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“Salvate il soldato Hillary!”. E salvate il Mondo, e l’economia americana, da Donald Trump: questa la doppia missione che il presidente Barack Obama s’è dato, in questo concitato tumultuoso confuso e ansiogeno “finale di partita” di Usa 2016. “Il destino del Mondo traballa, è nelle vostre mani”, dice parlando in North Carolina e mettendo in guardia dall’elezione di Trump alla Casa Bianca: “Non ci possiamo permettere Trump presidente”.

Sul capo del magnate, i cui sostenitori paiono, però, a tenuta stagna, pende una nuova grave accusa di stupro di una ragazzina tredicenne, mentre nello Iowa torna a scorrere il sangue di una faida anti-poliziotti. E i sondaggi segnalano grande equilibrio tra i due candidati: il sito fivethirtyeight.com, che la scorsa settimana dava a Trump solo il 12,5 per cento di chances di vittoria, ora gliene dà il 32 per cento: da 7 a 1 a 2 a 1. L’inerzia è dalla parte dello showman, mentre l’ex first lady fatica a stare a galla.

Il quotidiano aggiornamento del sondaggio Abc/Wp dà la Clinton e Trump in perfetta parità, ma l’inquietudine di Wall Street è un sinistro scricchiolio per il campo democratico. Non pesa molto, invece, l’appoggio al magnate dell’ex campione del mondo dei massimi George Foreman.

L’AFFONDO DI OBAMA

Da uno Stato in bilico all’altro, North Carolina, Ohio, Florida, il presidente critica l’Fbi, divenuta inattesa protagonista a senso unico del voto 2016; garantisce per la Clinton – “Io credo in lei” – ; e attacca lo showman, la cui vittoria “metterebbe a rischio la Repubblica”. “Io – racconta – ho corso contro John McCain, ho corso contro Mitt Romney, pensando che sarei stato un presidente migliore di loro. Ma non ho mai pensato che la repubblica fosse a rischio se loro fossero stati eletti […] Io sono naturalmente di parte, sono un democratico. Ma noi dobbiamo mettere prima l’America, non i democratici o i repubblicani”.

In North Carolina, dove il voto dei neri pesa molto, Obama è stato esplicito: “Non vorrei mettervi sotto pressione, ma rischiamo di perdere le elezioni, se perdiamo la North Carolina”. Invece, “se Hillary passa qui, vince”. “Potere eleggere la prima donna presidente, avete l’occasione di scrivere la storia”, ha detto, confrontando la Clinton (che “ha dedicato l’intera vita all’America”) a Trump (“inadatto a fare il presidente”). E ha concluso: in queste elezioni, sono in gioco “giustizia, progresso, democrazia […] Rifiutate la paura, scegliete la speranza”.

L’ACCUSA DI STUPRO

L’accusa di stupro a una ragazzina tredicenne è respinta da Trump come priva di ogni fondamento. I fatti risalirebbero al 1994, ma solo ora sono denunciati in questo velenoso rush finale della campagna elettorale di Usa 2016. L’Huffington Post spiega che la denuncia è stata presentata, che la giustizia sta facendo il suo corso e che, a distanza di 22 anni, la vittima sarebbe pronta a parlare, anche se una conferenza stampa prevista in giornata a Los Angeles viene poi annullata perché proprio l’asserita vittima avrebbe ricevuto “troppe minacce”.

Trump – sempre secondo l’Huffington Post – dovrebbe presentarsi davanti a una corte federale il 16 dicembre, per un’udienza preliminare. Ci sarebbero due donne testimoni di quanto sarebbe accaduto durante un party organizzato a New York dall’investitore miliardario Jeffrey Epstein, condannato nel 2008 per sfruttamento della prostituzione minorile.

L’avvocato Lisa Bloom scrive: “Oltre quattro mesi or sono, una donna con lo pseudonimo Jane Doe ha fatto causa a Trump per una serie di aggressioni sessuali avvenute, secondo la sua ricostruzione, a feste a New York nel 1994. All’epoca, Jane Doe aveva 13 anni”.

Un altro legale che ha rappresentato la presunta vittima, l’avvocato Cheney Mason, identifica le due testimoni anonime con gli pseudonimi di Joan Doe e Tiffany Doe. Alla prima, la presunta vittima avrebbe raccontato le violenze subite alcuni mesi dopo i fatti. La seconda avrebbe invece agito come “reclutatrice” di giovani donne, anche minorenni, per le feste di Epstein e avrebbe assistito alle violenze di Trump sull’accusatrice.

SANGUE SULLA CAMPAGNA

Piove sangue sul bagnato della già sdrucciola campagna della Clinton: due poliziotti sono stati uccisi la notte scorsa a Des Moines, la capitale dello Iowa, in attacchi che erano vere e proprie imboscate. Dopo una caccia all’uomo frenetica durata alcune ore, le forze dell’ordine hanno preso Scott Michael Greene, un bianco di 46 anni, il presunto colpevole. La popolazione era stata avvertita che il fuggitivo era “armato e pericoloso”.

Il fatto che Greene sia un bianco attenua le analogie con quanto avvenuto a Dallas e a Baton Rouge in estate: cecchini neri, veterani di guerra, avevano ucciso rispettivamente cinque e tre poliziotti, come ritorsione contro le uccisioni di neri inermi da parte di agenti bianchi.

Ma il duplice omicidio ridà comunque slancio alla campagna “Law & Order” di Trump e crea imbarazzi alla campagna più bilanciata dell’ex first lady, che deve riuscire a rassicurare senza perdere l’appoggio dei neri. Bill Clinton, l’ex presidente, e Tim Kaine, il candidato vice, dovevano fare ieri un comizio insieme a Des Moines: annullato, ovviamente, dopo quanto successo.

(post tratto dal blog di Giampiero Gramaglia)

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