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So che parlare ancora della rinuncia al sostegno alle Olimpiadi da parte del Comune di Roma susciterà per lo più sbadigli di noia, visto che se n’è parlato fino ai dettagli sub atomici. Tuttavia, il no alle Olimpiadi è lo spunto per considerazioni di altro tipo, che discendono dalla non elegantissima (diciamo così) “rivalsa” che il Coni vorrebbe ottenere, denunciando il Comune e, in particolare, il sindaco (non è un errore di digitazione) Virginia Raggi alla Corte dei conti, per danno erariale.

Il danno consisterebbe nella privazione di utilità dei 15 milioni già spesi dal comitato di promozione delle Olimpiadi. Senza entrare nel dettaglio della complessa normativa sulla responsabilità erariale, capirà bene, caro Titolare, che la teoria secondo la quale dovrebbe rispondere per danno erariale non il soggetto che i soldi li ha spesi per un progetto aleatorio, visto che non v’era alcuna certezza dell’assegnazione definitiva delle Olimpiadi a Roma, bensì un soggetto che ha posto termine a questa spesa incerta (fin qui 15 milioni), di per sé appare assai singolare. Proprio per non perdersi nei dettagli sulla possibile fondatezza di simile azione, ciò che lascia pensare sono alcuni spunti.

Primo: come si nota, per il semplice fatto che una città si candidi alle Olimpiadi, senza nemmeno avere la sicurezza di essere scelta dal comitato olimpico internazionale, occorre costituire una macchina di spesa pubblica: il già citato comitato promotore, che, come tale, promuove in giro per il mondo, tra viaggi, cene, manifestazioni ed altro. Considerando che tali spese sono per loro natura incerte, visto che non può essere stabilito a priori quale città candidata sarà scelta, delle due l’una: o il danno erariale deriva già dalla semplice candidatura ad esito ignoto; o nessun danno erariale può essere connesso ad una procedura di spesa di per sé a rischio, sia che tale procedura di spesa si interrompa con l’esito finale, sia che si interrompa prima, per rinuncia in corso d’opera.

Secondo: in Italia si sta ponendo, ormai da troppo tempo, un problema molto serio sulle funzioni di controllo, in particolare discendente da utilizzi strumentali degli organismi addetti. La Corte dei conti, ad esempio, non pare possa accettare di essere chiamata in causa dal Coni come arma a voler essere generosi di “persuasione” per la Raggi a rivedere il suo no. Ma a tirare per la giacchetta organi di controllo non è soltanto il Coni. Il sindaco Raggi, come noto, non si è certo sottratta dal rivolgersi all’Anac, per farsi dire da questa se l’incarico al capo di gabinetto era regolare o meno; né l’Anac si è tirata indietro nel pronunciarsi in merito. Singolarmente, l’Autorità, sempre evocata come deus ex machina utile a risolvere ogni problema e questione, in questo caso ha ricevuto molti strali da parte degli oppositori del Movimento 5 Stelle, contrari all’iniziativa del sindaco; ma, gli oppositori di M5S sono le forze di Governo che esaltano sempre l’operato del presidente dell’Anac Cantone. No, stimato Titolare, in realtà non sempre: infatti quando l’Anac si è pronunciata altrettanto e forse più negativamente sui molti incarichi dirigenziali assegnati a piene mani dalla Rai, nessuno ha pensato di porre rimedio agli incarichi, ma al contrario si stanno cercando le vie giudiziali per contrastare le rilevazioni dell’authority e tenere fermi gli incarichi “sospetti”.

Ora, caro forse in un sistema organizzato e coerente, le funzioni di controllo e sanzionatorie dovrebbero essere assolutamente terze, asettiche, lontane da qualsiasi condizionamento. Non basta, allo scopo, lo status di indipendenza assicurato dalla Costituzione alla Corte dei conti o dalla legge ordinaria alle Autorità, se, poi, è possibile chiamare i giudici contabili a svolgere ruoli meta politici come i capi di gabinetto o se i componenti delle Authority sono di derivazione governativa. Non basta, perché poi possono accadere sconcertanti cortocircuiti istituzionali, come un ente pubblico qual è il Coni che affronta spese dall’esito incerto e reagisce contro un ente pubblico, ma di derivazione elettiva come un Comune espressosi contro l’iniziativa del Coni, sventolando la minaccia dell’azione verso la Corte dei conti, che, comunque, in qualche misura quello stesso Comune cerca di coinvolgere, sia pure indirettamente, nella propria azione di governo, dal momento che nella famosa “rosa” dei candidati al ruolo di assessore al bilancio figurano, come appare dalle cronache, anche magistrati contabili.

Sarebbe il caso che le regole d’ingaggio dei ruoli di ciascuno fossero fissati a priori e rigidamente determinate e che i controlli fossero realizzati prima e non dopo la spesa. Se quei 15 milioni spesi dal Coni risultano un danno perché il comune ritira la candidatura, si deve spiegare perché non è stato considerato un danno la somma spesa nel 2012, all’epoca della bocciatura alle Olimpiadi 2020 pronunciata dal premier Monti e perché non sarebbe danno l’ulteriore spesa in caso di fallimento della candidatura stessa. Queste domande dovrebbero avere una risposta prima che si avvii una candidatura, così come qualsiasi azione amministrativa dovrebbe avere regole chiare ed essere controllata in via preventiva e non solo a danno compiuto.

La Corte dei conti, l’Anac e qualsiasi altro organi di controllo non dovrebbero essere evocati a singhiozzo, per rappresaglia o per manovre colorabili come tattiche politiche. O no?

(Leggi l’articolo su phastidio.net)

Giovanni Malagò

Olimpiadi, perché si vuole creare un papocchio sulle spese del Coni?

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