.

GRANDI CAMBIAMENTI AI VERTICI

Da allora, tuttavia, ai vertici di Mps si è registrato un cambiamento di quelli epocali: nel bel mezzo dell’attuazione del piano, l’ad Viola ha dato le dimissioni (c’è chi dice siano state sollecitate dal Tesoro, primo azionista singolo al 4%, con una perentoria telefonata del ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, per conto del premier Matteo Renzi) ed è stato sostituito con Marco Morelli (nella foto con Passera). Che tra l’altro ha lavorato con Passera, che lo volle a capo della Banca dei Territori, ai tempi in cui quest’ultimo era ad di Intesa. E’ da questo momento in poi che rientra in gioco l’ex ministro ed ex fondatore del partito Italia Unica, che però non ha riscosso un grande successo elettorale tanto che ha deciso di sciogliere il movimento incanalandolo di fatto verso il progetto di Stefano Parisi (come ricostruito qui da Formiche.net). La passione per la finanza e le banche, evidentemente, ha surclassato quella per la politica.

PERCHÉ ORA È IL MOMENTO GIUSTO

Sono almeno altre due le probabili ragioni per cui il piano di Passera è stato finalmente preso in considerazione del cda della banca. Innanzitutto, i consulenti sembrano brancolare nel buio sui nuovi investitori che dovrebbero entrare nell’azionariato con un aumento di capitale riservato, così da ridurre la maxi ricapitalizzazione da 5 miliardi che altrimenti graverebbe tutta sul mercato. Passera, invece, già dalla scorsa estate parlava di fondi americani pronti ad aprire il portafogli. Inoltre, il piano dell’ex ministro sembra comunque essere stato in parte modificato. Anche perché lo scenario è mutato: mentre a luglio Passera puntava di fatto a sostituire Viola, tanto che lo stesso ex ministro disse di auspicare una discontinuità al vertice dell’istituto, ora con un nuovo capo azienda l’ex numero uno di Poste e Intesa potrebbe ambire – come scritto ieri da Formiche.net – alla presidenza dell’istituto senese vista l’imminente uscita di Massimo Tononi dalla presidenza del Monte per le discrasie col ministero dell’Economia proprio per il ribaltone imposto al vertice di Mps con la defenestrazione di Viola. Ambienti renziani, però, bofonchiano: ma Passera dopo aver vomitato tutto il possibile sul governo Renzi come può assurgere a salvatore di Mps quando c’è già un piano di salvataggio e rilancio approvato dal governo?

LE MODIFICHE AL PIANO 

Per esempio, secondo quel che scrive Luca Gualtieri su Mf/Milano Finanza, ora “lo schema per deconsolidare gli npl (i crediti inesigibili) prevederebbe una bad bank alternativa alla cartolarizzazione con Atlante, mentre la conversione volontaria dei subordinati potrebbe non essere più necessaria”. Per cartolarizzazione, si intende la maxi cessione di sofferenze del valore originario di 27,7 miliardi cui da luglio sono al lavoro Jp Morgan e Mediobanca. Quest’operazione prevede principalmente una cartolarizzazione con garanzia statale Gacs e un acquisto di titoli da parte di Atlante, il fondo di sistema guidato da Alessandro Penati, l’economista turbo liberista prima critico delle fondazioni bancarie e delle operazioni sistemiche con presenza di società statali. Poi c’è il tema della conversione volontaria delle obbligazioni subordinate di Mps (circa 5 miliardi il valore complessivo, di cui circa la metà in mano a investitori retail). Il piano di Passera di luglio la prevedeva. Quello attuale, e lo riferiva anche il Corriere della Sera del 18 ottobre, probabilmente non più. Ad ogni modo, sembra evidente che il cda del Montepaschi sia diviso sulla proposta dell’ex ministro (da qui la lunga durata della riunione). Scrive Mf: “Da un lato preoccupa il carattere non vincolante della proposta in cui qualcuno vede un oggettivo rischio di esecuzione. Gli anchor investor raccolti da Passera avrebbero infatti condizionato il proprio intervento a un’approfondita due diligence che potrebbe durare un mese. C’è poi il rischio, particolarmente avvertito dagli advisor Jp Morgan, Mediobanca e Lazard, che la proposta possa mettere in discussione l’articolato piano di ristrutturazione presentato ai mercati il 29 luglio”.

I NUOVI INVESTITORI

E proprio qui si va a uno degli snodi principali del piano di Passera: i fondi americani che dovrebbero entrare nel capitale senese e consentire in questo modo di ridurre l’ammontare dell’aumento di capitale fissato a un massimo di 5 miliardi. Chi sono? Scrive Marco Ferrando sul Sole 24 ore: “Passera disporrebbe di una lettera d’intenti di alcuni investitori istituzionali – l’unico per ora noto è il fondo Atlas di Bob Diamond – per un ammontare di circa 2,5 miliardi; un altro miliardo sarebbe previsto come aumento in opzione ai soci attuali, mentre non si prevederebbe alcuna conversione dei bond”. A differenza di Mf, Il Sole 24 ore ritiene che l’ex ministro sia ancora intenzionato a procedere con la super cartolarizzazione delle sofferenze, ma “per un importo superiore – 32 miliardi anziché 27,7 – e soprattutto in una fase immediatamente successiva, e non contestuale, all’aumento. In questo modo, secondo lo schema Passera, le quote (cioè la tranche junior dei titoli cartolarizzati) dell’Spv (il veicolo che gestirà la cartolarizzazione dei titoli) finirebbero a tutti i nuovi azionisti del Monte, e non a quelli attuali”.

I RAPPORTI ALTALENANTI CON JP MORGAN

E poi c’è un ultimo tema importante: i rapporti tra Passera e Jp Morgan. L’estate scorsa si racconta che il piano dell’ex ministro fosse stato bloccato anche per volere di Vittorio Grilli, inquilino del Tesoro ai tempi del governo Monti e quindi ex “collega” di Passera, e oggi presidente del Corporate & Investment Bank per l’area Europa, Medio Oriente e Africa di Jp Morgan (qui un articolo di ricostruzione e indiscrezioni sul ruolo di Grilli nel dossier Mps). Chissà che forse Morelli, che in passato ha lavorato con Passera in Intesa, non abbia fatto da paciere. Quel che è certo è che Mps, nel comunicato di martedì sera, ha tenuto a sottolineare che una eventuale valutazione del progetto dell’ex ministro sarà effettuata in sintonia con gli attuali consulenti (“Il consiglio ha deciso di proseguire, subito dopo la presentazione del piano industriale, gli approfondimenti avviati, attraverso i propri advisors”). E dunque si dovrà per forza trovare la quadra con Jp Morgan, il cui piano però da tempo presenta pesanti incognite.

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