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Italia apripista dell’offensiva fiscale contro Apple? Oppure Italia lepre miope sul colosso informatico? Le domande, di segno opposto, sono lecite se si leggono i due maggiori quotidiani italiani. Repubblica, infatti, sostiene la prima tesi, con tanto di intervista al direttore dell’Agenzia delle Entrate, Rossella Orlandi. Il Corriere della Sera, invece, si chiede se quanto pagato da Apple in Italia (circa 300 milioni di euro) dopo una contestazione dell’Agenzia delle Entrate non precluda al fisco italiano altre mosse contro il gruppo fondato da Steve Jobs dopo la decisione di ieri di Bruxelles.

LE TESI DI REPUBBBLICA

Margarethe Vestager segue, su un altro fronte, la pista italiana. E’ quanto sostiene oggi il quotidiano la Repubblica con un articolo di Fabio Bogo, anche sulla scia di una conversione con i vertici dell’Agenzia delle Entrate. Si legge sul quotidiano diretto da Mario Calabresi: «È molto importante la decisione della Ue – ragionano i vertici dell’Agenzia delle Entrate – può essere un passo verso un equilibrato assetto della tassazione vigente in Europa. Spesso le distorsioni fiscali creano dei vuoti, che sono riempiti da chi cerca zone più favorevoli per spostare i propri investimenti. Di per sé questo non è sempre illecito. Diventa pericoloso però quando le operazioni creano delle violazioni alle leggi di mercato che favoriscono qualche paese e – ovviamente – ne penalizzano un altro».

LE FRASI DI ORLANDI

“Non so se possiamo considerarci degli apripista, come ci definisce qualcuno – dice la Orlandi al quotidiano del gruppo l’Espresso – nel contrasto delle manovre elusive dei grandi gruppi internazionali. Ma di certo l’Agenzia delle Entrate ha formulato alla società di Cupertino diverse e significative contestazioni». «L’aspetto più rilevante – dice ancora la Orlandi – e a cui anche la stampa estera diede grande enfasi, è che per quelle contestazioni sono state pagate tutte le somme richieste, cioè oltre 300 milioni di euro». La tenaglia stretta da Entrate e Procura di Milano, sotto la regìa di Francesco Greco, aveva insomma stretto bene la presa. «È stata una impegnativa e complessa attività di controllo andata a buon fine – commenta la Orlandi – e che ha riguardato alcune annualità». Il che significa – aggiunge Repubblica – che le verifiche si sono date una timeline limitata al 2013. Ma che la partita della giustizia fiscale non deve considerarsi chiusa e sanata con una pietra tombale.

LE SPIEGAZIONI DELL’AGENZIA 

«Non c’è stato alcun accordo con Apple – ribadiscono alle Entrate – e nessuna transazione. Abbiamo presentato un conto e loro hanno pagato perché quello che contestavamo era evidentemente inoppugnabile da un punto di vista tributario: la cifra versata è esattamente quanto richiesto nei verbali di accertamento. La società ha quindi accettato tutti i rilievi delle ispezioni che ha visto impegnati l’Anti-frode, l’Ufficio grandi contribuenti e il ruling delle Entrate. C’è stata omessa dichiarazione dei redditi, punto e basta». E l’Irlanda, non a caso, era una parte rilevante nell’istruttoria aperta a carico di Apple. Che anche nel caso italiano faceva riferimento ad una compiacente capofila dislocata sotto la verde e accogliente bandiera di Dublino, porto di approdo per chi cerca una fiscalità estremamente più favorevole. Ma l’istruttoria tributaria – ricordano alle Entrate- «accertò che Apple Italia svolgeva una vera e propria attività di vendita per conto di Apple Sales International ». In pratica «metteva a bilancio in Irlanda quanto fatturava in casa nostra».
IL COMMENTO DEL CORRIERE DELLA SERA
Di tutt’altra opinione, rispetto al quotidiano la Repubblica, è il Corriere della Sera. Il quotidiano diretto da Luciano Fontana in un’analisi di Federico Fubini intitolata non a caso sulla “precipitosa sanatoria in Italia” del fisco con Apple sottolinea: “La Commissione Ue cerca, con i suoi mezzi, di arginarne le assurdità. Del resto in teoria gli altri governi europei potrebbero reclamare per sé parte di quel bottino fiscale, ora che Apple è una preda bloccata in un angolo. L’Italia però non può: pochi mesi fa ha concluso un accordo che sana l’intero arretrato fiscale di Apple con 318 milioni, appena il 2,3% del totale da ieri dovuto dall’azienda sui suoi fatturati in Europa. Ma non era più saggio aspettare la mossa di Bruxelles?“.
Urge chiarimento governativo.

Ecco come Repubblica e Corriere della Sera bisticciano su Apple e Agenzia delle Entrate

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