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Sì, lo so. Non è bello scriverne. Soprattutto, non è bello leggerne per gli amici o interessati, che preferiscono parlarne solo in privato, fra di loro, pronti ad accusare di sciacallaggio politico, o mediatico, quanti preferiscono la franchezza all’ipocrisia, l’informazione all’autocensura per un malinteso senso dell’opportunità o della delicatezza. Ma dietro la facciata del giusto e sincero stupore, rammarico e dolore per la morte di Gianroberto Casaleggio, a soli 61 anni di età, la domanda più diffusa fuori e dentro il Movimento 5 Stelle da lui fondato insieme con Beppe Grillo riguarda gli effetti che l’evento potrà provocare.

Nel 1978 la tragica fine di Aldo Moro produsse effetti non solo emotivi, con le piazze piene di folle addolorate e indignate, ma anche politici. Alle elezioni amministrative del 15 e 16 maggio di quell’anno, svoltesi appena sei giorni dopo l’uccisione del presidente della Dc ad opera delle brigate rosse, il partito democristiano guadagnò voti e il Pci di Enrico Berlinguer, che sosteneva dall’esterno un governo guidato da Giulio Andreotti, ne perse. E ciò per l’impressione maturata in molti elettori che gli assassini di Moro provenissero da quello che Rossana Rossanda aveva impietosamente definito sul Manifesto “l’album di famiglia” dei comunisti.

A quel contraccolpo elettorale ne seguirono altri di natura politica e persino istituzionale: una crescente insofferenza del Pci nella maggioranza di cosiddetta solidarietà nazionale, le dimissioni imposte al presidente democristiano della Repubblica Giovanni Leone sei mesi prima della scadenza del suo mandato e infine la crisi di governo. Seguirono ancora le elezioni anticipate del 1979 e il ritorno della Dc alle antiche alleanze di governo con i socialisti e i partiti laici minori, mentre i comunisti tornarono all’opposizione irrigidendola con la rivendicazione della loro “diversità” e la contestazione di una “questione morale” agli avversari politici.

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Un’altra morte, naturale questa volta ma ugualmente tragica, produsse grossi effetti politici, e non solo emotivi, sul partito del defunto e sugli altri. Fu la scomparsa di Enrico Berlinguer, colto da un ictus il 7 giugno 1984 durante un comizio a Padova, nella campagna elettorale per il rinnovo del Parlamento Europeo, e morto dopo quattro giorni, sempre a Padova.

L’allora presidente socialista del Consiglio Bettino Craxi, con il quale Berlinguer, considerandone il governo “un pericolo per la democrazia”, aveva ingaggiato una lotta durissima, ricambiato, non fu ammesso dalla famiglia del defunto alla visita di partecipazione al lutto. Gli fu preferito il vecchio capo dello Stato Sandro Pertini, pure lui socialista, che fece caricare il feretro sull’aereo presidenziale per accompagnarlo personalmente a Roma, dove l’11 giugno si svolsero i funerali con la partecipazione di quasi un milione di persone.

Sei giorni dopo il Pci vinse le elezioni sorpassando per la prima e l’ultima volta la Dc, allora guidata da Ciriaco De Mita. Un sorpasso modesto, alla memoria, ma sempre sorpasso: il 33,32 per cento contro il 33,02 dei voti, che furono, rispettivamente, 11.641.855 e 11.537.949. Il governo Craxi uscì formalmente indenne, vincendo anzi l’anno dopo il referendum promosso dai comunisti contro il taglio antinflazionistico apportato alla scala mobile dei salari, ma la Dc subì il contraccolpo di quel sorpasso con una gestione sempre più sofferta dei rapporti con il leader socialista, sino a interromperne nel 1987 il governo e la stessa legislatura.

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Orfano del suo co-fondatore o “guru” Casaleggio, il movimento grillino potrebbe risultarne emotivamente avvantaggiato negli appuntamenti elettorali che lo attendono, e per i quali lo stesso Casaleggio nelle ultime settimane di vita lo aveva incoraggiato a mobilitarsi: il referendum di domenica 17 aprile contro le trivelle, le elezioni comunali del 5 giugno, i prevedibili ballottaggi del 19, che potrebbero portare la candidata grillina Virginia Raggi al Campidoglio, e il referendum d’autunno sulla riforma costituzionale appena licenziata dalla Camera, al sesto e ultimo passaggio parlamentare, con 361 si e 7 no, e gli altri assenti. Tutte prove elettorali, queste, ingaggiate avendo come principale avversario il Pd di Renzi, e potendo i grillini essere aiutati, sempre in funzione antirenziana, dalla crisi di quello che fu il centrodestra.

Le ambizioni dei pentastellari non si fermano tuttavia agli appuntamenti elettorali o referendari di quest’anno. Si proiettano pure sulle prossime elezioni politiche, ordinarie o anticipate che potranno risultare. E che, grazie alla nuova legge elettorale chiamata Italicum, col premio di maggioranza garantito alla lista più votata, non più alla coalizione, potrebbero ridurre la partita proprio ad uno scontro finale tra Pd e movimento grillino.

Nelle ultime elezioni politiche, quelle del 2013, se non ci fosse stato il premio di maggioranza alla coalizione realizzata con Nichi Vendola, il Pd da solo avrebbe perso la partita proprio a vantaggio dei grillini, sia pure per un pelo, come nelle elezioni europee del 1984 era accaduto al Pci con la Dc. In particolare, Casaleggio e Grillo si presero la soddisfazione, tre anni fa, di prendere da soli alla Camera il 25,5 per cento dei voti, contro il 25,4 del Pd guidato da Pier Luigi Bersani. Un 25,4 che Matteo Renzi l’anno dopo, ancora fresco di nomina a presidente del Consiglio, portò al 40,8 per cento nelle elezioni europee, mentre i grillini scesero al 21,15.

Ma sarà difficile a Renzi replicare alle prossime elezioni politiche quel 40,8 per cento, che gli consentirebbe di prendersi il premio di maggioranza dell’Italicum in prima battuta, senza neppure ricorrere al ballottaggio. Cui invece i grillini sperano di arrivare contando sulla irreversibilità della crisi dell’ex centrodestra. Era il sogno di Casaleggio. Che Grillo spera, spettacoli comici permettendogli, di realizzare in memoria dell’amico, e con l’aiuto dell’emozione provocata dalla sua morte repentina e dagli elogi postumi che gli hanno riservato anche i critici e avversari più severi, dimentichi di averlo definito sino all’altro ieri “oscuro”, “inquietante”, “epuratore digitale” e quant’altro. “Utopista”, nel migliore dei casi.

GIANROBERTO CASALEGGIO

Ecco l'effetto Casaleggio che ci sarà alle prossime elezioni (comunali e politiche)

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