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Su almeno tre questioni ha ragione Giorgia Meloni. Primo, all’Europa servono gli eurobond, perché nessun Paese può e deve accollarsi da solo i costi della transizione o della difesa europea. Secondo, è ora di finirla con i governi solisti pronti a rompere le righe al primo cenno di nervosismo. Terzo, l’Unione più compatta è, meglio è, altrimenti non si va da nessuna parte. Alberto Quadrio Curzio, economista della Cattolica di Milano e presidente emerito dell’Accademia dei Lincei, fa suoi alcuni passaggi del messaggio lanciato dal premier pochi giorni fa, alla vigilia del Consiglio europeo.

La sintesi di Giorgia Meloni è: in Europa nessuno si può salvare da solo, serve unione e comunione di intenti su debito, investimenti e molto altro. Come le suona?

Le affermazioni della premier sono assolutamente condivisibili. Vale per il debito comune, una questione di cui personalmente mi sono interessato. Non scopriamo oggi che un sistema basato sulla moneta unica, come quello europeo, è monco senza un debito condiviso. Perché, senza la possibilità di avere un bilancio comune, non abbiamo la possibilità di emettere titoli comuni. E senza questi ultimi non esiste il primo elemento, il bilancio. L’Unione oggi è monca e per questo è insomma giusto spingere per gli eurobond. Questo discorso vale anche per gli investimenti: non è pensabile che un singolo Stato possa farcela da solo dinnanzi all’immane sforzo, tanto per fare un esempio, della transizione.

Tra meno di sei mesi i bilanci statali torneranno a fare i conti con le regole del Patto di stabilità. Anche qui la spaccatura è dietro l’angolo, tra Paesi frugali e indebitati…

Vede, il problema delle regole fiscali è che contengono certi rischi, questo va detto, ma non creano quell’unità di cui l’Europa ha bisogno. Io credo che il Patto di stabilità possa essere ulteriormente modificato tenendo conto di quanta parte di debito pubblico dei singoli Stati è detenuta dai cittadini degli stessi Stati. Voglio dire, il grosso del debito italiano è detenuto dalle persone e non dai mercati, che possono essere aggressivi. Per questo il Patto è una gabbia di contenimento dei rischi, che però non crea unità di fondo all’interno dell’Europa. E questo non basta.

L’Italia è reduce da una procedura di infrazione per disavanzo eccessivo. Quanto complica tutto questo il percorso verso la manovra?

Certamente ci saranno dei correttivi, inevitabili. Ma andare avanti a suon di procedure, traiettorie di rientro e altri stratagemmi per far quadrare i conti nazionali, non va nella direzione di una vera unione fiscale. Lo ripeto, senza un bilancio comune, senza una politica economica unitaria, insomma in presenza di un reticolo di norme, non ci sarà vera Europa. Guardiamo all’esempio americano, con bilancio federale e debito federale.

Il Pnrr, però, è un esempio di politica economica comunitaria. O non è così?

Sa quale è il vero problema del Pnrr? Che nel 2026 va a scadenza, chi ha preso ha preso, chi ha realizzato ha realizzato e amen. E, soprattutto, non si emetteranno più titoli comuni. Ora, il 2026 è domani mattina. Per questo bisogna assolutamente prorogare i Pnrr di almeno cinque anni, per dare un orizzonte solido e credibile di politica economica unitaria: è come se una barca naviga e poi una volta in alto mare le si leva la benzina. Che senso ha? Se l’Europa vuole andare avanti e strutturarsi, servono strumenti duraturi e non a tempo determinato. E lo stesso discorso vale anche per il Mes.

Già, il Mes. L’Italia è sempre l’unico Paese a opporsi alla sua ratifica.

Peccato, perché è uno strumento potentissimo e meravigliosamente organizzato, che piazza i suoi titoli a tassi bassi. Mi chiedo perché non si modifichi il Mes e lo si trasformi in un ministero del Tesoro comunitario. Vede, il discorso è quello del debito comune: l’Europa ha buone intuizioni, buoni propositi, buoni strumenti, ma poi non ne sfrutta fino in fondo la sua potenza. Il che rende monca la stessa Unione e qui mi riallaccio alla prima domanda e alle affermazione di Meloni: senza Europa unita, soprattutto dal punto di vista finanziario, non andiamo da nessuna parte.

Senza debito comune e Pnrr più lungo non è vera Europa. Parla Quadrio Curzio

​Senza l’emissione di titoli comuni nel lungo periodo e un allungamento della scadenza del Pnrr, l’Ue rimarrà un progetto monco e incompiuto. Per questo il premier ha detto cose giuste alla Camera e al Senato. Intervista all’economista della Cattolica e presidente emerito dell’Accademia dei Lincei

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