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L’Europa mossa dalla ragione dei diritti e del diritto in generale è attonita di fronte al ritorno del culto della forza. La relazione che va oltre gli schemi geopolitici che fino ad oggi abbiamo conosciuto basata sul diritto è stata sostituita dalle ragioni di chi può prendere – e lo fa senza chiedere conto al più debole – che ha solo il compito di soccombere lottando o aderire volontariamente cedendo sovranità (Ucraina e Groenlandia).

Il nuovo link che segna la fine delle politiche atlantiste e abbandona il corpo inerte dell’Europa a se stessa, è dato dalla grande destra integralista e religiosa che vola ora sopra le nostre teste europee in un ponte relazionale che ha parole d’ordine comuni da Washington a Mosca. La lotta alle politiche gender, (woke per la destra) e inclusive in genere è il nuovo collante. L’uso, la cultura della forza il mezzo per fare. È l’epoca del salti chi può, delle crociate in nome di un Dio di nuovo guerriero. Delle preghiere nella sala ovale, delle benedizioni del Patriarca Kirill alle bombe russe sganciate anche su molti edifici di culto ucraini in due anni di guerra. L’epoca della conquista di Mariupol, la città di Maria. Obiettivo identitario, territorio canonico strappato al nemico, prima che strategico, da portare alla Santa Madre Russia.

Certo dalle origini del mondo la guerra è stata nostra compagna. Non è una novità della storia. Ma lo è per questa generazione che per molti anni ha visto garantirsi la pace dalla Nato. Una pace lunga, mai vista prima. Oggi nessuno in Europa ha infatti la più pallida idea di cosa sia la guerra realmente. Dell’odore del sangue, della putrefazione, dell’orrore, della fame. In pace si diventa migliori ma si diventa anche imbelli.

Se aggrediti direttamente senza l’ombrello americano di difesa, che ora verrà velocemente a mancare, quale il comportamento dei giovani europei? È lecito chiederselo arrivati a questo punto.

La democrazia si difende non solo scendendo in piazza e gridando no alle dittature. Ma anche garantendosi un livello autonomo di difesa decente che possa fare da deterrente rispetto agli appetiti territoriali di conquista altrui.

Quel milieu politico-religioso che fa intendere Putin e Trump, al di fuori e al di sopra di schemi consolidati pregressi, è rinvenibile oggi in quella cultura fondamentalista figlia dell’America profonda e parimenti figlia della Russia profonda, dell’unione tra trono e altare che a Mosca si concretizza da sempre nel principio di sinfonia dei poteri e che nelle recentissime politiche stelle e strisce hanno visto affermarsi di nuovo un’America figlia delle “congregations” e dell’etica praticata di valori non mediabili. Bianca e suprematista. Cospirazionista e fondamentalista religiosa. Come il crocifisso disegnato sulla fronte del segretario Rubio ostentato come un maglio, senza timori. Nessuno spazio alla mediazione. Tutto alle proprie ragioni. Trattare è da deboli.

L’esatto opposto dell’Europa odierna, invece tutta tesa da anni alla faticosa arte della mediazione e all’inclusione della diversità. Modello da abbandonare a se stessa per la nuova America Maga e da combattere per il mondo russofono. Tanti auguri dunque alla nostra cara vecchia e divisa Europa di ritrovare rapidamente coesione di fronte alla minaccia incombente. E non facciamoci illusioni. Risuonano nelle orecchie le parole che molti anni addietro Winston Churchill urlò ad Halifax che proponeva una resa onorevole dell’Inghilterra di fronte alla macchina da guerra nazista: “Quando impareremo la lezione? Non si può ragionare con una tigre, quando la tua testa è nella sua bocca!”. Sir Winston docet.

Trump e Putin, il file rouge della destra religiosa e il culto della forza. L'opinione del prof. De Oto

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Risuonano oggi nelle orecchie le parole che molti anni addietro Winston Churchill urlò ad Halifax che proponeva una resa onorevole dell’Inghilterra di fronte alla macchina da guerra nazista: “Quando impareremo la lezione? Non si può ragionare con una tigre, quando la tua testa è nella sua bocca!”. Sir Winston docet. L’opinione di Antonello De Oto, professore ordinario di Diritto delle religioni e interculturale, Università di Bologna

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