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La seconda lettura del Pil italiano nel 2° trimestre 2016 ha confermato la stagnazione dell’attività economica evidenziata dalla prima stima (dopo che a inizio anno il Pil era cresciuto di 0,3 per cento t/t).

Tuttavia, grazie soprattutto a una rilettura dei dati precedenti (in particolare del 3° trimestre 2015), la variazione annua è stata riletta al rialzo a 0,8 per cento da 0,7 per cento (comunque in calo dall’1 per cento di inizio anno).

Il dettaglio delle componenti è risultato in linea con le nostre attese.

I consumi privati sono cresciuti ancora, ma come ci aspettavamo ad un ritmo inferiore che nei trimestri precedenti (appena +0,1 per cento t/t dopo il +0,4 per cento t/t registrato sia a inizio 2016 che in media nell’ultimo anno); in particolare, si è interrotta la crescita dei beni di consumo durevoli (dopo un ritmo di incremento medio di ben +1,7 per cento t/t nell’ultimo anno) e si è contratta la (volatile) componente dei beni di consumo non durevoli: la crescita è venuta interamente dai servizi (+0,1 per cento t/t). La variazione annua dei consumi è perciò rallentata a 1,2 per cento da 1,7 per cento, che rappresentava un massimo da quasi 9 anni.

Gli investimenti sono calati in linea con le nostre attese, di -0,3 per cento t/t (da +0,8 per cento t/t precedente): è la prima flessione dal 2014. Come atteso il calo è dovuto alla spesa in macchinari e attrezzature (-0,8 per cento t/t, speculare all’incremento registrato il trimestre precedente): evidentemente, dopo l’aumento d’inizio anno che può essere stato dovuto almeno in parte alla volontà di beneficiare del maxi-ammortamento sui nuovi beni strumentali inserito nella Legge di Stabilità 2016, la maggiore incertezza sullo scenario congiunturale ha indotto le imprese a maggiore cautela. Gli investimenti in mezzi di trasporto hanno continuato a crescere, sia pure ad un ritmo ben inferiore rispetto a quello, in qualche modo “anomalo”, di inizio anno (+1,4 per cento da +13 per cento t/t). Infine, gli investimenti in costruzioni sono rimasti invariati (ci aspettavamo una lieve contrazione), dopo essere scesi di -0,4 per cento t/t nel 1° trimestre.

Il commercio con l’estero ha (in linea con le indicazioni emerse dai dati mensili sulla bilancia commerciale) aggiunto due decimi alla crescita, in un contesto di rimbalzo per entrambi i flussi commerciali, ma più marcato per l’export (+1,9 per cento da -1,2 per cento t/t precedente: è un record da quasi 6 anni) che per l’import (+1,5 per cento da -0,3 per cento t/t).

Non sorprende nemmeno che le scorte abbiano dato l’usuale contributo speculare a quello del commercio con l’estero: nel trimestre l’apporto dai magazzini è negativo per un decimo (dopo il +0,2 per cento t/t precedente).

Infine, la spesa pubblica ha mostrato una contrazione (la prima in un anno), di -0,3 per cento t/t (dopo il +0,2 per cento t/t precedente).

In pratica, nel trimestre il contributo positivo dalla domanda estera (+0,2 per cento t/t) è stato interamente compensato dall’apporto negativo (in egual misura, un decimo per parte) da domanda domestica (in particolare investimenti in macchinari) e scorte.

Anche in questo caso come largamente atteso, a pesare è stato il calo del valore aggiunto nell’industria (-0,6 per cento t/t: da notare il -0,8 per cento t/t, da +0,5 per cento t/t precedente, per l’industria in senso stretto ovvero al netto delle costruzioni), compensato da un incremento nell’agricoltura (+0,5 per cento da -2,3 per cento t/t) e nei servizi (+0,2 per cento t/t, in linea con i 3 trimestri precedenti). In altri termini, non c’è stata una accelerazione del valore aggiunto nei servizi come da alcuni atteso dopo il dato diffuso dall’Istat sul fatturato nel settore, in crescita dell’1 per cento t/t nel trimestre dopo lo 0,4 per cento t/t di inizio anno (peraltro, il dato sul fatturato, oltre che a prezzi correnti, non è interamente sovrapponibile a quello della crescita del valore aggiunto).

In sintesi, il dato conferma la deludente prima stima, che aveva visto una stagnazione su base congiunturale. Tuttavia, la revisione della variazione annua alza la crescita acquisita per il 2016 a 0,7 per cento da 0,6 per cento della lettura preliminare.

Nel nostro scenario di base, la crescita media quest’anno sarà superiore, ma solo di poco, alla crescita acquisita. Abbiamo infatti di recente rivisto al ribasso la stima sul Pil italiano nel 2016, a 0,8 per cento (manteniamo comunque l’idea di una modesta accelerazione l’anno prossimo, a 1%). Occorrerebbe una crescita molto forte nel secondo semestre (di 0,4 per cento t/t in media, poco coerente con le recenti indicazioni congiunturali) per arrivare all’1 per cento quest’anno.

Nelle nostre stime, il Pil tornerebbe a crescere già dal trimestre corrente, soprattutto sulla scia di un probabile rimbalzo della produzione industriale a luglio (dopo che nei due mesi precedenti il dato era stato almeno in parte viziato da effetti di calendario). Tuttavia, le indagini (da notare il calo registrato ad agosto sia dagli indici di fiducia di imprese e consumatori dell’Istat, sia dal Pmi manifatturiero diffuso da Markit) non sono coerenti con una accelerazione significativa: stimiamo preliminarmente uno 0,1 per cento t/t nel trimestre estivo.

Pier Carlo Padoan

Cosa succederà al Pil italiano

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