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L’energia e i modelli di approvvigionamento sono diventati temi centrali del confronto politico, anche grazie all’attenzione che si è concentrata su di essi grazie alla consultazione elettorale del 17 aprile. Da ogni parte si sta cercando di intervenire, portando ragioni alle varie tesi: ciò che manca è una visione complessiva della questione, un approccio lungimirante che vada oltre i temi contingenti. Ed è su questo che intendo spendere i miei ‘2 centesimi’: il problema energetico va affrontato dentro una cornice più ampia – di lungo respiro, appunto – ovvero diventi parte di un ‘Piano industriale italiano’.

Perché è dentro a un piano industriale che acquistano senso le parole dell’Ad di Eni Claudio Descalzi contenute in un’intervista alla Gazzetta del Mezzogiorno. Il numero uno del nostro colosso dell’oil&gas in sostanza definisce quali siano gli elementi centrali per il futuro del settore energetico italiano, confermando l’impegno di Eni a impiegare il 50% degli investimenti al sud. E una speranza: quello che molti, fra cui il sottoscritto: investimenti in Italia e crescita di un network di imprese che ruotino attorno all’attività energetica, allo scopo di gestire le attuali risorse fossili e allo stesso tempo realizzare la transizione dalle risorse energetiche fossili a quelle rinnovabili. Che non è un’idea originale per chi conosce la realtà dell’Emilia-Romagna, dove sono nate imprese di grande importanza legate all’oil&gas, nella meccanica industriale e nelle tecnologie avanzate che si sono affermate in tutto il mondo.

Il concetto espresso da Descalzi apre scenari affascinanti su come utilizzare le eccellenze esistenti. E una idea l’abbiamo in casa. La mia proposta è di trasformare il tessuto industriale legato all’oil&gas che opera lungo l’Adriatico nel laboratorio del futuro industriale italiano. Una palestra in cui allenare i nostri ‘muscoli’, che sono i lavoratori di un settore che è importante per il made in Italy quanto la moda e la Ferrari. È grazie al loro know how e al loro lavoro se il settore oil&gas italiano è uno di quelli più all’avanguardia nel mondo come la scoperta del giacimento egiziano di Zohr, di Eni insegna. E questa potenzialità può diventare un valore aggiunto per l’economia.

In sintesi, possiamo candidare tutto l’Adriatico con le sue 114 piattaforme come un vero e proprio “progetto d’area”, ovvero ‘la palestra d’esercizi attiva’ per definire quel progetto ecocompatibile ed energetico nazionale che modifichi il nostro sistema energetico. Un progetto che ci permetta di creare nuove figure professionali ‘green’, di bonificare e riconvertire le strutture di estrazione in piattaforme di green economy e in punti di produzione di energie alternative (eolico ma anche dal moto ondoso). Un progetto che veda la stretta relazione con il mondo universitario anche sul versante biologico marino per individuare aree protette per studiare i fenomeni marini.

Un piano investimenti nazionale che il Governo a mio parere dovrebbe mettere ai primi posti per assicurare lo sviluppo economico del sistema industriale italiano. E stando alle parole di Descalzi, Eni è già pronta per partecipare a questa strategia, anzi ha già iniziato a investire. Il nostro futuro energetico, vale la pena ricordarlo, è in ciò che sapremo progettare partendo da ciò che sappiamo già fare. Perché mai come oggi serve costruire una politica energetica italiana di transizione verso le rinnovabili – nell’ambito delle politiche UE – basata su un mix energetico tra gas metano made in Italy a km zero, lo sviluppo delle tecnologie di sfruttamento delle ‘energie pulite’ un impegno per incrementare l’efficienza energetica, un nuovo modello di decomissioning e lo studio e la tutela ambientale marina. È una sfida a cui non può sottrarsi nessuno, Governo, Regioni, Enti locali, e per la quale è indispensabile investire in ricerca, innovazione, formazione e istruzione in modo da fare crescere una nuova generazione di forza lavoro capace di affrontare il futuro. Un’idea di lavoro ce l’ho. Per cambiare occorre agire insieme.

Gianni Bessi

Ecco come l'Eni e il governo possono lavorare per il futuro industriale italiano

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