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Mediare. Dividere per metà, interporsi. Difficilmente l’etimologia del tardo latino è riuscita ad adattarsi al ruolo che la Polonia ha assunto e interpretato nel corso della storia. Nel mezzo, Varsavia c’è stata come oggetto di contesa, mai come soggetto mediano o forza mediatrice.

Le cose cambiano. In politica, molto più rapidamente. Fino a qualche anno fa, sotto l’egemonia diarchica di Kaczynski e Morawiecki, sarebbe stato impensabile ipotizzare una regia polacca per smorzare le tensioni che separano Francia e Germania. Ma Donald Tusk non è Mateusz Morawiecki, e l’attuale ministro degli Esteri, Radosław Sikorski (oxfordiano e cresciuto nel chiacchieratissimo Bullingdon Club ai tempi di David Cameron e Boris Johnson) non è certo Zbigniew Rau.

Il nuovo governo polacco persegue obiettivi e priorità diverse. Più che a Visegrad, guarda al Triangolo di Weimar, rispolverando il prometeismo (prometeizm) di stampo piłsudskiano a discapito “della politica orientale” messa in pratica prima dell’esercitazione Zapad 2009.

Oggi, l’Europa intera assiste all’incoronazione dell’Aquila Bianca come primo alleato degli Stati Uniti sul fianco orientale e non solo. Dopo l’incontro presso la Casa Bianca, tra Joe Biden, il presidente Andrzej Duda e Tusk, tutto incentrato sul sostegno incondizionato a Kiev, Washington spera nell’azione diplomatica polacca per rimuovere gli attriti che incrostano il dialogo franco-tedesco. Un rapporto che i politologi avevano battezzato “il motore d’Europa” e che rischia di inclinarsi proprio a causa delle posizioni assunte dai due Paesi in merito alle modalità di supporto all’Ucraina.

 Da giorni, Emmanuel Macron ribadisce di “non escludere l’invio di truppe occidentali in Ucraina per aiutare Kiev nella resistenza e nella controffensiva”, mentre Olaf Scholz continua a subire numerose pressioni (provenienti anche dalla sua stessa maggioranza) per l’invio dei missili Taurus. Tentennamenti, quelli manifestati dal cancelliere tedesco, legati al timore che Kiev utilizzi i missili per far saltare in aria il ponte di Kerč’ che collega il territorio di Krasnodar con la penisola che dal 2014 è stata annessa dal regime putiniano.

Così, appena concluso l’incontro alla Casa Bianca, Donald Tusk annuncia la convocazione della riunione non programmata a Berlino, dove ieri si è tenuto il vertice del Triangolo di Weimar.

La linea di Tusk è netta, come dimostra il post che ha deciso di pubblicare su X poco prima di volare dai cugini teutonici. “True solidarity with Ukraine? Less words, more ammunition”. Meno parole, più munizioni.

E dopo un confronto durato due ore, alle 16:00 i leader di Polonia, Francia e Germania hanno stilato un bilancio davanti alla stampa.

“Oggi abbiamo parlato con una sola voce della sicurezza del nostro continente” esulta Tusk. Stando alla dichiarazione di Scholz, sembra che il premier polacco abbia ottenuto il risultato sperato.

“Compreremo ancora più armi per l’Ucraina: espanderemo la produzione di equipaggiamento militare sull’intero mercato mondiale”, ha assicurato il cancelliere. “Creeremo una nuova coalizione di capacità per l’artiglieria a lungo raggio nel formato Ramstein. A tal fine, questa settimana a Bruxelles abbiamo deciso che il Fondo europeo per la pace riceverà 5 miliardi di euro per fornire ulteriore sostegno militare all’Ucraina”. Anche Macron stempera i toni e afferma: “Faremo tutto il necessario per impedire alla Russia di vincere la guerra, senza intraprendere alcuna iniziativa che porti ad un’escalation”.

A quanto pare, la mediazione polacca ha ristabilito gli equilibri tra i membri del Triangolo sulla questione ucraina, ma il nuovo tallone d’Achille della Repubblica federale (crisi del settore industriale, recessione) stimola alcune ambizioni francesi.

Attraverso le colonne di Onet, Witold Sokała, vicedirettore dell’Istituto per le relazioni internazionali e le politiche pubbliche dell’Università Jagellonica di Kielce ed editorialista di Dziennik Gazeta Prawna, sostiene che Parigi possa essere interessata a spodestare Berlino da quello che un tempo veniva definito “il quartier generale d’Europa”. Insomma, non più un’Europa a trazione tedesca, ma francese. Invece, Sokała confida in un secondo scenario: “In larga misura, la Germania governava politicamente l’Europa. Tuttavia, ora la Francia si sta svegliando, approfittando del significativo indebolimento della Germania derivante dai suoi problemi economici e politici interni. Sarebbe bello se al posto del duopolio franco-tedesco ci fosse davvero un triangolo. La Polonia ha qui una grande opportunità come rappresentante di questa nuova Europa”.

Insomma, il Triangolo di Weimar, nonostante i piccoli passi in avanti compiuti verso unità e intesa, resta un’intersezione di diffidenza e aspirazioni nazionali. Spetterà alla Polonia tuskiana il compito di tracciare la rotta e di reinventare un modello di cooperazione accantonato durante l’era sovranista di Jarosław Kaczyński. Il vero risultato di oggi? Una Polonia indispensabile per l’America, scomoda per le vecchie potenze europee e centrale per la sicurezza e le sorti del Vecchio continente.

Una Polonia di nuovo al centro della contesa. Ma questa volta, in veste di soggetto.

Appunti da Berlino: Tusk media tra Scholz e Macron

Di Giulia Gigante

Per l’America di Biden, Varsavia è il partner europeo più affidabile. Prima dell’incontro alla Casa Bianca, Andrzej Duda aveva preannunciato l’intenzione di convincere i paesi della Nato a vincolare e destinare il 3% del Pil alla difesa. Un gesto di lealtà incondizionata all’Alleanza atlantica. Subito dopo, il premier Tusk decide di convocare il vertice del Triangolo di Weimar. Il risultato? Si parte dalla mediazione..

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