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In queste ultime settimane i difensori d’ufficio di Virginia Raggi sono decisamente aumentati. Lasciamola lavorare: questo il refrain. Ci vuole un necessario periodo di rodaggio. Più in là giudicheremo. Parole di apparente buon senso. Nessuno ha la bacchetta magica. E di fronte ai disastri di Roma Capitale, lo stesso Mago Merlino incontrerebbe più di una difficoltà. Quindi wait and see, come dicono gli inglesi.

Il relativo successo di queste posizioni può essere meglio compreso se si guarda da che parte viene la predica. Centro destra e centro sinistra, che in tutti questi hanno sgovernato Roma, hanno le loro grandi responsabilità. Ergersi quindi a giudici severi fa emergere una contraddizione reale. Che rischia addirittura di essere controproducente. Come mostrano quei sondaggi, sulla cui solidità comunque non giureremo, a favore del primo cittadino della Capitale.

Nonostante queste evidenti attenuanti, riteniamo che le cose a Roma non vadano e non potranno andare bene. Non sono i singoli atti, anche quelli, ad essere oggetto di critica; quanto la difficoltà nell’individuare un orizzonte più complessivo. E’ il vero grande limite del Movimento di Beppe Grillo. Qual è il Paese che immaginano? A quale grande corrente di pensiero si ispirano? Questa è la grande anomalia del movimento. Una rottura epistemologica (Althusser) con l’esperienza storica italiana.

In passato, il ricambio delle élite italiane è sempre avvenuto imponendo alla vecchia politica nuovi scenari cultural – ideologici. Si pensi all’immediato dopo guerra: il partito comunista da un lato, il movimento cattolico dall’altro. In seguito il ’68. O ancora più recentemente la Lega Nord per non parlare di Berlusconi, con il suo progetto di un “partito liberale di massa”.

Gran parte di quelle parole d’ordine hanno avuto un seguito di limitate realizzazioni. Ma erano comunque un tratto identitario ed identificativo. Qual è la cifra di M5S? Il pragmatismo? Il nuovismo? Il fragile meticciato destra – sinistra? O, nelle migliori delle ipotesi, è

solo empirismo, che permette, come a Roma, di occultare ogni contraddizione? E se è principalmente questo, come temiamo, non basterà né ora né mai a dare quel respiro che serve per cambiare un Paese sconvolto dalla crisi.

Ecco perché Roma è così importante. E perché i singoli atti della nuova amministrazione sono guardati e giudicati con una severità che può apparire anche eccessiva. Di fronte alle cose non dette ed ai continui rinvii – dall’immondizia, ai trasporti, alle Olimpiadi e così via – abbiamo bisogno di capire quale possa essere la sorgente ispiratrice delle possibili scelte. Camuffarla ancora, quando si ha una responsabilità di governo, significa introdurre elementi di paralisi nella vita amministrativa. Impedire alle forze spontanee della società civile – imprenditori, lavoratori, professionisti e così via – di dare il loro prezioso contributo, pur nella loro autonomia, alla soluzione dei problemi.

Ecco la ragione per cui l’identità culturale è importante. Rinchiudersi nell’autarchia della politica, è tagliarsi entrambe le braccia e sperare inutilmente che il pubblico possa fare da solo ciò che non può fare. Lo vedremo con Ama e con Atac. Lo abbiamo già visto con la Fiera di Roma. Se queste prime scelte vogliono essere il capitolo iniziale della “decrescita felice” che almeno si abbia il coraggio di dirlo.

Che cosa sta combinando il Movimento 5 stelle a Roma con Virginia Raggi?

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