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Due settimane fa, Matteo Del Fante aveva alzato il velo su conti decisamente buoni (risultato operativo di 2,62 miliardi, in crescita del 9,4% sul 2022 e più che raddoppiato rispetto ai livelli del 2017). Ora, con il dpcm Poste incardinato alla Camera e propedeutico al collocamento da parte del Tesoro, oggi azionista al 64,2% (anche tramite Cassa depositi e prestiti), di un’altra quota di Poste in scia all’obiettivo di incassare 20 miliardi tramite la diluizione dello Stato nelle grandi partecipate, è tempo di strutturare il secondo capitolo della privatizzazione della società di Viale Europa. Che potrebbe consentire, qualora il Mef piazzasse sul mercato l’intera quota, (29,2%) un incasso di poco meno di 4 miliardi. Per avvicinarsi a questo nuovo, possibile, appuntamento con il mercato, il ceo di Poste Del Fante è stato ascoltato alla Camera, in commissione Trasporti.

L’ORIZZONTE DI POSTE

Del Fante ha tracciato un orizzonte della società dei recapiti, spiegando come “per quanto riguarda la corrispondenza, i pacchi, il grande sforzo dell’azienda è stato in questi anni quello di investire nella logistica, oggi siamo il secondo operatore in Italia, ma fino a poco tempo fa eravamo il sesto. Questo dà la cifra della nostra crescita. In ambito assicurativo (Poste Vita, ndr), abbiamo continuato a crescere con il collocamento di polizze”. “In ambito bancario, invece, siamo il primo investitore in titoli di Stato, i proventi stessi delle polizze che vendiamo vengono reinvestiti in titoli, per oltre 140 miliardi”.

Parlando del recapito, che è e rimane il core business di Poste, “ciascun italiano riceve una corrispondenza ogni 10 giorni. La rete per questo servizio conta in totale 50 mila dipendenti per un costo del lavoro di 2,5 miliardi. Si consegna una lettera o una bolletta ogni dieci giorni, in media 35 corrispondenze l’anno per ogni cittadino per il guadagno di un euro. Ora la sfida è “sostituire la consegna a casa della corrispondenza con la consegna dei pacchi”.

LA SPINTA SULLA LOGISTICA

Più pacchi vuol dire ovviamente più logistica. E anche qui le idee sembrano chiare. “Investiremo nel futuro in due ambiti: la riorganizzazione logistica, con sempre più pacchi e presenza nel mondo della logistica, non solo con la consegna a casa, e sul modello di servizio sempre più omni-canale. La nostra strategia è quella di assolvere alle esigenze per i vari prodotti del cliente, dandogli il canale per interagire con Poste più comodo e consono. Questo può essere l’ufficio postale, il digitale, il call center. Spesso verifichiamo che è un misto di questi canali”, ha spiegato il manager.

E anche la digitalizzazione avrà la sua importanza. “La nostra presenza sul territorio è rimasta intatta dall’insediamento di questo Consiglio di amministrazione nel 2017, abbiamo ancora 13mila uffici postali e ci appoggiamo su reti terze tramite una società che produce terminali elettronici per punti vendita, principalmente per operazioni pagamento e, soprattutto, consegna e ritiro pacchi. Interagiamo con gli italiani in maniera molto assidua, tutti i giorni. Se contiamo il totale di interazioni annuali in via digitale arriviamo a 3 miliardi. Le interazioni giornaliere, considerate quelle fisiche, sono circa 23 milioni. L’ammontare di interazioni e operazioni digitali giornaliere sono aumentate più di quattro volte rispetto al 2017”.

VERSO IL MERCATO

Del Fante non si è certo sottratto alle domande sulla privatizzazione dell’azienda. Ma senza sbilanciarsi e rimarcando un principio: modalità e tempi spettano al Tesoro. “Vendere è una prerogativa dell’azionista e non del management. Posso dire che mercoledì prossimo l’azienda licenzierà a tutte le istituzioni e agli investitori un piano a 5 anni, un piano che non parla di privatizzazione e di quote. Quello è il piano dell’azienda a prescindere”.

LE RASSICURAZIONI SU PAGOPA

Non è finita. Il numero di Poste ha anche voluto rassicurare circa la cessione della piattaforma di pagamento PagoPa all’azienda di Viale Europa. Il governo italiano nell’ambito della riorganizzazione delle partecipazioni pubbliche, annunciata nelle scorse settimane dalla premier Giorgia Meloni in Parlamento, sta portando avanti una sorta di privatizzazione della piattaforma dei pagamenti verso la pubblica amministrazione PagoPa.

PagoPA ceduta insomma a Poste e all’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato (il 49% a Poste e il 51% alla Zecca dello Stato). “Il provvedimento (il decreto Pnrr, ndr) parla di un azionista di maggioranza che è il Poligrafico, posseduto al 100% dallo Stato, noi siamo azionisti minoritari ma dal nostro punto di vista quello che possiamo garantire al mercato è ovviamente la riservatezza dei dati. Abbiamo registrato un miliardo di transazioni su Spid e nessuno si è mai posto il problema della riservatezza”.

“PagoPa è un circuito di pagamento su cui siamo assestati in 409 fornitori di servizi. Il fornitore di servizio offre al cittadino di utilizzare, come circuito di pagamento, PagoPa. Non c’è nessun interesse, chiunque sia il proprietario di quel circuito, a minimizzare la portata del circuito stesso, anzi è interesse di qualsiasi azionisti far crescere i propri asset nella massima riservatezza”

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