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Donne e pensioni di reversibilità: Sono l’88% delle pensioni erogate quelle di cui sono titolari le donne e dunque solo il 12% ne sono beneficiari gli uomini. Così un’altra ragione per criminalizzare le donne, visto che la pensione di reversibilità è una prestazione economica che viene erogata dall’INPS ai familiari superstiti di un defunto già titolare di pensione o che, durante la propria vita lavorativa, abbia accumulato un determinato numero di settimane contributive tali da dare lo stesso il diritto ai familiari di percepirne.

Dunque le donne che vivono di più degli uomini, spesso sono disoccupate ora e lo sono state in gioventù, possono contare sulla pensione del proprio marito, compagno, fratello, padre ecc.. Nei giorni scorsi però si è sparsa la voce, (per ora non confermata ma dovremo vedere il testo non ancora approvato del cd “disegno di legge povertà”) che tale trattamento, in futuro, venga legato all’ISEE. Quest’ultimo è “l’Indicatore della Situazione Economica Equivalente” e considera la posizione economica di coloro che percepiscono le pensioni di reversibilità, richiedono agevolazioni e prestazioni sociali. Con tale introduzione, quindi, l’assegno non sarebbe più un diritto inalienabile, venendo, al contrario, a dipendere dal reddito di chi ogni mese lo percepisce. Ovviamente condividiamo la perplessità di quanti ,eredi in vita,potrebbero subire persino ulteriori tagli.

Fino ad ora la pensione di reversibilità in base alla norma, applica Il metodo di calcolo che non ha subito modifiche rispetto a quanto disciplinato dalla legge numero 335 dell’8 agosto 1995: per determinarne l’importo si continua a tenere conto unicamente dei redditi assoggettabili all’IRPEF e tra gli aventi diritto alla prestazione ci sono appunto il coniuge, i figli, i nipoti e in alcuni casi anche i genitori o fratelli/sorelle. L’importo viene calcolato dall’ente in base alla documentazione che il familiare superstite presenta almomento della richiesta tra cui devono essere dichiarati i redditi assoggettati ad IRPEF che andranno a far optare per la percentuale e quindi l’importo, da assegnare.

Facendo l’esempio più ricorrente cioè la coniuge superstite, la percentuale di solito è circa il 60% che andrà a decrescere in base al calcolo che l’INPS effettuerà basandosi sul reddito di cui il familiare richiedente è titolare, e solo lui, al di là dei componenti del nucleo familiare dello stesso. A fare tremare le vene ai polsi delle tantissime vedove che vivono di questa pensione, è arrivata anche una circolare inps cosidetta riparatrice, perché ha chiarito con riferimento ad alcune notizie di stampa in merito ad ipotetici cambiamenti introdotti con la circolare n.195 del 30 novembre 2015 sui redditi da dichiarare per il calcolo delle pensioni di reversibilità. In realtà, sottolinea l’Istituto, nella circolare n. 195/2015 è presente un refuso generalizzato nell’allegato 1, contenente le tipologie reddituali influenti sulle diverse rilevanze, fra cui anche la rilevanza 11 – Incumulabilità della pensione ai superstiti con i redditi, di cui all’art.1, comma 41, L. n. 335/1995. Era un refuso, per fortuna, per ora, le vedove possono ancora contare, appunto molte per non cadere in povertà, sul 60% della pensione del marito.

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