Skip to main content

L’articolo di Milagros Socorro tratto dall’ultimo numero della rivista Formiche

Una volta Nicolás Maduro, presidente del Venezuela, aveva la fama di essere un rispettoso conciliatore. Almeno finché non sono cominciati a esserci indizi che sarebbe potuto diventare il successore di Chávez in quella che viene definita “rivoluzione” e che nei fatti non è altro che la più formidabile trama di corruzione che si sia vista in qualsiasi altro Paese della terra. A cominciare da quel momento, colui che era conosciuto come “il figlio di Chávez” diventò presuntuoso. C’è un racconto che mostra questo cambiamento. Nel giugno 2006, quando Maduro era presidente del Parlamento, fu promosso a cancelliere da Chávez. Digiuno per quel che riguardava le relazioni internazionali, la sua prima iniziativa fu dedicata alla costruzione di un’entrata con ascensore privato che gli avrebbe permesso un accesso esclusivo al suo ufficio, senza cioè passare per gli spazi comuni nei quali circolavano gli altri lavoratori, e da dove erano sempre entrati i cancellieri precedenti.

Man mano che saliva la china del potere – con la salute di Chávez che si faceva sempre più precaria e segnali da Cuba che lo identificavano come l’eletto – si andavano delineando i tratti della sua personalità, che furono soppiantati da una maschera di forza di carattere, che Maduro non sembra avere. Per proiettare la sua energica professionalità, si mise a imitare Chávez, utilizzando il suo discorso, la sua serie di slogan e le sue battute da presentatore televisivo di varietà. Trasformò la sua tendenza di osservatore silenzioso e si obbligò a fare discorsi di diverse ore che non tardarono a riempirsi di assurdità, riprodotte su YouTube con un successo strepitoso e di affermazioni di sconcertante ingenuità, come quella secondo cui Chávez era tornato a parlargli sotto forma di passerotto.

Ben presto iniziò a fregiarsi di uno stile peculiare, forzatamente popolare, ricco di battute che non facevano ridere, promesse che non convincevano e minacce che non facevano paura. Allo stesso tempo, optò per lasciare in ombra dettagli sul suo luogo di nascita (avendo madre colombiana, la sua nazionalità lo avrebbe potuto rendere inidoneo alle aspirazioni presidenziali, dato che la Costituzione del Venezuela proibisce che il capo di Stato abbia doppia nazionalità), sulla sua prima moglie – madre del suo unico figlio – e sul luogo in cui vive. Persiste anche il dubbio rispetto alla legittimità della sua elezione, visto che durante i comizi elettorali, avvantaggiato dalla candidatura ufficiale, aveva guadagnato solo l’1,49% di vantaggio (50,61 contro il 49,12%). Infatti, Henrique Capriles Radonski – avversario politico di Maduro – si oppose ai risultati, impugnandoli.

Ciò di cui si ha certezza, invece, è che l’eletto di Chávez per la successione al potere ha delle lacune in termini di studi. Maduro non portò a termine neanche la scuola secondaria superiore. Non si sa di preciso quando abbandonò gli studi, si sa però che fu espulso per basso rendimento accademico e per l’abitudine di creare confusione per far sospendere le attività. Già ai tempi della scuola era militante della Liga socialista, organizzazione di sinistra in cui non svolse una vera e propria vita di partito, nel senso di guadagnarsi posizioni e proiettare il lavoro a favore delle comunità.

Non ha mai ottenuto un diploma, ma alla porta del carcere – quando Hugo Chávez uscì dopo due anni di reclusione per aver partecipato al colpo di Stato del febbraio 1992 – era presente. Sei anni dopo, nel 1998, Chávez vinse le elezioni e Nicolás Maduro iniziò a ottenere incarichi sempre più importanti. Fino a quel momento non aveva mai avuto un lavoro. O perlomeno non era stato capace di mantenerlo. A 29 anni ottenne il suo primo incarico come autista della metropolitana di Caracas. Il suo vecchio capo dichiarò in seguito che Maduro non era esattamente quello che si definisce un buon autista e che, per di più, quando fallì nel suo proposito di organizzare un sindacato parallelo iniziò a mancare dal lavoro, considerandolo come un espediente per il riposo.

In seguito, una volta raggiunta la presidenza del Venezuela, a 51 anni, Maduro si è trovato tra le mani un’economia devastata. Chávez aveva sperperato i proventi del petrolio, i più alti che qualsiasi altro presidente avesse mai avuto, portando il Paese quasi alla bancarotta. La povertà, che il bagno nei petrodollari aveva fatto arrivare al 20%, fece un grande salto, raggiungendo il 73% (ciò è stato calcolato attraverso stime private, poiché i dati pubblici sono segretati dal 2013, anno in cui Maduro arrivò al potere). La corruzione era proliferata senza freni. La stessa Banca centrale del Venezuela riconobbe che Chávez aveva permesso una frode nel sistema di controllo valutario che ha prodotto più di 20 miliardi di dollari, risultati come somma destinata alle aziende per importare alimenti e medicinali, ma mai giunta a destinazione perché intascata indebitamente. E tra i budget divorati rientravano anche quelli destinati agli investimenti nella produzione di elettricità.

Da circa due anni il Paese soffre di black-out per più di quattro ore al giorno. Caracas si è trovata fuori da questo castigo, perché tali situazioni avrebbero determinato un costo politico troppo alto. Tra le idee del governo di Maduro per far fronte al deficit di elettricità rientra non solo la restrizione degli orari di apertura dei centri commerciali, concessa solo mezza giornata, esclusivamente di mattina, e solo due giorni all’interno della settimana lavorativa (lunedì e martedì). Per di più, le scuole dovranno chiudere il venerdì per risparmiare energia.

