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In relazione al referendum che si terrà nel Regno Unito il prossimo 23 giugno, occorre premettere che tale evento rappresenta prima di tutto una questione politica. Molti tentano di indicare i vantaggi e gli svantaggi economici che possano dimostrare la validità di una posizione piuttosto che dell’altra. Ma, alla fine, si tratta essenzialmente di una questione politica.

Come possiamo quindi comprendere il trade-off tra le opinioni politiche (a favore della Brexit) e le argomentazioni economiche (a favore della permanenza nell’Ue)? Se i cittadini sono frustrati e temono un futuro più caotico a causa dei grandi flussi (più o meno reali) di immigrati, sarà dura convincerli, utilizzando argomentazioni economiche, delle ipotetiche perdite di reddito derivanti dall’uscita. Per tale ragione, non penso sia possibile prevedere con precisione il risultato del referendum. Abbiamo già visto una situazione simile in precedenti referendum come quello del Quebec e della Scozia. Alla fine, spesso prevale una sorta di riflesso conservatore che induce le persone a non modificare lo status quo.

I LEGAMI BRITANNICI CON L’UE

La Gran Bretagna ha tratto vantaggio dal mercato unico europeo, un grande spazio caratterizzato dalla libera circolazione di persone, beni e capitali. Uno spazio che ha messo la concorrenza in primo piano e che ha aumentato la produttività e la competitività delle aziende in tutta l’Unione europea. In altre parole, le società nel Regno Unito sono state direttamente a contatto con un mercato di oltre 400 milioni di persone.

Sono state recentemente pubblicate alcune relazioni sull’impatto dell’Unione europea sulla crescita economica britannica. Molti sostengono che il prodotto interno lordo (Pil) pro capite sia cresciuto più rapidamente grazie all’appartenenza del paese all’Ue, in misura addirittura pari al 10 per cento. Tale crescita riflette l’effetto di contagio
positivo ed interazione della produttività e del commercio col resto dell’Unione europea. Inoltre riflette l’impatto dell’arrivo nel paese di popolazioni che hanno portato con sé competenze e culture diverse. Anche l’impatto sulla situazione salariale sembra essere stato positivo.

IMPLICAZIONI ECONOMICHE DI UN’EVENTUALE USCITA

La questione relativa all’impatto della Brexit è tutt’altro che banale. In primo luogo il Regno Unito disporrà di un periodo di due anni per discutere dei suoi nuovi rapporti coi partner europei. Si tratta di un periodo molto lungo che potrà causare notevole incertezza e pregiudicare la crescita dell’occupazione, degli investimenti e della produttività nel breve-medio periodo.

In secondo luogo, esiste il problema delle barriere commerciali. Possiamo esaminare diversi tipi di scenario, tra cui due ipotesi che sono attualmente oggetto di un ampio dibattito a Londra: nella prima ipotesi, si prevede che il Regno Unito manterrà l’accesso al mercato unico nell’ambito dello Spazio Economico Europeo (See). In tal caso, il Regno Unito dovrebbe pagare un contributo all’Unione europea (la Norvegia ha uno statuto simile e paga un importo pari all’83 per cento su base pro capite di quanto corrisposto attualmente dal Regno Unito) e potrebbe essere soggetto a barriere non tariffarie (requisito delle norme di origine e dazi anti-dumping). La seconda ipotesi prevede un accordo con l’Unione europea e l’applicazione di tariffe con i partner commerciali del Regno Unito, che si avvicinerebbe quindi alle norme dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (Omc). Tutto considerato, la possibilità per il Regno Unito di avere accesso al mercato unico sembrerebbe l’ipotesi meno onerosa. Tuttavia, ciò comporta anche degli svantaggi: le persone saranno libere di circolare. Se l’immigrazione è la ragione principale per un voto per la Brexit, allora tale soluzione non è in grado di risolvere il problema.

Ma, e questo è il terzo punto, esistono potenziali opportunità per il Regno Unito al di fuori dell’Unione europea. Una minore regolamentazione associata all’Europa potrebbe aprire varie possibilità per migliorare la propria competitività in altri paesi. Vi sarebbe una minor regolamentazione sul fronte dei temi sociali, del clima o del sistema sanitario. Alcuni sostengono che ciò potrebbe avere un impatto positivo sulla crescita del paese pari a circa lo 0,3 per cento del Pil. In realtà, la situazione è probabilmente più complessa, poiché l’Unione europea ha circa 100 accordi commerciali in essere con paesi extra-Ue. Tali accordi sono complessi e porteranno ritardi e incertezze – il che potrebbe essere una potenziale causa di un periodo di bassa crescita.

RISTRUTTURARE L’ECONOMIA BRITANNICA

Nel complesso la Brexit inciderà sulla struttura economica del paese. È probabile che molti prodotti finanziari scambiati a Londra tramite il Passaporto Europeo non saranno più disponibili. I meccanismi di compensazione nel mercato dell’Euro avvengono principalmente nella City. Nel caso di una Brexit, tale situazione non sarebbe più accettabile per i membri della zona euro. Tali mercati si sposteranno nuovamente verso il Continente. Ciò avrebbe un grande effetto marginale sul Pil britannico.

Esistono poi numerose questioni legate alla situazione dei lavoratori europei nel Regno Unito. Gli statuti subiranno modifiche, soprattutto con riferimento alle pensioni. Esiste anche la questione dei costi dell’assistenza sanitaria per i cittadini inglesi che vanno in pensione nel sud della Spagna: esisterà ancora un accordo tra il Servizio Sanitario Nazionale (Nhs) britannico, sovvenzionato dal contribuente, e il suo omologo spagnolo? Vi è notevole incertezza anche in tal senso.

(Qui l’intero articolo)

Ecco tutti gli effetti della Brexit

Di Philippe Waechter

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