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Una fazione armata libica che si oppone al governo sostenuto dalle Nazioni Unite ha preso per qualche ora il controllo di una sede parlamentare a Tripoli e ha chiesto un nuovo governo. Venerdì notte, Khalifa Ghwell, il leader del precedente esecutivo che guidava senza legittimazione elettorale e riconoscimento internazionale soltanto le aree della Tripolitania, s’è presentato in conferenza stampa davanti a pochi giornalisti e insieme a tre ex parlamentari tripolini dichiarando che il gruppo armato a lui fedele aveva preso il controllo dell’Hotel Rixos della capitale. L’hotel fa da sede al Consiglio di Stato, un organo legislativo formato dall’ex parlamento di Tripoli e rientrante come Camera alta nell’Lpa, l’accordo politico siglato a dicembre scorso, che è la linea guida per il processo di unificazione e rappacificazione del paese decisa con le Nazioni Unite.

“Al Consiglio di Presidenza è stato dato possibilità di formare il governo, ma non c’è [ancora] riuscito ed è diventato un’autorità esecutiva illegale”, ha dichiarato Ghwell. Il Consiglio di Presidenza (acronimo inglese PC) è l’entità esecutiva guidata da Fayez Serraj, il designato premier di un futuro governo conosciuto come Gna (anche qui per acronimo, Governo di accordo nazionale) che gode del sostegno delle Nazioni Unite e di quasi tutta la Comunità internazionale, se si esclude l’Egitto, gli Emirati Arabi e la Russia. Onu, Stati Uniti e partner europei (Italia compresa) a marzo hanno forzatamente insediato Serraj sotto la forma temporanea del PC in attesa che il suo governo ottenesse l’avallo politico del parlamento in esilio a Tobruk. Questo sostegno non è ancora arrivato, e Serraj s’è visto impegnato in una lotta politica per imporre la propria autorità sulle fazioni rivali, sia quelle che si trovano in Tripolitania, sia e soprattutto quella rappresentata dallo pseudo governo di Tobruk, in Cirenaica (dove l’uomo forte è il generale Khalifa Haftar).

Serraj ha condannato il golpe di venerdì come un tentativo di affossare il suo impegno di porre fine alla lotta di potere che divide Est e Ovest libico dalla caduta di Muammar Gheddafi nel 2011, quando il paese è stato coinvolto in scontri tra fazioni di vari gruppi di ex ribelli che avevano combattuto contro il raìs, che nel 2014 ha fatto precipitare la Libia in una caotica spaccatura regionale che ha, tra l’altro, favorito l’attecchimento delle istanze jihadiste dello Stato islamico (ancora presente nel paese anche se stretto alle corde nella città controllata di Sirte). “Sequestrare il Consiglio di Stato è un tentativo di ostacolare l’attuazione dell’accordo politico da parte di un gruppo che rifiuta questo accordo e che ha dimostrato il suo fallimento nella gestione dello stato”, ha detto il Consiglio di Presidenza in un comunicato: “L’occupazione del Consiglio di Stato è illegale, il ministero dell’Interno e le forze di sicurezza devono cooperare con la Procura per prendere provvedimenti immediati contro chi ha pianificato e eseguito l’assalto alla sede tra i politici libici. Ammoniamo questo gruppo di fuori legge dall’attaccare le istituzioni dello stato”. Anche l’inviato della Nazioni Unite Martin Kobler ha condannato l’azione.

Tripoli è controllata da varie brigate armate, molte sono fedeli al Gna — che conta anche sul sostegno delle forti milizie della città/stato di Misurata, molto influenti in Tripolitania e alla guida della costosa missione contro la provincia locale del Califfato —  mentre altre che in precedenza sostenevano il Governo di salvezza nazionale, il vecchio esecutivo tripolino guidato da Ghwell, hanno sempre fatto opposizione a Serraj. Tra queste milizie proprio quella dell’ex premier e quella dell’ex presidente dello pseudo parlamento tripolitano Nouri Abusaihman. In una semplificazione comune, le milizie di Tripoli vengono considerate più vicine alle istanze islamiste, perché alcune sono sostenute dalla Fratellanza Musulmana altre hanno addirittura preso derive jihadiste, ma questo tentativo di golpe è stato probabilmente indipendente dalla dimensione ideologica, e sembra più una semplice rivendicazione di potere, un atto di ribellione di una milizia politica.

Tra i motivi dell’azione pare ci sia il fatto che la milizia riferimento armato di Ghwell da mesi non viene pagata dal governo; questo anche perché il presidente del Consiglio di Stato, Abdurrahman Sweili, non sembra fidarsi più di loro come forza di protezione e ha in mente di sostituirla.

Ghwell, che è già sotto sanzioni UE per l’opposizione al governo filo-Onu, sarebbe fuggito dall’edificio occupato, sulle sue tracce le milizie fedeli a Serraj, mentre le forze della milizia si trovano ancora nell’edificio. Sebbene il tentativo è sembrato disorganizzato e poco convinto, l’azione nella capitale conferma la delicata situazione in cui si trovano i piani governativi occidentali, anche italiani, che hanno il fine di stabilizzare la Libia (che ha un peso nevralgico nelle esportazioni petrolifere del Mediterraneo), aiutare a combattere i militanti islamici e i contrabbandieri di migranti. L’Italia a settembre ha nuovamente confermato il proprio sostegno a Serraj, inviando uomini e materiali a Misurata, dove i soldati italiani hanno provveduto a mettere in piedi un ospedale militare che assisterà i miliziani feriti negli scontri con l’ultima manciata di baghdadisti asserragliati a Sirte (il numero di feriti e morti sale di giorno in giorno nonostante ormai i soldati del Califfo sarebbero rimaste poche unità). Sabato l’UE ha chiesto ufficialmente a Serraj di pensare a un gabinetto di governo più inclusivo: il premier designato ha passato l’ultima settimana in un albergo in Tunisia con i sette membri del PC a pensare una lista per un nuovo esecutivo dopo l’ultima bocciatura di Tobruk.

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