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L’amministrazione Trump non ha sottoscritto l’accordo in ambito Onu, respingendo l’Agenda 2030, che favorisce la diffusione di aborto e gender. Nella 58° Commissione su “Popolazione e Sviluppo”, conclusasi venerdì 11 aprile scorso, i delegati si sono divisi su chi sostiene i diritti sessuali e riproduttivi, cioè aborto, sterilizzazione ecc. ecc. e chi li mette in discussione. Il documento conclusivo come tutti quelli delle Nazioni Unite parlava di “salute sessuale e riproduttiva”, avanzando tutta una serie di politiche contro la vita e la famiglia naturale, il controllo delle nascite, attraverso contraccezione, sterilizzazione e aborto e per l’affermazione di politiche a favore di Lgbt.

La bozza richiamava i governi ad adottare misure concrete per attuare pienamente il Programma d’Azione della Conferenza internazionale su “Popolazione e Sviluppo” tenutasi al Cairo nel settembre 1994, che segnò una svolta nella promozione delle politiche di controllo delle nascite, nonostante la resistenza della Santa Sede e di alcuni rappresentanti del governo italiano da poco insediatosi con il premier Silvio Berlusconi. A quella Conferenza partecipai anche io con la Senatrice Maria Elisabetta Alberti Casellati, già presidente del Senato ed attualmente ministro per le Riforme istituzionali.

Ora l’amministrazione Trump, come il Vaticano nel 1994, ha lanciato un messaggio forte contro «l’estremismo dell’ideologia di genere» aderendo invece nuovamente alla Dichiarazione di Consenso di Ginevra (Geneva Consensus Declaration), nella quale si afferma che «l’aborto non è un diritto internazionale» e che la famiglia è «l’unità naturale e fondamentale della società». Il governo degli Stati Uniti, inoltre, «respinge e denuncia l’Agenda 2030 per lo Sviluppo sostenibile perché nei suoi Obiettivi vengono fatte passare le tematiche del gender, dell’aborto e del catastrofismo climatico con le solite espressioni come “uguaglianza di genere”, “salute riproduttiva”, “sostenibilità ambientale”… Come al Cairo nel 1994, né più, né meno.

E posso affermare senza ombra di dubbio che la posizioni assunte ora da Trump sono le stesse che assunsero nel lontano 1994 la Santa Sede, la cui delegazione comprendeva Navarro Valls e Mons. Renato Martino, poi diventato cardinale. In quei tempi appariva profetico affrontare la questione demografica con forza, individuando senza alcun timore reverenziale e senza complessi di inferiorità le centrali antinataliste a livello mondiale: Usa (Al Gore ne era il rappresentante), Banca Mondiale, l’Organizzazione mondiale della sanità, la Fondazione Rockfeller ecc. ecc. Centrali potenti e ricchissime molto attive sullo scacchiere internazionale. Ricordo che Navarro si pose subito in aperta contestazione a queste lobby potenti e pervasive ed arrivò al punto di richiedere ufficialmente un resoconto dettagliato su come venissero spesi e distribuiti i soldi raccolti per i Paesi in via di sviluppo. All’inizio della Conferenza la posizione del Vaticano era molto isolata, alla fine decine di Paesi, compresi molti Stati islamici, condivisero le tesi vaticane. Fu una difesa ad oltranza della famiglia e non “delle famiglie”. Ed alla famiglia naturale bisognava riservare risorse per combattere la mortalità infantile, la mortalità delle donne, per l’educazione, mentre l’Onu ed altri organismi, invece, intendevano riservare tutti quei fondi alla cosiddetta “pianificazione sanitaria” alla “salute riproduttiva” ed alla “salute sessuale”.

In realtà quegli obiettivi erano il paravento per legalizzare a livello planetario, anche per le adolescenti, la pratica dell’aborto. Questa terminologia, questi termini ambigui formavano il contenuto centrale del documento proposto dall’Onu, nel quale venivano – secondo i nostri conteggi –  ripetute per oltre 100 volte cosi come nell’ultimo documento presentato la primavera scorsa e fatto bocciare da Trump. Ci accorgemmo al Cairo che per ottenere finanziamenti molti Paesi erano costretti a sposare questa linea criminale, antinatalista, praticamente imposta dai Paesi più ricchi a quelli più poveri: ti do i soldi per una diga o per una ferrovia solo se pratichi tanti aborti o distribuisci tanti vagoni di profilattici.

Erano tempi – che bei tempi! – che né il Vaticano né il governo italiano avevano paura di andare controcorrente e nemmeno di prendere posizioni nette, meno che meno si aveva paura delle parole: Navarro, portavoce della Santa Sede ma sopratutto del Papa Giovanni Paolo II, giocava a tutto campo, tessendo la rete di contatti con mezzo mondo, “marcando” e seguendo passo passo tutti i lavori della Conferenza; il Ministro Guidi ribadiva a nome del governo italiano il “no assoluto” alla legittimazione dell’aborto; chi vi parla presentò una mozione firmata da decine di senatori e fece dichiarazioni fortissime, arrivando a paragonare i demografi dell’Onu a quelli del Terzo Reich sulla scorta di un documento del 1941 della Germania nazista, che rintracciai, analogo a quello delle Nazioni Unite; 32 associazioni familiari italiane presentarono un documento al governo italiano per esprimere la propria contrarietà ad una “politica demografica di limitazione delle nascite ed alla mostruosa legalizzazione dell’aborto”; la rivista “Tracce” di Comunione e Liberazione, tra le varie pubblicazioni, pubblicava uno studio che smentiva tutti gli allarmismi e le posizioni dei demografi dell’Onu. Erano – quelle delle Nazioni Unite – notizie false, fake news, come quelle che si diffondono oggi sull’ambiente da parte dei catastrofisti di turno che fanno capo alle stesse, solite lobby.

Ma – evidentemente – il merito di quella tenuta delle posizioni, di quella vivacità, di quell’impegno non era nostro. Ma dell’intero governo dell’epoca che dava spazio ed ascolto alla componente cattolica che contava centinaia di parlamentari. Ed il mondo cattolico era così mobilitato – diciamo la verità – perché aveva alle spalle un Papa come Giovanni Paolo II, che ci dava forza ed entusiasmo e che sapeva scegliere i suoi collaboratori ed i suoi portavoce, molti dei quali erano uomini come Joaquin Navarro-Valls.

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