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Aspettavo le 18.
Tra maggio e settembre avrei cambiato scuola, città, provincia, regione, sarei andata in Sicilia, avrei preso il mio primo volo da Fiumicino a Punta Raisi. Nella terra della Piovra. Eravamo bimbi cresciuti con il Commissario Cattani, la mia casa, la mia estate, erano sempre state piene di capitani, comandanti, generali; quando ebbi l’appendicite, in regalo ricevetti il primo Ciccio Bello, ma anche la pistola giocattolo e le stellette (vere) da ufficiale. E pensare che una volta chiesi il microscopio ma nessuno mi prese sul serio.
Erano gli anni in cui le donne non erano ancora ammesse nell’arma. Senza appendice e molto fegato, da grande volevo fare il giudice. Dicevo. Ma soprattutto mi dicevano.
Intanto, aspettavo le 18.
“Non tutte le ciambelle escono col buco, ecco una ciambella senza buco è una bomba”.
Erano quelle alla Nutella, calde, appena sfornate. Le aspettavo con l’orologio davanti agli occhi, era sopra il televisore.
Erano i miei ultimi mesi, dopo arrivarono le Iris.
Abitai a Palermo. Era estate. Se a Roma ci sono i supplì qui ci sono le arancine.
Cercavo di ricostruire le mie abitudini.
Ma in mezzo era cambiato tutto.
Il 23 maggio 1992 ore 17,56: la strage di Capaci. Quattro minuti. Mentre facevo il conto alla rovescia per mangiare le mie ultime bombe alla Nutella, in quegli stessi istanti, lì dove la mia famiglia si stava trasferendo, saltavano in aria il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre uomini della scorta.
Non potevo crederci. Non capivo bene. Cosa stava succedendo? Alle 17.55 1,2,3,4,5,6,7,8,9,10,11,12,1314,15,16,17,18,19,20,21,22,23,24,25,26,27,28,29,30,31,32,33,34,35,36,37,38, 39,40,41,42,43,44,45,46,47,48,49,50,51,52,53,54,55,56,57,58,59,… mentre mancavano 4 minuti alle sei, si consumava un attentato mafioso, nella terra della “mafia non esiste”.
Presi molte volte ancora l’aereo ma ormai l’aeroporto si chiamava Falcone e Borsellino.
A pensarci oggi mi sembra tutto surreale, personaggi comparse nella storia di quei giorni. Arrivammo ospiti a casa di un uomo della scorta di Leoluca Orlando. Allora era un esponente spigoloso e nazionale della ex DC, aveva fondato la Rete, parlato di mafia, ostacolato Andreotti e, secondo alcuni, contribuito alla disfatta del primo partito; ancora prima di Tangentopoli. Vi ricordate, che anni, Berlusconi non era ancora sceso in politica, Renzi era nei boyscout, e io compivo 9 anni in una nuova terra, a Marsala dove Giovanni Falcone aveva intensamente operato. E ve ne era traccia ovunque, c’era ancora chi aveva ricordi freschi da colleghi.
Mio fratello nacque l’anno dopo in quella Palermo che voleva riscattarsi.
Sono passati 24 anni tra mafia, antimafia, generazioni di studenti e anche evoluzioni nelle famiglie dei clan. Ormai la Sicilia è Casa nostra.
Le vocali cambieranno la storia. I giudici hanno bisogno di una alleata in quella terra che è stata dei “non vedo, non sento, non parlo” , si chiama comunicazione.
Per questo è stato tema di conflittualità l’invito a Porta a Porta di poco tempo fa, ricorderete.
La comunicazione da che parte sta? Vale più di 1000Kg di tritolo?

Aspettavo le 18.00 ma non arrivarono quel 23 maggio 1992

Aspettavo le 18. Tra maggio e settembre avrei cambiato scuola, città, provincia, regione, sarei andata in Sicilia, avrei preso il mio primo volo da Fiumicino a Punta Raisi. Nella terra della Piovra. Eravamo bimbi cresciuti con il Commissario Cattani, la mia casa, la mia estate, erano sempre state piene di capitani, comandanti, generali; quando ebbi l’appendicite, in regalo ricevetti il…

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