Il razionamento di cibo e medicinali, oltre al maggior numero al mondo di omicidi e sequestri di persona, completa il quadro della vita venezuelana. Questo spiega la crescente convinzione dell’elettorato venezuelano di allontanare Maduro dalla presidenza attraverso il meccanismo del referendum revocatorio previsto dalla Costituzione. Maduro ha giurato che non verrà fatto. Capriles Radonsky, ancora una volta suo avversario, assicura invece che entro la fine dell’anno il referendum ci sarà.

Traduzione di Valeria Serpentini

Milagros Socorro (Giornalista venezuelana)

Cosa sta facendo Maduro in Venezuela

Di Milagros Socorro

L’articolo di Milagros Socorro tratto dall’ultimo numero della rivista Formiche Una volta Nicolás Maduro, presidente del Venezuela, aveva la fama di essere un rispettoso conciliatore. Almeno finché non sono cominciati a esserci indizi che sarebbe potuto diventare il successore di Chávez in quella che viene definita “rivoluzione” e che nei fatti non è altro che la più formidabile trama di…

Chavismo senza Chàvez per Maduro

Di Mario Giro

L’articolo di Mario Giro tratto dall’ultimo numero della rivista Formiche Ho visitato il Venezuela ben quattro volte dal 2013, quando ho assunto le funzioni di sottosegretario agli Esteri e poi di vice ministro. Ho avuto il privilegio di conoscere in loco una collettività italiana laboriosa, ben integrata, che conta oggi su oltre 100mila residenti, la maggior parte dei quali italo-venezuelani,…

Petróleos e la crisi nera del Venezuela

Di Gustavo Coronel

L’articolo di Gustavo Coronel tratto dall’ultimo numero della rivista Formiche Nel 1976 il governo di Carlos Andrés Pérez nazionalizzò l’industria petrolifera venezuelana utilizzando un originale modello di impresa matrice, Petróleos de Venezuela, con quattro filiali operatrici integrate che concorrevano tra loro, evitando così la figura del monopolio petrolifero statale. Dal 1976 al 1998 Petróleos de Venezuela superò le aspettative dei…

Gli americani aiutano i curdi siriani nel loro piano indipendentista

"Il piano federale in Siria del nord procede con il supporto delle truppe US-backed" titola Reuters: "Mentre un'alleanza di milizie appoggiate dagli Usa avanza contro lo Stato islamico nel nord della Siria, i loro alleati politici stanno facendo progressi sul nuovo sistema di governo federale che sperano possa radicarsi nelle zone recentemente catturate". Un funzionario del Rojava, l'area informalmente indipendente che corre…

Intervista a Oliver Stone al Taormina Film Fest. Il video

Quanto ha pesato la politica estera americana sulla rivoluzione in Ucraina? Tanto, troppo come vuol dimostrare il documentario "Ukraine on fire" di Igor Lopatonok, di cui Oliver Stone è coproduttore e autore delle interviste, presentato al Taormina Film Fest, che racconta le vicende di questa terra di confine attraverso materiale di repertorio e le interviste realizzate dal regista premio Oscar…

L’euforica chiusura della campagna elettorale di Luigi De Magistris. Il video

Il sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, salta sul palco assieme agli artisti che hanno animato il concerto di chiusura della campagna elettorale, prima del ballottaggio per le elezioni amministrative.

Ecco come Fincantieri e Finmeccanica hanno sconfitto i francesi in Qatar

Primo: sono stati sconfitti i concorrenti francesi che pure erano ritenuti favoriti da molti osservatori per ragioni commerciali. Secondo: il sistema Italia ha funzionato, ovvero la collaborazione tra governo e imprese in un’operazione di sistema è stata vincente. Terzo: la commessa vinta dischiude nuovi e fruttuosi scenari per le aziende vincitrici. Sono tre delle conclusioni da trarre dopo la firma…

Brexit o non Brexit: questo è il problema

Dopo il tragico omicidio della deputata laburista, Joe Cox (anti Brexit), è stata sospesa la campagna elettorale per il referendum del 23 Giugno sulla permanenza o meno del Regno Unito nei 28 stati membri dell’Unione Europea (Brexit è l’acronimo di “Britain exit” usato dai media in questa circostanza). Gli investigatori britannici mantengono per ora il riserbo sul possibile movente dell’agguato…

“Lo chiamavano Jeeg Robot” di Gabriele Mainetti vince il Sesterzio d’Argento

È il film di Gabriele Mainetti “Lo chiamavano Jeeg Robot” il vincitore del premio cinematografico “Il Sesterzio d’Argento – Roma il Set nella Città al Gran Melià Rome Villa Agrippina”, in programma lunedì prossimo. La giuria, composta da Silvia D’Amico, Adriano Amidei Migliano, Alessandra Levantesi, Michele Placido lo ha individuato come il film della stagione che ha saputo meglio rappresentare…

Siria, tutti i subbugli intorno a Obama su Assad

Cinquantuno funzionari di medio e alto livello che lavorano per il dipartimento di Stato americano sul dossier Siria hanno firmato un documento in cui si dichiarano contrari alla linea adottata dalla Casa Bianca sulla guerra civile siriana e invitano Barack Obama a pianificare bombardamenti mirati anche contro obiettivi strategici del regime di Damasco, che viola continuamente il cessate il fuoco che gli Stati…

×

Iscriviti alla newsletter