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Diceva Francesco Cossiga che «non c’è segretario di partito, sindaco o presidente di regione che non possa essere legittimamente sbattuto da un momento all’altro in galera per tangenti o quantomeno per aver favorito il finanziamento illecito del proprio partito».

Che ciò accada o meno, dipende semplicemente “dagli interessi contingenti della magistratura organizzata e dal caso, perché, come sostenne lo scrittore francese Émile Zola, la libertà è quella cosa che si trova nelle mani del giudice istruttore a seconda che si alzi dal letto col piede destro o col piede sinistro”.

Tutto dipende, cioè dalle ubbie politiche dei magistrati e dall’umore dei pubblici ministeri. È per questo che fare politica è il più rischioso dei mestieri: perché tutto può da un momento all’altro finire, anche la propria libertà personale.

Con la schiettezza e lo scandaloso realismo che lo contraddistinguevano, il Presidente emerito della Repubblica sosteneva, infatti, che «i bilanci dei partiti, di tutti i partiti, sono sistematicamente falsi» e amava citare un passaggio della lettera scritta dal liberale Massimo d’Azeglio al nipote nel 1852, quando lasciò la carica di Primo Ministro del regno di Sardegna: «Nessuna opera pubblica può giammai essere realizzata senza che alcuno si arricchisca su di essa».

Arricchimenti personali a parte, quel che premeva sottolineare a Francesco Cossiga era il fatto che la politica ha bisogno di denaro. È sempre stato così e così sempre sarà. Ma in un Paese incline al moralismo, in cui il denaro è considerato lo «sterco del demonio», il sistema delle lobby non è mai stato davvero accettato né regolamentato, dove vige l’ipocrisia di un’azione penale “obbligatoria” e il rapporto tra politica e magistratura risulta da oltre un trentennio sbilanciato in favore di quest’ultima, il rischio di finire agli arresti senza avere altre colpe se non quella di “fare politica” è più alto che altrove.

«Persino l’austero Alcide De Gasperi, nonostante la saldissima tempra morale che indubbiamente lo contraddistingueva, attraverso gli Stati Uniti e Confindustria fu un grande dispensatore di denaro per la politica, e lo riversava non solo alla democrazia cristiana, ma a tutti i partiti anticomunisti», ricordava Cossiga.

C’è da credere che, se fosse ancora vivo, sarebbero questi i discorsi che l’ex Capo dello Stato farebbe per inquadrare correttamente l’arresto del presidente della regione Liguria Giovanni Toti.

Quando Cossiga ricordava che l’arresto di un governatore dipende solo dal capriccio di un pm

Fare politica è il più rischioso dei mestieri: perché tutto può da un momento all’altro finire, anche la propria libertà personale. Cosa avrebbe detto l’ex Capo dello Stato per inquadrare correttamente l’arresto del presidente della regione Liguria Giovanni Toti?

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