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La nomina nel governo Gentiloni di Claudio De Vincenti alla guida del ministero per la coesione territoriale e il Mezzogiorno rappresenta al tempo stesso un forte elemento di novità, ma anche di significativa continuità. Di novità perché – dopo il governo Letta che aveva avuto un dicastero con tale denominazione – torna nell’esecutivo il riferimento esplicito all’Italia meridionale e alle politiche e ai fondi per gli interventi nei suoi territori che, invece, il Governo Renzi, pur senza richiamarli esplicitamente, aveva concentrato a Palazzo Chigi affidandone la gestione proprio al professor De Vincenti, la cui nomina ora, alla guida del ripristinato dicastero, rappresenta un elemento apprezzabile.

Il nuovo ministero, pur essendo senza portafoglio, in realtà sarà chiamato a proseguire la regia dell’impiego dei fondi comunitari 2014-2020, del Fondo sviluppo e coesione, dei Patti sottoscritti con le Regioni del Sud e le Città metropolitane e di tutti gli altri interventi nazionali in corso o programmati nelle aree del Mezzogiorno. Intanto è opportuno ricordare entro la fine del 2015, proprio sotto l’impulso fortissimo dell’allora Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio De Vincenti, e con la collaborazione delle Regioni e degli altri Ministeri, si sono integralmente utilizzati i fondi dei programmi 2007-2013, evitandosi in tal modo la perdita di parte delle cospicue risorse disponibili; e lo scorso anno il pil dell’Italia meridionale è cresciuto dall’1%, a fronte dello 0,8% dell’intero Paese. Ma bisogna sottolineare al riguardo che la Puglia era già su livelli di spesa fra i più avanzati del Meridione, grazie al lavoro della Presidenza Vendola, poi completato dal Presidente Emiliano.

De Vincenti pertanto con i suoi collaboratori ha mostrato una grande capacità di coordinamento di tutti i centri di impiego dei fondi comunitari e i risultati non sono mancati. E sono passati dalla sua scrivania e dal filtro attento delle sue valutazioni i contenuti dei Patti redatti e sottoscritti con le Regioni meridionali e le Città metropolitane: patti che ora dovranno essere attuati nei tempi previsti da ognuno di essi, pena – è bene ricordarlo – il possibile definanziamento delle opere che non fossero progettate ed appaltate nei tempi previsti nei documenti sottoscritti con le Autonomie locali.

Ma l’impegno del nuovo ministro sarà anche quello di seguire – coordinandosi con i Dicasteri interessati – tutti gli altri interventi in corso o previsti nelle regioni meridionali. Si pensi ai contratti di sviluppo finanziati da Invitalia e destinati in gran parte al Sud: dal 2011 e sino ad oggi ne sono stati sottoscritti ben 73, dei quali 57 localizzati nell’Italia meridionale. Un recente cospicuo finanziamento governativo consentirà di finanziare numerosi altri contratti di sviluppo che erano in lista di attesa per esaurimento dei fondi disponibili, pur essendo stati istruiti con esito positivo da Invitalia.

Così come, collegandosi con i Dicasteri dello sviluppo economico e del lavoro, il nuovo ministro seguirà anche le grandi vertenze che interessano le aree del Sud e numerose aziende insediate nei suoi territori. In tale prospettiva, è largamente presumibile (ed auspicabile) che De Vincenti continui a seguire il dossier dell’Ilva e il Contratto istituzionale di sviluppo per Taranto che lo aveva visto convocare anche una riunione per ieri nel capoluogo ionico, poi annullata per garbo istituzionale essendo il Governo Renzi dimissionario.

Il ritorno dunque di un Dicastero per la coesione territoriale e il Mezzogiorno deve essere intenso da tutti, a nostro avviso, come segno di una rinnovata attenzione del Partito di maggioranza e dell’intero Governo per le regioni meridionali e i loro problemi, ma nel segno di una continuità di impostazione programmatica che – se pur bisognosa forse di alcune rimodulazioni di stanziamenti e di normative per il loro impiego – non potrà prescindere in alcun modo dal pieno coinvolgimento delle Istituzioni del Sud nell’assunzione di responsabilità verso i territori da esse amministrati e senza pensare, perciò, di scaricare sul Governo compiti e incombenze che spetta anche alle classi dirigenti del Mezzogiorno assolvere bene e sino in fondo.

Il mancato superamento del Titolo V della Costituzione, infatti, a seguito della bocciatura nel referendum del 4 dicembre delle modifiche a suo tempo approvate dal Parlamento, conserva alle Regioni poteri concorrenti con quelli dello Stato centrale che esse dovranno continuare a gestire, se ne saranno capaci, al meglio, possibilmente senza conflitti con il Governo, e senza alcun alibi a copertura di loro inefficienze politico-amministrative.

Ma un anche le forze imprenditoriali del Mezzogiorno – fra le quali peraltro sono ormai tantissimi i casi di eccellenza – dovranno dimostrarsi all’altezza della sfida cui anche il Sud è chiamato con il programma per l’Industria 4.0.

Insomma il ripristino di un dicastero per la coesione territoriale e il Mezzogiorno non significa in alcun modo il ritorno ad un trapassato remoto di assistenza, come qualcuno in cuor suo potrebbe auspicare. L’Italia meridionale, invece, con l’aiuto del governo e l’impegno appassionato e competente di un ministro come De Vincenti, dovrà continuare il suo cammino sulla strada della crescita ancor più accelerata se vorrà contribuire al rilancio dell’intero Paese. Sarà bene allora che di questo rinnovato e prolungato impegno collettivo, tutti se ne facciano una ragione.

Federico PirroUniversità di Bari  

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